Recupero scarti e nuove prospettive

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Il settore conserviero comprende tutti i processi di trasformazione di materie prime (ortaggi, frutta, funghi, formaggio, carni) in prodotti, conserve appunto, con caratteristiche di minor deperibilità rispetto al prodotto fresco di partenza. Le attività di conferimento delle materie prime e stoccaggio, cernita e pretrattamento, lavorazione e riempimento, imballaggio e distribuzione, tipiche del settore, consumano materie prime, acqua, energia e producono rifiuti, scarichi liquidi, emissioni atmosferiche e rumore. Vediamole nel dettaglio:

– consumo di materie prime: tutti i prodotti alimentari lavorati (ortaggi, frutta, funghi, carni, formaggio) e gli ingredienti addizionati (condimenti, acidificanti, conservanti, ecc.); i materiali impiegati per il confezionamento; detergenti e disinfettanti per le operazioni di lavaggio, sostanze per la sanitizzazione delle acque, per alcuni processi chimici come la pelatura con soda, per la refrigerazione (gas refrigeranti);

– consumi idrici: lavaggio di materie prime, impianti e locali; produzione di vapore; trattamenti termici con acqua calda e processi di raffreddamento con acqua fredda; alcune lavorazioni delle merci (dissalatura delle materie prime in salamoia e idratazione delle materie prime essiccate o liofilizzate); preparazione di liquidi di governo;

– consumi energetici: energia elettrica, combustibile impiegato dalle caldaie per la produzione di vapore o acqua calda, combustibile usato per alimentare i mezzi di trasporto;

– rifiuti: residui alimentari provenienti dalla cernita, dalla eliminazione delle parti di scarto (bucce, pelli, semi, torsoli, ecc.), dalle operazioni di riempimento delle confezioni; materiale da imballaggio; rifiuti solidi prodotti da sistemi di pulizia a secco;

– scarichi liquidi: dalle varie operazioni di lavaggio con acqua e dai principalmente trattamenti termici e stadi di raffreddamento;

– emissioni atmosferiche: scarichi di vapore, componenti volatili e particolato derivanti dalle materie prime lavorate, nonché gas di combustione generati dalle caldaie e gas di scarico degli automezzi;

– rumore: prodotto da alcune lavorazioni (rimozione parti di scarto, sminuzzamento, concentrazione, confezionamento).

Tecnologie pulite. Il settore conserviero, quindi, genera sull’ambiente impatti non trascurabili. Sempre più aziende però adottano soluzioni che permettono di prevenire o contenere gli impatti ambientali prodotti, applicando le cosiddette tecnologie pulite: impianti, macchinari e prodotti che consentono di ridurre i consumi di risorse e di evitare o minimizzare a monte l’inquinamento delle diverse matrici ambientali (aria, acqua, suolo) trascurando le tecnologie a valle di depurazione a meno che queste non siano funzionali ad un recupero di materia o energia.

Di tecnologie pulite nel settore agroalimentari si è occupata l’Ervet, che opera come agenzia di sviluppo territoriale a supporto della Regione Emilia-Romagna con il suo “Manuale per la diffusione di tecnologie e sistemi di produzione più puliti nel settore agro-alimentare”, da cui abbiamo tratto informazioni utili.

Il Manuale, oltre a suggerire alle aziende di adottare tecnologie comuni a diversi settori alimentari, volte a minimizzare le emissioni in atmosfera (esempio utilizzo di combustibili a minor impatto ambientale, di bruciatori a bassa emissione di ossidi di azoto), i consumi energetici (esempio durante la combustione, sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili, sistemi per l’incremento dell’efficienza delle apparecchiature elettriche), i consumi idrici (in operazioni di lavaggio, per la depurazione dell’acqua e suo riutilizzo, per ridurre il carico inquinante), le materie prime e gli imballaggi ecc., consiglia alle aziende del settore conserviero di puntare sul recupero degli scarti vegetali e sulle tecnologie più nuove di sbucciatura.

