Food, più sostenibilità, più competitività

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Consumo energetico nell’industria di trasformazione

Boccardelli sottolinea poi come “a livello globale, la trasformazione alimentare pesa per circa il 5,3% sul consumo finale di energia dell’industria (2). A livello di consumi Ue, l’industria (tutta) assorbe circa il 20% del consumo di energia primaria ed è il settore che ha realizzato i maggiori progressi nel campo dell’efficienza energetica (con un miglioramento del 30% dell’intensità energetica nell’arco di 20 anni). Confrontando i risultati testimoniati dai Rapporti di sostenibilità delle principali aziende del settore alimentare, il risparmio energetico si attesta nell’ordine del 15-20%. Nel nostro Paese, il sistema agro-alimentare richiede un consumo di energia pari a circa 20 Mtep, di cui 16,3 Mtep dalle imprese agricole e 3,1 Mtep dall’industria alimentare (3). Per il periodo 1990-2005, il settore industriale ha mostrato una perdita del 3,5% dell’indice di efficienza energetica”. Per contro, Boccardelli rileva che “nel periodo 2000-2006 si è assistito ad una netta inversione di tendenza, che ha fatto registrare all’Industria alimentare un +7,8% in efficienza energetica (4). Tale tendenza è confermata anche dalle analisi Enea su dati Eurostat, che rivela significativi cambiamenti in termini di efficienza energetica col settore alimentare che inverte decisamente la sua performance, recuperando in pochi anni posizioni nell’ambito dell’industria manifatturiera. Nonostante l’industria alimentare – salvo alcuni comparti energy intensive – sia in genere caratterizzata da impatti ambientali relativamente bassi sia in termini di consumi energetici che di emissioni di GHG, tuttavia soffre – come altri settori industriali – di strutturali gap di competitività connessi agli elevati costi della bolletta energetica nazionale rispetto a quella di altri competitor comunitari ed extracomunitari. Questo svantaggio – dovuto alla dipendenza energetica del nostro Paese dalle importazioni di combustibili fossili, come pure a tutti quegli elementi anche di natura fiscale che incidono sul costo dell’energia nel nostro Paese – rende ancor più interessante, anche in termini di sostenibilità economica, lo sfruttamento del significativo potenziale di risparmio energetico del nostro settore, che necessita di un adeguato sostegno finanziario a livello nazionale ed europeo, mediante investimenti ammortizzabili. In questo ambito, le forme di intervento attivate dalle aziende alimentari riguardano la definizione e la diffusione – anche mediante scambio di know-how e maggiori flussi d’informazione – delle BAT (Best Available Technologies) sulla gestione delle risorse energetiche (risparmio energetico), la definizione di un piano d’azione energetico aziendale e la relativa integrazione nella pratica quotidiana e nei piani d’investimento a lungo termine e la partecipazione agli schemi nazionali e settoriali di efficienza energetica. Oltre a tali strumenti, l’industria alimentare è impegnata: 1) nella valutazione del potenziale per la co-generazione, la tri e la poli-generazione (soluzioni particolarmente adatte all’industria alimentare, interessata in modo prevalente per i suoi processi alla produzione di calore); 2) nel graduale passaggio a tecnologie di refrigerazione gradualmente meno impattanti in relazione all’uso di gas HCFC e HFC mediante un progressivo passaggio a refrigeranti alternativi man mano che diventano tecnicamente ed economicamente accessibili; 3) nella progressiva diversificazione dell’approvvigionamento energetico verso mix che privilegiano FER interne ed esterne all’impianto, per incrementare la quota di energia a impatto zero autoprodotta, come le biomasse di seconda generazione di origine vegetale e animale che scaturiscono dai processi di trasformazione alimentare (biogas da sottoprodotti, rifiuti e acque reflue, recupero energetico dei sottoprodotti), senza dimenticare l’opportunità rappresentata dall’applicazione di pannelli fotovoltaici sugli impianti”.

Strategie di incentivazione al risparmio energetico

“Tutte le azioni dirette alla razionalizzazione e riduzione dei consumi energetici – sottolinea Boccardelli – possono rappresentare per il sistema industriale un’occasione di riduzione dei costi del processo produttivo e di rafforzamento in relazione a uno degli aspetti ove il gap di competitività è maggiore, ma richiedono un framework normativo stabile, una strategia d’incentivazione di medio/lungo periodo, finanziamenti strutturali all’attività di ricerca e sviluppo e un’ampia penetrazione sul mercato delle tecnologie a risparmio energetico. Per agevolare il processo d’implementazione delle misure di efficienza energetica da parte dell’industria alimentare, è essenziale motivare le PMI, che rappresentano il 99% dell’industria alimentare nell’Ue e in Italia, e che possono incontrare maggiori difficoltà nell’applicazione di sistemi di risparmio energetico. Tale obiettivo può essere raggiunto mediante la promozione di strumenti di finanziamento innovativi oltre che nella facilitazione dell’accesso al credito, attraverso la disseminazione e il trasferimento di modelli di successo, lo sviluppo del mercato dei servizi energetici e di adeguati strumenti per la comunicazione e la valorizzazione dei risultati raggiunti. A livello nazionale, il quadro delle misure per l’efficienza energetica è stato delineato dal Piano d’Azione nazionale sull’Efficienza Energetica (PAEE) 2007, che – nei diversi settori interessati (residenziale, terziario, industria e trasporti) – ha effettivamente condotto agli obiettivi attesi, ovvero un risparmio annuale pari al 9,6% dell’ammontare medio annuo del consumo nazionale di riferimento. Secondo il Rapporto 2010 sull’Efficienza Energetica dell’ Enea, l’Italia ha infatti superato il target che si era data con il (PAEE) del 2007, che fissava al 2010 un risparmio energetico annuale di 35.658 GWh, arrivando a ridurre i consumi di 47.711 GWh. Il PAEE 2011 prosegue nel solco indicato dal PAEE 2007 anche nell’obiettivo di raccordare le azioni alle indicazioni della Direttiva sull’efficienza energetica, al fine di ridurre i consumi del -20% al 2020 e avviare un uso efficiente delle risorse. In tale contesto, conferma le modalità di calcolo del PAEE 2007 e l’obiettivo generale dei risparmi energetici attesi al 2016, pari al 9%, tenendo altresì conto della direttiva FER (2009/28/CE) e del Piano Nazionale 2010 che fissa obiettivi vincolanti al 2020 per la quota di energia da FER pari al 17% del fabbisogno (basata sul rapporto tra consumi finali lordi di energia prodotti da FER e consumi finali lordi totali). L’articolazione del PAEE 2011 è sostanzialmente inalterata rispetto al PAEE 2007, salvo modifiche per ottimizzare in alcuni casi le misure di efficienza energetica, i meccanismi di incentivazione e la metodologia di calcolo. Il Piano agisce su 4 direttrici: risparmio energetico in edilizia; sviluppo del sistema dei certificati bianchi; interventi nel settore dei trasporti e incremento dell’efficienza energetica nell’industria e nei servizi”. “Il rispetto della Roadmap europea per ridurre le emissioni dell’80% al 2050 – conclude Massimiliano Boccardelli – impone di rivedere al rialzo gli obiettivi di riduzione, adottando un approccio sistemico il più efficace possibile: in tale contesto, le misure per la razionalizzazione dei consumi energetici e gli investimenti per il risparmio possono effettivamente costituire una delle aree d’azione più interessanti per coniugare gli obiettivi di riduzione degli impatti ambientali con il recupero di quei gap di competitività strutturali che affliggono il sistema Italia e rendono più difficile per le nostre imprese competere con antagonisti comunitari ed extracomunitari”.