Gianpaolo Mariani, la cultura della sicurezza

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Gianpaolo Mariani

Organizzazione, rispetto delle prescrizioni di sicurezza e una progettazione ergonomica sono le carte vincenti di ogni azienda alimentare che voglia crescere in Italia e all’estero.

Nella filiera alimentare, un’inappropriata impostazione del lavoro genera perdite di tempo, aumenta i rischi di “incidenti” fisici e mediatici, penalizza marchio e fatturato. Ne abbiamo parlato con Gianpaolo Mariani, consulente in organizzazione, sicurezza ed ergonomia a servizio della grande distribuzione e di tante piccole e medie imprese alimentari del Centro e Sud Italia.

Nel suo curriculum spicca una doppia laurea in Scienze politiche e in Economia e commercio, come ha scelto il suo percorso di studi?

L’interesse per le materie economico-giuridiche ha sempre avuto un notevole rilievo nella mia vita. Mio padre era maresciallo dei carabinieri e i miei due fratelli sono ottimi avvocati. È stata una scelta del tutto naturale.

Come e perché si è specializzato nel settore alimentare?

La scintilla è scoccata nel 2000, quando un gruppo leader nella grande distribuzione alimentare, molto attivo nel Lazio e in Campania, mi ha assunto in qualità di responsabile dell’organizzazione e della gestione delle risorse umane.

Le mie mansioni comprendevano, tra l’altro, il rispetto della normative in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, regolamentata dapprima dal Decreto legislativo n.626/1994 e in seguito il Decreto legislativo n.81/2006. Era un’attività impegnativa, l’azienda era molto diffusa sul territorio e impiegava più di cinquecento dipendenti.

Quando la Direttiva n.43/1993/CEE, recepita in Italia con il Decreto Legislativo n.155 del 26 maggio 1997 (ora abrogato), è stata sostituita dal “pacchetto igiene” mi sono state affidate anche la responsabilità dell’autocontrollo igienico e della progettazione del lay out dei punti vendita.

Un bel cambiamento per chi fino ad allora si era interessato principalmente di economia…

Erano temi nuovi e interessantissimi che ho approfondito perseguendo un preciso obiettivo professionale: interpretare e implementare le prescrizioni legislative sempre e solo in una prospettiva di miglioramento funzionale degli operatori e di opportunità di crescita per l’azienda.

LA LIBERA PROFESSIONE

Com’è proseguita la sua carriera?

Nel 2007 ho optato per la libera professione. Volevo contribuire a sostenere e valorizzare il territorio della provincia di Latina da sempre vocato all’agroalimentare. Non nascondo che aspiravo anche a un maggior riconoscimento economico a parità d’impegno profuso. Ho raggiunto il primo obiettivo, mentre al secondo sto ancora lavorando…

Cosa intende con “contribuire a sostenere e valorizzare il territorio della provincia di Latina”?

L’economia di questa zona è basata sull’agroalimentare. Fondi è sede di un importante centro europeo di concentrazione, condizionamento e smistamento all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli freschi. Numerose aziende trattano alimenti di origine animale (trasformazione carni, vendita all’ingrosso di prodotti ittici). Ci sono caseifici, aziende dolciarie, trasportatori di alimenti refrigerati in regime ATP, agriturismi. Gli alberghi e la ristorazione hanno fatto dell’enogastronomia del territorio un punto di forza dell’offerta.

E’ stato un passaggio facile?

E’ stato scientemente pilotato. Per un periodo ho continuato ad affiancare la catena di supermercati che mi aveva avvicinato a questo mondo e nel frattempo ho maturato numerose esperienze poliedriche e variamente spendibili rispetto al mercato del lavoro.

Per dare un servizio completo ai miei nuovi potenziali clienti ho conseguito il diploma di specializzazione in Ergonomia con particolare riferimento alla “valutazione del rischio biomeccanico degli arti superiori da movimenti ripetitivi”, ho approfondito il tema dell’ergonomia in agricoltura; ho frequentato la scuola di specializzazione in Agricoltura biologica e biodinamica; sono diventato sommelier professionale, nonché tecnico ed esperto degli oli d’oliva vergini ed extra vergini.

Quali progetti la entusiasmano di più?

Credo molto nell’agricoltura biologica e mi appassiona seguire le aziende che intraprendono questo percorso. Le aiuto a sviluppare nuove linee di prodotto, le guido verso la certificazione, ma soprattutto le invito a considerare il sistema gestionale biologico come fonte d’ispirazione generale per il loro intero processo produttivo, sia esso bio o da agricoltura convenzionale.

Altrettanto entusiasmante è svolgere il ruolo di project leader quando un’azienda familiare decide di crescere ed affrontare con rinnovato piglio il mercato nazionale ed estero.

