Piattaforma tecnologica “Italian Food for Life”

Filiera alimentare, alla ricerca di sostenibilità e competitività

Approvvigionamento sostenibile e valorizzazione delle materie prime agricole, uso efficiente di acqua ed energia, ottimizzazione del packaging
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L’impatto del packaging sull’ambiente e sul consumatore

Se gli imballaggi hanno un ruolo fondamentale nella filiera alimentare ai fini della conservazione, trasporto e vendita dei prodotti, è altrettanto vero però che, terminata la loro funzione primaria, iniziano un’ingombrante seconda vita come rifiuti solidi urbani. In proposito Sachet obietta che “le persone vogliono interpretare la vita a misura personale e questo comporta che, per evitare gli sprechi di prodotto, possa essere logico uniformare le confezioni alle esigenze dei single. Questo però comporta che il numero globale degli imballaggi aumenti in relazione ai prodotti”. Quanto poi alla possibilità offerta dalla GDO di acquistare frutta e verdura sfusa piuttosto che in vaschette preconfezionate, Sachet sottolinea che, “confrontando il sacchetto per i prodotti sfusi o la vaschetta preconfezionata, è evidente che uno è ridondante rispetto all’altro, ma bisogna ricordare che alla base delle due possibilità c’è un servizio che il consumatore vuole e che sceglie liberamente, quale che ne sia la ragione. Sindacare su questa ragione o addirittura volerla modificare non è un compito attribuibile alla aziende, siano esse produttrici o utilizzatrici di imballaggi, ma è invece un problema culturale della società che investe in prima istanza le istituzioni preposte a tal fine. Alla luce però del fatto che gli imballaggi alimentari rappresentano il 70% del totale degli imballaggi, ci si chiede, forse legittimamente, come si sta muovendo l’industria del packaging per una cultura ambientale sostenibile. Sachet, in proposito, dichiara: “L’azienda che produce imballaggio ha, per sua natura, un’ottica in base alla quale se può fare lo stesso prodotto utilizzando meno materiale, lo fa perché ne ha un immediato vantaggio economico. Inoltre, poiché il costo dell’imballaggio rientra a sua volta nel costo globale del prodotto confezionato, anche l’azienda alimentare tenderà al packaging più economico in termini di qualità/prezzo. Resta però il fatto che nell’azienda alimentare è in genere il marketing che opera la scelta finale. Il marketing è a sua volta un’antenna che recepisce o provoca le aspettative del consumatore. Personalmente sono convinto che l’imballaggio risponda alle aspettative del consumatore e quindi cambi in relazione ad esse”. Resta però il fatto che anche l’industria dell’imballaggio deve essere in grado di offrire ai propri acquirenti prodotti allineati alle istanze ambientali. Sachet smentisce questa affermazione e ricorda che “per legge, è necessario che tutti gli imballaggi posti nel mercato europeo, Italia inclusa, debbano essere conformi ai requisiti essenziali. Entrambi i mondi, quello della produzione e quello dell’utilizzo di imballaggi, sono coinvolti dalle disposizioni. Infatti, per poter realizzare imballaggi più leggeri, meno voluminosi, se possibile riutilizzabili e comunque recuperabili quando abbiano finito di svolgere la loro funzione sono indispensabili saperi presenti in parte nelle aziende produttrici di imballaggi e in parte nelle aziende alimentari”. “Su un punto vorrei insistere come Istituto Italiano Imballaggio – conclude Marco Sachet – e cioè che l’imballaggio non ha colpe ai fini della salvaguardia dell’ambiente e del risparmio delle materie prime. Porto un solo esempio per chiarire l’affermazione: gli italiani desiderino gustare la frutta fuori stagione, è probabile che essa debba arrivare anche da molto lontano. Ovviamente sarà preservata in un valido imballaggio che ne assicuri l’integrità e ne eviti lo spreco. Gli italiani potrebbero invece limitarsi ad apprezzare la frutta di stagione. Anche in questo caso un imballaggio potrebbe essere necessario ma forse sarebbe più essenziale. Può quindi essere l’imballaggio a far cambiare le abitudini degli italiani in merito alla frutta?”.