PLA, biopolimero per il confezionamento alimentare

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Lo scopo del lavoro della tesi “I biopolimeri per il confezionamento alimentare: stato dell’arte e prospettive dell’acido polilattico” di Sarah Perdoncin dell’università di Padova è stato quello di presentare lo stato dell’arte per quel che riguarda le caratteristiche dei biopolimeri e le loro potenziali applicazioni alimentari, soffermandosi in particolar modo sui polimeri dell’acido polilattico. Oggi i materiali utilizzati per l’imballaggio alimentare sono vetro, metallo, carta, cartone e una grande varietà di polimeri plastici derivati dal petrolio. Con l’eccezione della carta e del cartone si tratta, dunque, di materie prime non rinnovabili destinate all’esaurimento. Lo sviluppo di materiali a partire da fonti rinnovabili (come, per esempio, i surplus o gli scarti dell’agricoltura) permetterebbe di evitare tale problema, con l’ulteriore vantaggio che alcuni di questi materiali sono biodegradabili. Biopolimeri per l’imballaggio alimentare possono essere direttamente ricavati da materiali biologico o da microrganismi, oppure ottenuti tramite sintesi chimica classica a partire da monomeri rinnovabili. In particolare i polimeri dell’acido polilattico, poliesteri ottenuti per polimerizzazione dell’acido lattico, sembrano essere al giorno d’oggi i biopolimeri con le maggiori chance, grazie allo sviluppo di tecnologie che hanno ridotto il costo di produzione e grazie anche alle loro buone proprietà meccaniche e di barriera.