Nel suo curriculum spiccano diversi ruoli “istituzionali”: CTU penale e civile del tribunale di Latina; CTP in materia sicurezza sul lavoro; iscritto al ruolo ‘periti ed esperti’ della Camera di commercio di Latina per le categorie: budella e carni insaccate, nonché pesce (fresco, conservato, congelato), frutti di mare. Quali sono i temi per i quali è interpellato con maggior frequenza in tali sedi?

Avendo un stretta collaborazione con lo studio legale di mio fratello Alessandro, affermato avvocato cassazionista del foro di Latina, il ruolo di consulente tecnico di parte è ricorrente ed ampio anche in termini territoriali. Collaboro infatti con numerosi altri studi legali di Napoli e Milano. Mi interpellano per consulenze tecniche in caso di infortuni sul lavoro o per contenziosi relativi al riconoscimento di malattie professionali che si manifestano con patologie muscolo scheletriche.

SICUREZZA SUL LAVORO ED ERGONOMIA

Sicurezza sul lavoro ed ergonomia sono davvero temi “caldi” o le aziende ne parlano tanto e ci credono poco?

Sono temi caldi e molto sentiti, ma con alcuni distinguo. Nella piccola e media impresa, la messa in opera di tali pratiche paga lo scotto della precaria situazione economica italiana.

Non potendo fare una programmazione pluriennale coerente e non riuscendo a investire sulle risorse umane in termini retributivi, di formazione e specializzazione, gran parte delle aziende decide di operare con una soglia di rischio maggiore rispetto agli adempimenti previsti dalla legge. Ne consegue un incerto funzionamento della “macchina” sicurezza e degli ingranaggi che ne consentono l’avanzamento.

E’ tipico di molti nostri imprenditori attribuire la massima priorità ad una norma solo a fronte di un severo sistema sanzionatorio. Questo spiega perché, pur credendoci poco, le aziende ne parlano tanto. Inoltre, a differenza dell’alto valore attribuito alla sicurezza alimentare, il valore della sicurezza sul lavoro è tuttora poco percepito e condiviso nelle filiere e dai consumatori e, a torto, ha un ruolo minore rispetto ad altri fattori che influiscono sulla battuta di cassa.

ERGONOMIA

Parliamo di ergonomia del lavoro…

E’ la disciplina che studia la migliore integrazione tra lavoro umano, macchine e ambiente di lavoro, intervenendo su organizzazione, processi e spazio, ottimizzando la postura e riducendo di conseguenza le condizioni di stress psicofisico.

La sua applicazione nel comparto alimentare, nel ramo più propriamente di competenza personale dell’ergonomia fisica, si esplicita nel progettare macchine, linee di produzione, postazioni di lavoro, confezioni e imballaggi che non provochino o che comunque riducano sforzi, stress, pericoli che potrebbero determinare l’insorgere di patologie a carico dell’apparato muscolo scheletrico.

In Italia, il tema dell’ergonomia fisica, ha trovato una legittimazione importante, vera, compiuta, anche se un po’ tardiva, nel Decreto Legislativo n.81/2008. D’altro canto, l’Inail ha inserito le patologie muscolo scheletriche nel novero delle malattie professionali “tabellate”. L’argomento è molto sottovalutato dai datori di lavoro, erroneamente convinti che il problema riguardi solo i produttori di macchine. Non è così e trascurarlo determina seri contraccolpi sulla salute dei lavoratori e sulla produttività.

Quali sono le norme da rispettare?

In combinato disposto con il Titolo VI Artt. 167-171 e l’Allegato XXXIII del Decreto legislativo n.81/2008 (ex All. VI della Legge 626/1994), valgono le norme ISO 11228 che si occupano anche di ergonomia fisica.

In particolare le norme ISO 11228 – 1: “Ergonomia – movimentazione manuale – Parte 1: Sollevamento e spostamento”; ISO 11228 – 2 “Ergonomia – movimentazione manuale – Parte 2: Spinta e traino”; ISO 11228 – 3: Ergonomia – movimentazione manuale – Parte 3: Movimentazione di piccoli carichi con grande frequenza”.

Intervengono anche alcune norme UNI EN cogenti ai fini della “Direttiva macchine”, per esempio la UNI EN 1005 – 2 che tratta i temi della sicurezza del macchinario; prestazione fisica umana; movimentazione manuale di macchinario e di parti componenti il macchinario. La norma ISO EN 1005 – 2 è cogente per il solo produttore della macchina, mentre l’azienda alimentare è responsabile per tutti gli altri aspetti.

Come si stabilisce l’ergonomicità della linea di produzione?

L’azienda deve identificare i “lavori problematici”, individuare il relativo rischio, analizzarlo, effettuare un significativo e documentato intervento volto al suo contenimento ed infine valutare gli effetti indotti da tale intervento.

