Applicazione delle alte pressioni nel settore delle conserve alimentari

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Effetto sulla disattivazione degli enzimi nei derivati del pomodoro. La viscosità gioca un ruolo fondamentale nella definizione della struttura, della consistenza e, quindi, della qualità dei derivati del pomodoro. Questo parametro è fortemente influenzato dall’attività degli enzimi pectinmetilesterasi (PME) e poligalatturonasi (PG). Dal momento che la PME è in grado di resistere ai convenzionali trattamenti termici, risulta fondamentale per l’industria del settore poter disporre di tecnologie alternative in grado di controllare tali enzimi. In questo contesto, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori greci (Andreou et al., 2016), viene valutata la capacità delle alte pressioni (HP), in confronto con quelle dei campi elettrici pulsati (PEF) e dei tradizionali processi termici, nel disattivare la PME e la PG in campioni di succo di pomodoro (destinati alla successiva trasformazione in concentrato di pomodoro). In particolare, i trattamenti HP sono stati effettuati variando la pressione tra 200 e 800 MPa e la temperatura tra 55 e 75°C, i trattamenti PEF variando la forza del campo nell’intervallo 5.5-12.5 kV/cm ed il tempo tra 0 e 12 ms e, infine, i trattamenti termici variando la temperatura nell’intervallo 55-75°C. I risultati hanno permesso di evidenziare interessanti effetti sinergici tra la pressione e la temperatura, permettendo di disattivare in modo selettivo i due enzimi. In questo modo è possibile, ad esempio, disattivare completamente la PG, mantenendo parzialmente attiva la PME (ad un livello desiderato), modulando, in modo controllato, la consistenza del prodotto finale. Al contrario, la tecnologia PEF, anche se efficace, si è dimostrata meno flessibile. Concludendo, gli autori sostengono che i risultati fin qui ottenuti, seppur ancora preliminari, costituiscono una solida base scientifica da utilizzare per ulteriori sviluppi di processi innovativi, in grado di fornire prodotti di elevata qualità.

Effetto sul profilo aromatico di purea di prugne. Come è ormai ben noto, i convenzionali trattamenti termici provocano una significativa perdita della qualità degli alimenti durante i loro processi di trasformazione. In questo contesto, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori spagnoli (González-Cebrino et al., 2016), viene valutata l’efficacia delle alte pressioni nel fornire conserve (purea) a base di prugne di elevata qualità. In particolare, i test sono stati effettuati variando sia la pressione (400 e 600 MPa), sia il tempo di trattamento (1, 150 e 300 s), mentre i campioni sono stati analizzati per quanto riguarda il loro profilo aromatico mediante SPME-GC/MS (gascromatografia accoppiata alla spettrometria di massa, con microestrazione in fase solida). Il prodotto così ottenuto è stato confrontato con quello di partenza, non sottoposto alle alte pressioni. L’analisi SPME-GC/MS ha permesso di rilevare la presenza di 40 composti volatili differenti, tra i quali quelli caratterizzati da una maggiore concentrazione sono un aldeide (esanale) e due alcoli (esan-1-olo e (Z)-3-esen-1-olo). è stato, inoltre, osservato che le alte pressioni esercitano effetti significativi su 23 dei 40 composti isolati (ed in particolare sugli esteri). Tuttavia, tali effetti provocano solamente l’1.8% del cambiamento totale del profilo aromatico delle puree, anche nel caso del trattamento più intenso. Pertanto, secondo gli autori, i risultati permettono di concludere che l’utilizzo delle alte pressioni costituisce una valida alternativa ai tradizionali processi termici per la produzione di conserve di elevata qualità. Tuttavia, ulteriori approfondimenti sono ancora necessari per valutare gli effetti di questa tecnologia sulla stabilità microbiologica (e sulla disattivazione degli enzimi) del prodotto durante la sua shelf-life.

Riferimenti bibliografici

  1. Andreou et al., Innovative Food Science and Emerging Technologies, 38, 2016, 349-355
  2. González-Cebrino et al., Innovative Food Science and Emerging Technologies, 33, 2016, 108-114