Sicurezza alimentare

Trattamenti enzimatici per rimuovere biofilm microbici

Sanificazione
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Trattamenti meccanici

È impossibile staccare tutti i microrganismi adesi a una determinata superficie con un biofilm se prima non si riesce a devitalizzarli. Il segreto sta quindi nell’eliminazione della matrice polisaccaridica che avvolge e protegge i microrganismi. I trattamenti meccanici atti a rimuovere o ad ostacolare la formazione di biofim non sempre sono attuabili a causa della delicatezza di alcuni macchinari e dell’impossibilità di raggiungere manualmente certi punti interni. In presenza di fotocellule, sensori, celle di carico, PLC, etc. una buona sanificazione diventa alquanto difficile da attuare. Non si possono infatti utilizzare mezzi meccanici e l’utilizzo di mezzi chimici aggressivi è limitato poiché si rischia di danneggiare le parti sensibili. Grazie ad un progetto di ricerca europeo avviato nel 2008, denominato NETZYM in collaborazione con UCL (Università Cattolica di Lovanio – Belgio) e dell’INRA (Istituto Nazionale della Ricerca Agronomica – Francia): è stato sviluppato un formulato enzimatico brevettato in cui sono presenti enzimi in grado di agire in modo specifico sulla struttura polisaccaridica del biofilm, distruggendolo in profondità e facendolo distaccare dalle superfici. Al fine di validare l’efficacia di tale sistema di sanificazione sono stati messi a confronto i protocolli standard con quello che utilizza il prodotto sanificante a base di enzimi. Sono stati effettuati alcuni test su macchine tradizionalmente utilizzate per la lavorazione di alimenti liquidi o semisolidi come pastorizzatori, serbatoi di stoccaggio, vasche di decantazione, confezionatrici, etc. i cui protocolli di sanificazione prevedono principalmente il lavaggio con CIP (Cleaning In Place). Alcuni alimenti liquidi o semisolidi, come succhi e polpe di frutta e prodotti di lavorazione del pomodoro, contenendo proteine e carboidrati, risultano essere un ottimo substrato di crescita per le specie batteriche produttrici di biofilm, soprattutto su impianti in cui l’azione meccanica risulta difficilmente attuabile: basti pensare ad uno scambiatore a fascio tubiero. Sono state analizzate in particolare le acque di risulta dei lavaggi, confrontando i risultati microbiologici dopo il normale protocollo di sanificazione e dopo la successiva applicazione del sanificante a base di enzimi. I risultati evidenziano un’elevata carica batterica dopo il trattamento enzimatico a conferma del fatto che tale trattamento distrugge il biofilm depositatosi sulle superfici liberando la carica batterica in esso annidata. Dopo il risciacquo infatti sono state fatte ulteriori analisi sulle acque di risulta evidenziando cariche batteriche nell’ordine di poche ucf/mL. Sono state inoltre fatte le medesime verifiche utilizzando il Bart Test (un test in provetta contenente un terreno specifico per selezionare ceppi batterici biofilmogeni, i cui risultati si esprimono in ntu). Tale test ha confermato il risultato di cui sopra.  I vantaggi nell’utilizzo di trattamenti enzimatici per la distruzione dei biofilm microbici sono svariati, infatti oltre alla notevole efficacia, che si riflette anche sulla riduzione della persistenza dei patogeni (Salmonella spp., E. coli O157, Listeria spp., etc.), si preserva l’impianto eliminando una fonte di biocorrosione e sospendendo l’uso massivo e/o per tempi prolungati di agenti detergenti e disinfettanti ossidanti che incidono sulla durata dell’impianto, sui costi, sull’impatto ambientale. Si riducono inoltre gli inquinamenti da parte di microrganismi psicrofili biofilmogeni responsabili di odori o aromi sgradevoli oltre al miglioramento della consistenza e della struttura dell’alimento nel tempo (coliformi, pseudomonadacee e sporigeni fanno parte della flora biofilmogena responsabile di rigonfiamenti, stracchinamenti e proteolisi destrutturizzanti), e alla scomparsa di colorazioni o pigmentazioni anomale dovute alla presenza di particolari flore microbiche (Pseudomonadacee, Enterobacteriacee).