Si opera su tre diversi fronti: misure tecniche – tecnologiche e/o procedurali e/o organizzative. Si analizza a fondo ogni postazione di lavoro, considerando una specifica mansione per un tempo definito. Si vagliano numero e tipo di infortuni, assenze per malattia riconducibili all’attività lavorativa; si osserva lo svolgimento del lavoro chiedendosi se ci sono sforzi eccessivi, movimenti ripetitivi, mantenimento di una data posizione per lunghi periodi, frequenti sbalzi di temperatura. E’ fondamentale parlare con i lavoratori per appurare disagi e sensazioni negative.

Oggi tutti guardano al prezzo, lavorare in chiave ergonomica, lo influenza?

Non è detto che una postazione, una linea di produzione o una confezione ergonomica costino di più o che una maggior sicurezza penalizzi l’efficienza. Un risarcimento danni per malattia professionale, un alto tasso di assenteismo ascrivibile a malesseri riconducibili ad una postazione mal progettata possono pesare notevolmente sul bilancio aziendale.

E’ peraltro vero che un consulente “può portare il cavallo alla fonte, ma non lo può costringere a bere”. Ci sono contesti che danno il giusto peso all’ergonomia e altri dove ogni suggerimento di miglioramento cade nel vuoto, il più delle volte solo perché cambiare una cattiva abitudine costa un po’ di fatica.

Come si interviene in questi casi?

Formando, spiegando, chiarendo i vantaggi dell’adottare sempre una postura corretta e movimenti atti a prevenire danni muscolo-scheletrici. Ogni suggerimento è frutto di una approfondita analisi organizzativa e di una corretta definizione di tempi e metodi produttivi. Sono progetti interessanti, uniscono competenze tecniche e creatività.

Ogni lavoratore è diverso per conformazione fisica, condizioni di salute, allenamento allo sforzo. E’ un lavoro intellettualmente stimolante per chi, come me, non ama la routine.

L’automazione ha portato dei miglioramenti?

Ha ridotto alcuni tipi di rischi, ma ci sono ancora ampi margini di miglioramento. L’industria ed i lavoratori stanno cambiando. L’età media delle maestranze aumenta e con essa i problemi ad articolazioni, vista, udito. Le mansioni routinarie sono spesso esternalizzate ed affidate a lavoratori con limitate conoscenze dell’italiano e conseguenti difficoltà di comprensione delle nozioni impartite durante la formazione tecnica in italiano.

Questo fenomeno è particolarmente diffuso in agricoltura. Inoltre, la sicurezza è percepita in modo diverso dai lavoratori esperti e da chi è al primo impiego.

IL PACKAGING ERGONOMICO

Quanto alla progettazione di un packaging ergonomico?

La progettazione va affrontata con una visione più ampia rispetto ai consueti tre principi base: contenere e proteggere il prodotto, macchinare l’imballaggio. Una confezione ergonomica deve proteggere il consumatore dal danno che il prodotto potrebbe procurargli, mi riferisco per esempio alle chiusure a prova di bambino.

Ogni qual volta sia possibile il rischio deve essere eliminato, l’eventuale rischio residuo deve essere ridotto e laddove permanga, deve esserci un invito a prestare attenzione. Una confezione davvero ergonomica non può prescindere dalle attitudini cognitive ed emozionali del fruitore. Le promesse vanno mantenute. Si pensi al senso di frustrazione di fronte ad una confezione easy open di fatto inapribile o alla pericolosità del chiedere al consumatore di prelevare cartoni di prodotto o fardelli di bottiglie direttamente dai bancali.

Questi ultimi dovrebbero garantire sempre un’accessibilità sicura e ripetibile. Un altro problema emergente è il multitasking. Distrae il consumatore e favorisce l’errore con conseguenze che il progettista di un packaging ergonomico deve saper prevedere.

LO SCHEMA ORGANIZZATIVO

Cosa servirebbe al settore alimentare per evolvere e continuare a crescere?

Tante piccole e medie imprese italiane pur crescendo in termini di fatturato, non si dotano per tempo di un efficace ed efficiente “schema” organizzativo, strutturale e di processo. E’ un punto debole in un contesto come l’attuale dove l’export è quasi un obbligo. Consiglio di non limitarsi alla ricerca del cliente/importatore giusto ma di informarsi a fondo anche sui requisiti fiscali/gestionali/finanziari/normativi del Paese di destinazione della merce.

Altrettanto importante è mettere bene a fuoco la futura gestione dei processi. Per le piccole e medie imprese è difficile accedere al mercato del credito o intercettare le occasioni di finanziamento a fondo perduto offerte dalla Comunità europea o da Venture Capitals di multinazionali interessare a investire in idee innovative. In questi casi, la collaborazione tra imprese sinergiche apporterebbe i vantaggi della grande dimensione, senza affievolire le singole identità.

Che consiglio darebbe ad un neo imprenditore del settore alimentare?

Fare della qualità un fattore distintivo, partendo da materie prime selezionate e processi di produzione garantiti. Come partire? Scegliendo consulenti che le aiutino a cogliere l’obiettivo. A buon intenditor…