Sistema low-cost per il monitoraggio di polveri in aria in panifici artigianali

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L’allergia alla farina presenta multiformi quadri clinici la cui eziopatogenesi riconosce il rapporto tra inalazione di allergeni indoor e risposta dell’organismo (i.e., sensibilizzazione). In uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori italiani (Trani et al., 2012), sono stati analizzati il metodo di campionamento, l’identificazione della dose ambientale e la caratterizzazione della polverosità puntuale in un panificio artigianale nel quale è stata riconosciuta una malattia professionale da allergia alle polveri e farine di cerali, allo scopo di ottenere un protocollo di gestione preventiva sull’insorgenza di tale patologia. Nello specifico, la concentrazione delle polveri è stata registrata in continuo mediante deposimetri realizzati ad hoc, mentre le indagini chimico-analitiche su campioni di sfarinati usati nel ciclo produttivo hanno fornito un’informazione di tipo qualitativo per la valutazione della dispersione delle polveri e la caratterizzazione delle stesse. L’integrazione di un dispositivo elettronico, caratterizzato da affidabilità della misura e basso costo di realizzazione, ha, inoltre, supportato lo sviluppo e la valutazione del sistema di monitoraggio ambientale.

A differenza di quanto osservato in letteratura, ed anche secondo quanto prevedibile in base all’aerodispersione della farina, gli autori evidenziano che le zone più polverose non corrispondono alle aree del panificio ove avvengono le fasi di caricamento dell’impastatrice, della pulitura dei macchinari e dei piani di lavoro, probabilmente perché la farina è abbattuta dall’acqua dell’impasto e la polvere ambiente è allontanata dagli aspiratori attivi. Al contrario, la concentrazione di quest’ultima è risultata elevata durante le attività svolte in laboratorio (in particolare, durante lo spolvero di farina dei banchi sugli impasti da cuocere e di semola sui prodotti già cotti (posti ad asciugare sui piani) nonché durante le operazioni di spezzettamento a secco dei prodotti). Secondo gli autori, per limitare l’inalazione delle polveri da parte degli operatori, in tali zone l’uso di DIP (mascherina antipolvere) e la prevenzione ambientale con un sistema di aspirazione forzata localizzata o l’abbattimento delle polveri con nebulizzazione di acqua sembrano opportuni. Concludendo, lo studio suggerisce che il sistema di controllo ambientale utilizzato nello studio può essere utilmente utilizzato in altri impianti alimentari in cui si osservano situazioni analoghe.

Riferimenti bibliografici
G. Trani et al., Convegno Nazionale SNOP, Bologna, 14-15 Novembre 2012