Università, tra ricerca di base e ricerca applicata

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Sara Limbo del Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente (DeFens) dell’Università di Milano (Unimi)

Quando la ricerca è al servizio dell’industria o quando della conoscenza? E dov’è il vero confine? Un tema di grande attualità che non sempre mette tutti d’accordo.

Ricerca di base e ricerca applicata. A quale ambito appartiene il ruolo della ricerca universitaria perché sia foriera di conoscenza? Cosa accade quando l’una prevale sull’altra? Siamo andati a domandarlo a una ricercatrice universitaria, Sara Limbo del Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente (DeFens) dell’Università di Milano (Unimi), molto attiva nel campo sia della ricerca sia dell’insegnamento, per capire come le due prospettive siano effettivamente diverse e come – al contempo – debbano integrarsi. Un punto di vista che potrebbe non piacere a chi respira un’aria eccessivamente legata alle logiche dell’industria, ma che proprio per questo potrebbe anche sorprendere.

Ricerca applicata: logica del ritorno garantito

“Negli ultimi anni, la crescente carenza di risorse e investimenti pubblici nella ricerca, nella formazione e, più in generale nella cultura, ha favorito la diffusione di una logica secondo cui la sola ricerca che vale la pena di finanziare è quella con ritorni garantiti e immediati”, afferma Sara Limbo, che precisa: “La ricerca applicata, proprio per definizione, risponde a queste specifiche esigenze: spinta e spesso promossa da aziende, punta prevalentemente alla soluzione di problemi pratici, all’adozione di metodologie rigorose e basate su principi scientifici che portano a risultati immediatamente applicabili”. Un approccio molto motivante sotto diversi punti di vista, perché il confronto continuo tra il mondo della ricerca e il mondo aziendale consente alle persone coinvolte nel progetto una reciproca contaminazione culturale che porta, il più delle volte, ad accrescimenti professionali promettenti, soprattutto per i giovani in formazione. “In questo contesto”, continua Limbo, “il mondo accademico ha il dovere e il ruolo di sviluppare un’idea secondo concetti e metodologie rigorose, contribuendo alla soluzione del problema anche tramite la deposizione dei brevetti e le produzioni industriali che sono considerati a pieno titolo prodotti della ricerca tanto quanto le pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali”.

L’imprescindibilità della ricerca di base

Altro aspetto, non secondario, che porta gruppi di ricerca a muoversi verso la ricerca applicata è quello economico, in quanto la scarsità degli investimenti pubblici ha progressivamente portato gli Atenei a dare sempre più spazio alle interazioni tra il mondo accademico e quello aziendale, soprattutto in settori dove questo connubio è facilitato sia da un tessuto industriale fitto (come la Regione Lombardia) sia da una ricaduta applicativa immediata (per esempio i settori Food, Agriculture, Packaging). “Tuttavia”, continua Limbo, “non bisogna dimenticare l’importanza della ricerca di base e del suo ruolo in settori scientifici anche molto applicativi”. Come ricordato dal prof. Salvatore Settis (allora direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa) in occasione della cerimonia di consegna dei diplomi ai dottori di Ricerca dell’Università degli Studi di Milano nel 2004, la ricerca di base, anche se non può garantire l’immediata applicabilità in breve tempo dei propri risultati, è di fatto la sola che crea le premesse e fissa gli indirizzi di ogni forma di ricerca applicata. “E come tale”, conclude Limbo, “è doveroso impiegare investimenti e risorse per la sua realizzazione”. Ecco perché il ruolo dell’Università e dei ricercatori che in essa operano è di puntare alla centralità della ricerca di base e non solo della ricerca applicata, due ambiti che devono alimentarsi e completarsi reciprocamente. “Quando si decide di stendere un programma di ricerca, le driving force che ne permettono la costruzione possono essere differenti, proprio a seconda della tipologia di ricerca che si vuole condurre, e i risultati che si ottengono possono essere diversamente interpretati a seconda della platea a cui ci si sta rivolgendo: per questo pare proprio limitativo ritenere che una ricerca che non restituisce risultati immediatamente spendibili a livello industriale sia meno nobile di una ricerca che produce, per esempio, un brevetto”.