Nuovi materiali da imballaggio alimentare biocompatibili

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Le plastiche sintetiche derivate dal petrolio hanno molte caratteristiche positive, però il progressivo esaurimento dei giacimenti di petrolio e l’accumulo di rifiuti di plastica nell’ambiente spinge alla ricerca di materiali alternativi e biodegradabili, ottenuti da risorse rinnovabili. Il gruppo dei polimeri biodegradabili attualmente sul mercato comprende la cellulosa, l’amido, l’acido polilattico (PLA), un poliestere sintetico prodotto a partire dall’acido lattico, e i poliidrossialcanoati (PHA), poliesteri prodotti da microrganismi a partire dai carboidrati o dai lipidi. Purtroppo, la produzione di PHA e dell’amido per imballaggi compete con la produzione degli alimenti e quindi devono essere utilizzate altre sostanze di origine vegetale per produrre materiali da imballaggio. Da questo punto di vista l’ emicellulosa è interessante, perché è un sottoprodotto a basso costo dell’agricoltura; è il polisaccaride vegetale più abbondante in natura dopo la cellulosa, perché è prodotta in grandi quantità dagli alberi e dalle piante, ed è presente insieme alla cellulosa in quasi tutte le pareti cellulari delle piante. Diversamente dall’amido, l’emicellulosa non viene digerita dagli esseri umani ma può essere interessante come materia prima nell’industria dell’imballaggio. In generale, il termine “polisaccaride” indica una sostanza formata da lunghe molecole di monosaccaridi (detti anche comunemente “zuccheri”) uniti tra loro; oltre all’emicellulosa e alla cellulosa, la famiglia dei polisaccaridi include l’amido, il glicogeno e la chitina. L’emicellulosa e la cellulosa sono polisaccaridi tra loro molto simili, ma rispetto alla cellulosa l’emicellulosa consiste di catene più corte: 500-3.000 unità di zuccheri uniti tra loro, rispetto alle 7000-15000 molecole nella cellulosa; inoltre, l’emicellulosa è un polimero ramificato e ha una struttura amorfa e disordinata, con scarsissime proprietà meccaniche, mentre la cellulosa è ramificata, cristallina e meccanicamente più forte. L’emicellulosa è costituita principalmente da monosaccaridi appartenenti alla famiglia degli xilani e dei mannani, la cui percentuale relativa nell’emicellulosa varia a seconda della sua provenienza. Mentre i mannani si trovano solo in alcuni semi di leguminose e nel tubero dell’amorphophallus konjac, gli xilani sono molto più diffusi: rappresentano la parte principale dell’emicellulosa delle angiosperme, che sono le piante più diffuse sulla Terra; più precisamente costituiscono il 25-35% della biomassa secca dei tessuti legnosi dei dicotiledoni (le piante ad alto fusto, come faggio, quercia, ecc., e le piante erbacee, ad esempio i pomodori) e dei tessuti lignificati dei monocotiledoni (le graminacee e i cereali). Inoltre, gli xilani sono contenuti in abbondanza nella canna da zucchero, nei gambi del mais e nelle pannocchie, e costituiscono una parte importante delle pareti cellulari dell’endosperma amidaceo, soprattutto grano, segale e mais, e sono quindi i principali componenti della frazione fibrosa ottenuta dai processi di separazione del frumento e dell’amido di mais.

Capacità di formare pellicole

L’uso degli xilani e dei mannani come materiali base per pellicole commestibili e/o biodegradabili per il confezionamento degli alimenti è stato studiato presso l’Università di Helsinki (Finlandia) da K. S. Mikkonen et al. (2012, 90). In quest’ambito sono state verificate le caratteristiche importanti per poter usare i nuovi materiali per imballaggio alimentare, prime tra tutte la capacità di formare pellicole da usare come rivestimento, poi le proprietà barriera e le proprietà meccaniche, come di seguito descritto. Per quanto riguarda la capacità di formare pellicole, i materiali a base di xilani e mannani hanno dato buoni risultati e sono stati testati anche come rivestimenti commestibili su frutta e riso addizionato con acido folico. I risultati ottenuti sono stati incoraggianti in particolare per gli arabinoxilani, con i quali la perdita in peso dell’uva dopo 7 giorni di conservazione è significativamente diminuita rispetto ai grappoli non rivestiti. Un ulteriore vantaggio è stato identificato nel fatto che le pellicole di arabinoxilani sull’uva possono essere facilmente lavate via prima del consumo, ma potrebbero anche essere mangiate assieme all’uva come fonte di fibra alimentare. L’uso dei mannani ha consentito di ridurre la percentuale di perdita in peso dei litchi e delle pesche, con anche una diminuzione della percentuale di frutta marcita; in particolare per i litchi l’alterazione del pericarpo è stata ritardata dopo aver rivestito il frutto con una pellicola contenente una miscela a base di glucomannano di Konjac, che costituisce il 60-80% del tubero dell’amorphophallus konjac. Per quanto riguarda le proprietà barriera, le pellicole contenenti xilani e mannani mostrano una bassa permeabilità ai grassi e agli aromi, ma soprattutto all’ossigeno. Pertanto, viste le promettenti proprietà barriera, queste pellicole potrebbero essere utilizzate anche come rivestimento commestibile per frutta e formaggi, da applicare direttamente sul prodotto alimentare, oppure potrebbero formare lo strato interno di un multistrato, preferibilmente protetto dall’umidità da uno strato esterno idrofobo, questo perché in generale un grande inconveniente delle pellicole di polisaccaridi, comprese le pellicole a base di xilani e mannani, è la loro sensibilità all’umidità. Tuttavia, questo problema può essere risolto attraverso lo sviluppo di laminati composti proprio da strati esterni idrofobi, che proteggono l’interno del multistrato sensibile all’acqua, mantenendo inalterata la sostenibilità e la sicurezza per uso alimentare. Le proprietà meccaniche delle pellicole degli xilani e dei mannani sono buone e in particolare la resistenza alla trazione è relativamente alta, paragonabile a quella dei materiali attualmente in uso come imballaggi alimentari. Tuttavia, per poter utilizzare questo materiale in forma di pellicole, sacchetti di plastica oppure vassoi, occorre migliorarne ancora la resistenza e la flessibilità, ad esempio introducendo dei plastificanti, degli agenti reticolanti oppure miscelandoli con altri polimeri oppure addizionandoli con componenti di dimensioni nanometriche, come la cellulosa o argilla. Quest’ultimo punto rappresenta una tendenza sempre più interessante, finalizzata al rinforzo delle pellicole ma che può avere anche effetti positivi anche sulle proprietà barriera, deve però essere studiato in maniera approfondita perché i risultati dipendono fortemente dal tipo di materiale e dal tipo di rinforzo. Si può quindi concludere che gli xilani e i mannani, sostanze biodegradabili presenti in natura in grande abbondanza, hanno buone proprietà barriera e meccaniche, che li rendono adatti ad essere utilizzati come pellicole di rivestimento, in alternativa ai materiali derivati dal petrolio attualmente utilizzati come imballaggio alimentare.

Bibliografia

K. S. Mikkonen et al., Trends in Food Science & Technology 28, 2012, 90