Tra i parametri che determinano la qualità della carne destinata al consumo diretto oppure la sua idoneità a determinate lavorazioni, vi sono il contenuto di grasso, di proteine, di acqua e di collagene. Nel caso del grasso, per alcune preparazioni (salsicce e salami, hamburger, etc.) alla carne vengono aggiunte quantità determinate di grasso, oppure vengono miscelati tagli di carne contenenti percentuali di grasso diverse; pertanto conoscere l’esatta quantità di grasso già presente nella carne ha implicazioni sia per la buona riuscita del prodotto che per il risvolto economico. Spesso poi la percentuale di grasso di certi tali anatomici o di certe preparazioni di carne entra a far parte delle specifiche del capitolato contrattuale tra partner commerciali, e se non viene rispettata si può incorrere in penali economiche o rifiuto della merce.
L’indicazione della quantità di grasso e proteine entra inoltre a far parte dell’etichetta nutrizionale dei prodotti, le cui indicazioni sono state rese obbligatorie dal recente Regolamento UE 1169/2011 sull’etichettatura dei prodotti alimentari. Anche il contenuto di acqua risulta un parametro molto importante, soprattutto per quelle preparazioni di carne (per esempio alcuni salumi cotti quali il prosciutto cotto) dove viene aggiunta acqua durante il processo produttivo, in quantità massime che sono spesso regolamentate per legge (riportando eventualmente in etichetta il contenuto percentuale di carne) e/o da accordi commerciali. Infine, anche il contenuto di collagene può rivestire un importante ruolo nella qualità dei prodotti carnei: si tratta di una proteina meno nobile rispetto a quelle che compongono il muscolo, poiché deriva dai tessuti connettivi (tendini, cartilagini, legamenti, pelle, etc.), aggiunti in alcune preparazioni alimentari per il loro basso costo.
La presenza eccessiva di queste componenti può dare effetti negativi sull’aspetto e sulla texture del prodotto finito, quali zone gelatinose o presenza di grumi duri percepibili durante la masticazione. I metodi chimico-analitici classici in grado di determinare tali parametri sono pressoché sempre lunghi, laboriosi e costosi: per es. estrazione Soxhlet nel caso della determinazione dei grassi, metodo Kjeldahl per la determinazione delle proteine, metodo Karl Fisher per il contenuto di acqua e determinazione del contenuto di idrossiprolina per la misurazione indiretta del contenuto di collagene. Pertanto tali metodi non sono certo applicabili nella routine quotidiana degli stabilimenti di lavorazione carni (in particolare considerando che in alcuni casi, per es. se si mixano diversi tagli di carne per una certa preparazione, sarebbe addirittura necessario controllare i parametri in più punti del processo produttivo). Esistono tecniche in grado di effettuare tutte queste misurazioni (contenuto di grasso, proteine, acqua e collagene) in modo economico, veloce, accurato e senza necessità di frequenti calibrazioni. Tra queste spicca senz’altro la spettroscopia NIR (near infra red). Si tratta di una tecnica spettroscopica di assorbimento applicata in molti campi scientifici. Quando un fotone infrarosso (tipicamente con lunghezze d’onda da 1000 a 2500 nm) viene assorbito da una molecola, questa passa ad uno stato eccitato, dando un segnale visibile sullo spettro IR. Molte sono le applicazioni della spettroscopia NIR alle produzioni alimentari, tra cui anche il settore delle carni. Un’aliquota di carne può essere prelevata direttamente durante il processo produttivo, omogeneizzata ed analizzata dal NIR in pochi secondi, permettendo quindi di monitorare il processo produttivo seduta stante ed eventualmente apportare i necessari aggiustamenti: questo consente di avere lotti di prodotto con caratteristiche riproducibili, e di conseguenza un abbattimento delle non conformità e dei problemi commerciali. Le strumentazioni NIR attuali sono semplici da usare pertanto l’errore di misura introdotto dall’intervento umano risulta trascurabile. Vantaggi aggiuntivi presenti in alcune strumentazioni NIR sono rappresentati dall’applicabilità a tutti i tipi di carne (indipendentemente dalla specie), a diverse temperature (fresca, refrigerata, etc.), l’insensibilità a fattori ambientali quali umidità, grado di illuminazione e temperatura, la compattezza e leggerezza della strumentazione e la facilità di pulizia dello strumento dopo ogni misurazione. Gran parte degli strumenti sono poi dotati di software contenenti robusti algoritmi di calibrazione, e di interfacce che permettono il facile e rapido trasferimento dei dati ai PC (per es. porte USB), al fine di conservare i dati relativi ad ogni lotto per una buona tracciabilità interna del processo produttivo. Dopo un certo periodo di utilizzo, l’analisi dei dati storici immagazzinati consente di individuare i trends del processo, per es. periodi di “lean giveaway”, in cui l’addizione di grasso alla preparazione alimentare è stato troppo scarso, con effetto economico negativo per l’azienda produttrice. In quest’ottica, l’implementazione di un sistema NIR garantisce un rapido ROI (Return Of Investment). Ad alcuni sistemi NIR è anche possibile associare un sistema di lettura codici a barre, per velocizzare e rendere ancora più sicuro il collegamento tra campione analizzato e relative misurazioni ottenute al NIR. Una fase importante è la calibrazione iniziale dello strumento NIR, al fine di ottenere misurazioni accurate e sensibili: i filtri ottici vengono impostati in modo da registrare al meglio i picchi di assorbimento, a determinate lunghezze d’onda, tipici delle molecole di interesse; vengono inoltre minimizzati i segnali interferenti provenienti da tutti gli altri componenti della matrice alimentare. I quattro parametri discussi (contenuto di grasso, proteine, acqua e collagene) possono essere determinati contemporaneamente in un’unica misura NIR: ogni valore viene dato in % del totale. La misurazione più critica è attualmente quella del collagene, che risulta in genere attendibile solo se tale sostanza è presente in percentuali superiori all’1%. Alcuni strumenti possono essere impostati in modo da evidenziare le misurazioni che danno valori fuori dalle specifiche del processo produttivo (per es. contenuto eccessivo di grasso). Altri accorgimenti importanti per avere una misurazione NIR accurata sono quelli di omogeneizzare a fondo il campione, e di eseguire misure multiple (possibilmente prendendo piccole aliquote da punti diversi del contenitore o del nastro trasportatore, il più possibile distanti tra loro) calcolando poi il loro valore medio, affinché il dato abbia un valore statistico. In molti piani analitici aziendali sono comunque previste, a determinate cadenze temporali, analisi composizionali accurate che utilizzano i metodi di riferimento classici: tali analisi sono spesso costose e svolte da laboratori esterni. In genere viene riscontrata un’ottima correlazione tra i valori ottenuti con i metodi di riferimento e quelli ottenuti in linea con la strumentazione NIR.
Bibliografia
Accuracy of fat, moisture and protein measurements in meat – White Paper. NDC Infrared Engineering Ltd, 2011
G.F. Pedulli, Metodi fisici in chimica organica – Principi e applicazioni di tecniche spettroscopiche. Piccin editore, 1996