Il tecnologo alimentare cambia pelle

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Una tecnologia al servizio dei piatti pronti
Quali sono le tecnologie emergenti per la preparazione dei piatti pronti?
Cresce l’interesse per la cottura sottovuoto che può garantire sicurezza dei processi, qualità dei prodotti, economicità della gestione. E’ una tecnologia facile da governare anche in un processo artigianale, ma la sua applicazione richiede l’impiego di manager preparati, operatori addestrati, macchine evolute, packaging selezionati e procedure efficaci. I processi dovrebbero essere validati dal punto di vista microbiologico, chimico-fisico, nutrizionale e sensoriale. Cuocere un alimento sottovuoto significa inserire gli ingredienti ancora crudi o già parzialmente cotti in una idonea confezione di plastica, eliminare l’aria e poi cuocere il tutto a vapore in leggera sovrappressione.  Si cuociono prodotti di qualsiasi natura, con temperature inferiori a quelle delle cotture tradizionali e con tempi superiori, garantendo profili sensoriali e nutrizionali eccellenti. Il prodotto è poi portato a temperatura di refrigerazione e conservato chiuso fino al momento del consumo o della rigenerazione.

La cottura sotto vuoto comporta dei rischi per il consumatore?
Il rischio è associato alla non corretta esecuzione del processo ed al mancato rispetto della catena del freddo durante la conservazione. Questi prodotti hanno una shelf life di lunghezza variabile ( da 21 a 35 giorni) in base alla qualità delle materie prime ed al processo adottato.  La durabilità è garantita solo con il rigoroso rispetto della catena del freddo, è infatti dimostrato che la conservabilità del prodotto cambia se lo si conserva a 2°C, a 6°C o a 10°C.

Come si riducono i rischi?
Evitando di improvvisare il processo, ma attuando un corretto approccio tecnico-scientifico: diverso è lavorare prodotti assemblati, confezionati e cotti, o prodotti cotti e poi assemblati o ancora prodotti dove ingredienti cotti e crudi si mescolano. Nei primi due casi la cottura a bassa temperatura potrebbe non distruggere le spore ed è quindi necessario formulare le ricette in modo che nel prodotto non sussistano condizioni che favoriscono la loro germinazione. La microflora dei prodotti composti da ingredienti prima cotti e poi assemblati rispecchia quella associata ai vari ingredienti e quella acquisita durante le fasi di lavorazione; oltre al rischio derivante dalla crescita di patogeni sporigeni vi è anche il rischio di una contaminazione con asporigeni prima e durante il confezionamento.

Il suo sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe insegnare all’Università o vedere il piano di studi recepire alcuni miglioramenti che l’Ordine dei Tecnologi Alimentari ha da tempo suggerito. Oggi è necessario formare specialisti subito operativi nel mondo del lavoro che devono avere conoscenze multidisciplinari spendibili. Devono entrare subito nella parte, un po’ perché sanno, un po’ perché intuiscono, un po’ perché sono curiosi e capiscono come e dove rimediare alle non conformità riscontrate.  E’ necessario reimpostare il corso di studi e la professione, in modo che possa rispondere alle nuove esigenze delle imprese. Immagino una scuola che “apre la mente” basata su casi pratici e testimonianze di esperti, sulla presentazione e sulla soluzione di problemi concreti. Una formazione non più focalizzata solo sulla fabbrica ma che abbracci anche il terziario perché è il settore che in questo momento ha più bisogno dei tecnologi alimentari con la loro visione sistemica. Ho un grande cruccio: a distanza di quaranta anni dalle prime lauree, il legislatore non ha ancora valorizzato concretamente la nostra professione a livelli direttivi nei concorsi pubblici per l’Istruzione, la ricerca, la sanità pubblica. I tecnologi alimentari hanno lavorato in silenzio per lo sviluppo del “Made in Italy” nel mondo: ora è giunto il tempo di comunicare la visione ed i valori della categoria professionale al servizio del pubblico interesse.  Il mio contributo all’Ordine Regionale e Nazionale, come quello di tanti autorevoli colleghi, vuole andare in questa direzione.

Maria Zemira Nociti

Massimo Artorige Giubilesi