Piccolo non è più bello

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Tractor is dumping wheat grains to siloIn un passato, anche recente, la crescita del nostro Paese si è sempre basata sull’attività di tante piccole e medie aziende che hanno fatto del made in Italy la loro e la nostra (nel senso di Paese Italia) fortuna nei diversi settori dell’economia. Fino a pochi anni fa lo slogan più diffuso nel settore industriale era “piccolo è bello”. E in quel “piccolo” era compresa l’artigianalità, la ricercatezza nei particolari, la scelta delle materie prime, il gusto del fare, la sfida continua alla grande industria rappresentata, spesso, da potenti multinazionali. In una parola, in quel “piccolo” era compresa tutta la nostra italianità. La globalizzazione dei mercati, da un lato, e la grande (o meglio ancora l’iper) distribuzione dall’altro, stanno pian piano cancellando la nostra identità. Per essere competitivi è necessario crescere, se non si hanno le capacità tecnico-economiche per farlo è sufficiente fondersi con altre realtà o cedere il marchio a qualche potente gruppo, poco importa se italiano o straniero. Dal 2011 ad oggi le acquisizioni di aziende del made in Italy da parte di operatori stranieri sono state oltre 40, contro circa la metà di realtà produttive estere finite nel nostro panorama nazionale. Tra le aziende finite in mano straniera non mancano certo quelle del settore alimentare. E’ dello scorso mese di ottobre la notizia che il gelato artigianale per eccellenza Grom è passato tra i brand della multinazionale anglo-olandese Unilever, già detentrice di marchi gelato importanti come Algida, Magnum e Carte D’or. La notizia, se da un lato ha generato stupore tra i consumatori che temono un calo nella qualità del prodotto, dall’altro non sorprende perché, come spiegato dai due fondatori Federico Grom e Guido Martinetti, per poter competere a livello globale occorre avere una forza di penetrazione dei mercati che solo una multinazionale può garantire. Ciò è sicuramente vero in linea di principio, ma è altrettanto vero che i prodotti di qualità possono, comunque, trovare la loro strada indipendentemente dalle dimensioni societarie, come proprio Grom ha dimostrato, passando in poco più di 10 anni da un piccolo negozio a Torino a 67 punti vendita e oltre 600 addetti sparsi nel mondo. Per un prodotto di qualità una crescita troppo rapida è perfino controproducente, perché è necessario poter contare su materie prime di alto valore e su un’attività che non penalizzi il prodotto per privilegiarne la produttività. E’ questa la sfida che attende nel prossimo periodo i fondatori Federico Grom e Guido Martinetti, sfida che non sarà più rivolta al mercato, ma al mantenimento di una qualità artigianale che difficilmente potrà essere garantita, anche se non potrà, comunque, essere completamente stravolta. In attesa che qualche giovane brillante e motivato segua le orme di Federico e di Guido, e porti nel mondo qualche altro prodotto ricco di italianità, continuiamo a sognare e a pensare ancora che “piccolo è bello”.