Nuove formulazioni per prodotti di pasta ad alto contenuto proteico

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Fortificazione con farine di legumi: valutazioni tecnologiche e qualitative
Il contenuto proteico della pasta non solo è relativamente basso (< 15%), ma è anche povero di composti come la lisina, un amminoacido essenziale. Ciò limita l’utilizzo di questa classe di prodotti come alimenti energetici principali per popolazioni povere. Un approccio per risolvere tale limitazione è costituito dall’impiego di farine non convenzionali come quelle di differenti tipi di legumi. Ad esempio, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori francesi (Petitot et al., 2010), viene proposto l’utilizzo di piselli spezzati o di fave nella formulazione di campioni di spaghetti (livello di sostituzione della farina di frumento pari al 35%). Nel lavoro viene evidenziato che per ottenere un prodotto così fortificato è necessario modificare il convenzionale processo di produzione della pasta. In particolare, per limitare l’agglomerazione delle particelle occorre aumentare il livello di idratazione e la velocità di mescolamento degli impasti. È stato, inoltre, osservato che entrambe le farine testate causano un peggioramento di alcuni parametri qualitativi del prodotto finale, come, ad esempio, un incremento della perdita di solidi per cottura ed una diminuzione dell’energia necessaria alla rottura. Gli autori attribuiscono questo risultato all’introduzione di complessi proteici non glutinici e di fibre insolubili che indeboliscono la struttura del prodotto. Anche per quanto riguarda l’analisi sensoriale sono stati rilevati alcuni cambiamenti significativi: la pasta contenente la farina dei legumi è risultata, infatti, più dura e più fragile in confronto con il prodotto standard. È stato, infine, dimostrato che applicando temperature più alte rispetto a quelle convenzionali (fino a 90°C) durante l’essiccamento del prodotto fortificato è possibile migliorarne la qualità(in particolare, per quanto riguarda la perdita di solidi per cottura). Concludendo, gli autori evidenziano che i test effettuati nello studio sono stati effettuati su scala pilota e che, pertanto, sono necessari ulteriori sperimentazioni su scala industriale per determinare le condizioni di produzione in grado di fornire un prodotto ad elevato valore nutrizionale, senza comprometterne la qualità sensoriale.

Rimozione di fattori non nutrizionali dalle farine di legumi
Nonostante le farine di legumi costituiscano una soluzione particolarmente interessante per aumentare il contenuto proteico dei prodotti di pasta, alcuni fattori non nutrizionali (galattosidi in grado di provocare flatulenza, composti allergenici ed altro ancora) ne limitano ancora l’utilizzo. In uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori internazionali (Martínez-Villaluenga et al., 2010), vengono proposti e testati differenti trattamenti (estrazione alcolica, fermentazione e germinazione) per rimuovere tali fattori da farine di lupino e di pisello del tropico. I risultati evidenziano che l’estrazione alcolica non provoca cambiamenti significativi nel profilo degli amminoacidi dei semi di lupino (anche se diminuisce il contenuto in amminoacidi contenenti zolfo). Al contrario, il trattamento di fermentazione e di germinazione dei piselli del tropico si è dimostrato in grado di migliorare non solo tale profilo, ma anche il cosiddetto punteggio chimico (indice di valutazione della qualità delle proteine basato sulla loro composizione chimica, CS). Successivamente a queste analisi, nello studio sono stati preparati campioni di pasta a base di farina di semola pura (al 100%) o mischiata (al 90-92%) con quelle di legumi (all’8-10%) così trattate. Questo confronto dimostra chiaramente che la qualità delle proteine, valutata sui prodotti cotti, è significativamente superiore, in termini di indice CS e di contenuto in amminoacidi essenziali (in particolare, lisina e treonina), nella pasta contenente anche le farine di legumi in confronto con i campioni di controllo. In sintesi, lo studio permette di concludere che i trattamenti proposti nello studio sono in grado di migliorare ulteriormente la qualità nutrizionale delle farine di legumi e, di conseguenza, i prodotti di pasta in cui tali farine vengono incorporate. Pertanto, questi ultimi possono essere utilmente utilizzati come alimenti principali in Paesi poveri.

Riferimenti bibliografici
M. Petitot et al., Food Research International, 43, 2010, 634-641
C. Martínez-Villaluenga et al., LWT – Food Science and Technology, 43, 2010, 617-622