Il tecnologo alimentare cambia pelle

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Da 10 anni è Presidente del CdA di Giubilesi & Associati srl
Nel 2000, con due soci ho aperto questa attività, oggi possiamo contare su una squadra stabile di dieci professionisti, oltre ad una rete selezionata di consulenti che operano per nostro conto in nove regioni e ci avvaliamo ogni anno di almeno quattro tra stagisti e laureandi o specializzandi selezionati nei Dipartimenti di Agraria e Veterinaria. Ci occupiamo di progettazione, consulenza, formazione, servizi integrati per le imprese che operano nella filiera alimentare (import-export, trasformazione, distribuzione, ristorazione) e nell’industria dell’ospitalità. I nostri punti di forza sono la competenza tecnica e l’essere una “smart & friendly company” con una visione globale della filiera, prospettando soluzioni concrete e vantaggiose per i nostri clienti, frutto di esperienze e abilità specialistiche; siamo sempre disponibili 24 ore su 24, compreso il sabato e la domenica, per gestire stati di crisi o allerta nonché come interfaccia tra l’impresa e l’Autorità Competente. Nelle società di servizi conta molto il rapporto diretto con le persone, la lealtà e la trasparenza delle azioni, il saper ascoltare i problemi trasformando le minacce in opportunità.

Cosa vi distingue da aziende similari?
Avere la professione nel DNA, l’esperienza ventennale, la complessità dei casi che trattiamo ogni anno, le referenze prestigiose nel privato e nel pubblico e dal primo livello di filiera al consumatore finale, creando anche sinergie interessanti tra i nostri clienti che diventano partner in operazioni commerciali e istituzionali in cui facciamo da garanti per entrambe.

Lavorare bene
Quando una società di servizi tecnici per il settore alimentare lavora bene?
Quando mette in campo passione, energia, esperienza, disponibilità ma soprattutto quando rispetta le persone e “mette il cliente al centro”. Nella progettazione di un servizio professionale si parla prima del “contenuto e degli obiettivi” e poi del “contenitore e della forma”, perché bisogna condividere pensieri e azioni (cosa, come, quando, chi, quanto) per realizzare un progetto sostenibile e duraturo. Si pensi per esempio all’apertura di un ristorante alla moda dove uno chef coordinerà una brigata di 10-15 persone.  Il flusso operativo è più complesso di quello mediamente presente in una produzione industriale: molte persone operano in spazi ristretti, con processi artigianali discontinui ed elevata manipolazione di alimenti gastronomici spesso a “rischio igienico”. Anche per loro vale la regola di preparare piatti gradevoli e sicuri.  Ci si preoccupa delle pratiche burocratiche, del design interno, dei rapporti aereo-illuminanti o dell’idoneità dei bagni, di redigere il piano della sicurezza ed il piano di autocontrollo, addirittura del grande evento di apertura ma spesso si trascura il fulcro del problema.

Qual è ?
Come deve essere progettata e strutturata l’area di pertinenza alimentare (deposito, preparazione, cottura, conservazione, lavaggio) in funzione del menu da produrre, di come lo si realizzerà, di chi lo farà, il tutto in relazione al target di consumatori di riferimento. Si dimentica che senza una gestione efficiente, la cucina non sopravvive e l’impresa muore. Il tecnologo alimentare ha le competenze per fungere da team leader e prevenire i problemi anche in questa tipologia di progetti, evitando sanzioni e dispersioni ai propri clienti.

Stiamo quindi parlando di un tecnologo alimentare sempre meno lavoratore dipendente nell’industria e sempre più consulente?
Nell’ultimo decennio il settore alimentare italiano è cambiato, la ristorazione ha dato vita ad un giro d’affari e soddisfa un numero di utenti di gran lunga superiore a quello di alcuni comparti industriali. La filiera del “fuori casa” ha un fatturato di 70 Miliardi di Euro, grazie a 2900 società di gestione, 25mila  fornitori, 944mila addetti, 1000 studi di consulenza, 150 laboratori di analisi e controllo. Ogni giorno il 13% della popolazione italiana mangia fuori casa nella ristorazione collettiva (4,5 milioni di pasti/giorno) e nell’ HORECA (più di 3,5 milioni).  Il settore ha bisogno di consulenza e formazione di qualità per educare gli imprenditori a non improvvisare e ad organizzare bene la propria azienda, iniziando dalla conoscenza delle “regole del gioco” sino al controllo della gestione. Il tecnologo alimentare ha le carte in regola per svolgere questo ruolo e per fungere da connessione tra ristorazione ed industria.