Industria alimentare, gestione degli allergeni

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view over several pots with ground spices

Le allergie sempre più frequenti nella popolazione mondiale rendono necessaria una corretta gestione della presenza di allergeni nell’industria alimentare.

Le allergie alimentari interessano percentuali sempre più alte della popolazione mondiale (1-2% degli adulti e 5-6% dei bambini), e sono addirittura raddoppiate negli ultimi 20 anni per quanto riguarda alcune etnie (1). Per allergia si intende una reazione mediata da specifici anticorpi (immunoglobuline IgE) in grado di provocare sintomi piuttosto rapidi e marcati in seguito all’ingestione di certi alimenti contenenti proteine a cui tali anticorpi si legano. Per intolleranza si intende invece una reazione spesso meno grave e ad insorgenza più lenta, che in genere comporta soprattutto sintomi gastrointestinali. Per es. un soggetto intollerante al lattosio avvertirà problemi gastrointestinali in seguito ad un consumo rilevante di latte o derivati, mentre in un soggetto allergico alle proteine del latte l’ingestione anche di piccole quantità di latte o derivati provocherà una serie di sintomi più accentuati: gastrointestinali, cutanei e nei casi più gravi anche respiratori, fino ad un quadro potenzialmente letale (shock anafilattico). Per tale motivo la corretta gestione della presenza di allergeni è di fondamentale importanza per l’industria alimentare, al fine di evitare pesanti conseguenze in caso di incidenti: danni alla salute dei consumatori, ritiro di prodotti, perdite economiche, e soprattutto danno di immagine. Per tale motivo l’argomento degli allergeni è affrontato non solo dalla legislazione europea (in particolare il Regolamento 1169/2011 sull’etichettatura) ma anche dai maggiori standard volontari quali il BRC. Per quanto riguarda il Reg. 1169, il suo Allegato II elenca 14 allergeni, cioè quelli statisticamente più rilevanti nella popolazione europea: Cereali contenenti glutine (grano, segale, orzo, avena, farro, kamut, loro ceppi ibridati e loro derivati, con alcune eccezioni quali sciroppo di glucosio, destrosio, maltodestrine, alcol derivato da cereali, etc. poiché questi prodotti non contengono glutine residuo) – Crostacei e derivati – Uova e derivati – Pesce e derivati tranne gelatina di pesce – Arachidi e derivati – Soia e derivati tranne tocoferoli e fitosteroli estratti dalla soia – Latte e derivati (incluso lattosio) tranne siero di latte usato per chiarificare i distillati – Frutta a guscio: mandorle, nocciole, noci, noci di acagiù, noci di pecan, noci del Brasile, pistacchi, noci macadamia, e loro derivati – Sedano e derivati – Senape e derivati – Semi di sesamo e derivati – Anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg (nel caso di alimenti solidi quali per es. albicocche secche) o 10 mg/L (nel caso di bevande quali per es. il vino) – Lupini e derivati – Molluschi e derivati. Due delle 14 sostanze listate (glutine e solfiti) non sono considerate allergeni dal punto di vista strettamente medico; il legislatore li ha però sempre tradizionalmente inclusi tra gli allergeni poiché interessano elevate percentuali di popolazione e provocano disturbi seri per cui è importante segnalarli in etichetta.

cyanobacteriae cultivationIl Reg. 1169 obbliga poi all’uso di un carattere ben distinguibile (per es. grassetto) per riportare il nome degli allergeni eventualmente presenti. Altra importante novità è che, dal 31 Dicembre 2014, anche gli esercizi alimentari quali ristoranti, bar, gastronomie e banchi gastronomia dei supermercati, bancarelle, etc. saranno obbligati a comunicare ai consumatori, seppur con modalità abbastanza “libere”, la presenza dei 14 allergeni in alimenti non preconfezionati. Per quanto riguarda il glutine, esiste poi un Regolamento aggiuntivo, il 41/2009, che contiene una serie di indicazioni ancora più specifiche per quanto riguarda l’etichettatura dei prodotti per celiaci. Una buona gestione degli allergeni nell’industria alimentare deve concentrarsi sui seguenti aspetti:
A) Corretta gestione durante la fase produttiva. Gli allergeni sono in gran parte sostanze di natura proteica, in grado di provocare effetti dannosi anche se presenti in piccolissime quantità. È pertanto fondamentale gestire tale rischio con cura, a partire dallo stoccaggio e utilizzo degli ingredienti (che se contenenti allergeni andranno segregati in modo opportuno, andranno pesati su bilance dedicate, etc.), e a seguire con una accurata prevenzione della contaminazione crociata, cioè il passaggio di microorganismi, o in questo caso di sostanze dannose, in seguito a loro trasferimento da un alimento ad un altro attraverso una matrice (attrezzature, superfici, mani degli operatori, etc.). Per evitarla è necessario seguire scrupolosamente una serie di buone pratiche di lavorazione. In particolare nel caso lo stesso stabilimento produca sia prodotti contenenti allergeni che non, l’ideale è utilizzare spazi di stoccaggio, ambienti produttivi, macchinari, utensili, forni e nastri trasportatori differenti, in particolare nel caso di macchinari e utensili difficili da pulire (per es. impastatrici dedicate nel caso di prodotti da forno gluten-free). In caso sia impossibile avere spazi e macchinari dedicati, sarà opportuno produrre i diversi prodotti in giorni diversi, affinché tra l’uno e l’altro venga sempre effettuata una accurata procedura di pulizia (la cui efficacia è necessario dimostrare tramite validazione). Nel caso nemmeno questo sia possibile, è importante che venga effettuata sempre prima la produzione degli alimenti privi di allergeni, seguita da quella degli alimenti che li contengono. Anche mezzi di cottura come acqua e olio vanno rimossi e cambiati passando da una lavorazione all’altra. Accorgimenti importanti sono poi quelli che riguardano il personale: adeguata formazione, divise/camici monouso oppure almeno utilizzo di grembiule monouso sopra la divisa pulita, lavaggio delle mani e cambio dei guanti monouso.