Recupero degli scarti vegetali. Gli scarti prodotti dall’industria conserviera possono rappresentare una risorsa economica in qualità di concimi, mangimi, specie fitochimiche (esempio licopene, tocoferoli, tomatina, polifenoli) impiegati come integratori di cocktail o in nuovi prodotti alimentari (sughi pronti, minestre) e nel settore farmaceutico-cosmetico (licopene, tomatina). Le tecniche estrattive solido-liquido in uso sono: macerazione, percolazione, estrazione con fluidi in fase supercritica, estrazione rapida solido-liquido dinamica o Naviglio-Estrattore.

In base ai quantitativi di scarti prodotti e in base alla tipologia di azienda che lavora il pomodoro, è possibile valutare sotto il profilo economico l’utilizzo delle diverse tecnologie estrattive. Le tecniche di macerazione e percolazione sono economicamente più sostenibili per gli opifici che producono grossi quantitativi di scarti e che di conseguenza hanno necessità di smaltire grosse quantità in tempi brevi. In questo caso si ottiene un prodotto estratto di minore purezza da impiegare come integratore per la valorizzazione di nuovi prodotti alimentari. L’estrazione mediante fluidi supercritici permette un prodotto estratto di maggiore purezza da impiegare nel settore sia alimentare sia farmaceutico-cosmetico.

Può essere utilizzato negli opifici di piccole-medie dimensioni che possono ottenere maggiori rese di estratto. E’ possibile spingere il grado di estrazione di ciascuna tecnica operando un’ulteriore purificazione mediante cromatografia. In ciascun caso, le bucce o i residui risultanti dal processo di estrazione sono essiccate fino alla totale perdita di acqua. Il materiale secco è triturato e impiegato come mangime animale. Altro possibile utilizzo è quello della produzione di fertilizzanti ottenibili mediante fermentazione enzimatica e successivo essiccamento naturale.

Sbucciatura a secco con sostanze caustiche, in continuo a vapore e a vapore (processo batch) Spesso per le conserve a base di vegetali, frutta o verdura si rende necessaria la rimozione della buccia, che può essere fatta attraverso diverse tecniche: trattamento a secco con sostanze caustiche, in continuo a vapore e a vapore processo batch.

Nella sbucciatura a secco con sostanze caustiche si utilizza una soluzione caustica al 10% a 80-120°C per agevolare la rimozione della buccia tramite dischi o tamburi di gomma. L’acqua viene utilizzata alla fine del processo per rimuovere i residui di buccia e la sostanza caustica, con un notevole risparmio di acqua  ed energia rispetto ai sistemi a vapore. Di contro, le bucce rimosse sono fortemente alcaline e non sempre recuperabili a fini nutrizionali, la soluzione caustica rilascia cattivi odori, i macchinari abrasivi hanno un impatto acustico non trascurabile, i costi sono maggiori rispetto ai sistemi a vapore anche per i costi dovuti alla depurazione delle acqua di scarico fortemente alcaline.

Con lo sbucciatore a vapore in continuo, invece, l’acqua utilizzata per rimuovere le bucce, dopo essere stata facilmente filtrata, può essere utilizzata per lavaggi della materia prima (frutta o verdura) in arrivo. La produzione di prodotto rimosso con la buccia è minima (8-15%). I residui solidi sono separati attraverso sedimentazione e disidratati  utilizzati generalmente per l’alimentazione animale. Rispetto ai sistemi abrasivi tradizionali, lo sbucciatore a vapore in continuo consuma meno acqua, ma più rispetto alla sbucciatura a secco con sostanze caustiche.

Il consumo può essere limitato non utilizzando l’acqua di raffreddamento per condensare il vapore, riducendo nel contempo la contaminazione delle acque di scarico. Con lo sbucciatore a vapore (processo batch), la buccia dopo essersi staccata per effetto dell’abbassamento repentino della pressione, dopo rapido riscaldamento, viene ulteriormente distaccata con dischi o rulli abrasivi e allontanata con il vapore e acqua.

I rifiuti prodotti sono ridotti rispetto alle altre tecniche di sbucciatura, tranne per quella a vapore in continuo. Rispetto a quest’ultima, invece, si ha un minore consumo di acqua e un minore carico di acque di scarico. I consumi sono superiori alla sbucciatura con sostanze caustiche.