Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 5 lett. d) L. 30 aprile 1962, n.283, sulla disciplina igienica degli alimenti, l’alterazione del prodotto può essere desunta anche dal superamento dei livelli consentiti da una circolare del Ministero della Sanità

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La Sentenza. Nel caso di specie, sostiene il Supremo Collegio, il Tribunale ha correttamente “ricavato la prova dell’alterazione dell’olio usato per la frittura facendo riferimento al risultato delle analisi che avevano accertato un contenuto di sostanze polari pari al 38%, a fronte del limite massimo del 25% indicato in una circolare del Ministero della Sanità n.1 dell’11 gennaio 1991. “Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art.5 lett. d) L.30 aprile 1962, n. 283, sulla disciplina igienica degli alimenti” ha proseguito la Corte di Cassazione “l’alterazione del prodotto può essere desunta anche dal superamento dei livelli consentiti da una circolare del Ministero della Sanità, che ha recepito il parametro elaborato dalla comunità scientifica internazionale”, come peraltro già stabilito dalla medesima Sezione con la propria sentenza n.17613 dell’11.04.2006.

Il Diritto. Con la Sentenza n.4522 del 31.1.2017 la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di condanna del Tribunale di Napoli nei confronti di un soggetto che utilizzava per il consumo olio di frittura alterato nei suoi componenti in quanto risultato con “tenore di composti polari” superiore al limite previsto dalla Circolare del Ministero della Sanità n.1 dell’11.1.1991. La predetta disposizione legislativa prevede il divieto di impiego “nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari” che siano “insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione”.