Alimenti

Nanotecnologie, prospettive e rischi

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Le nanotecnologie sfruttano le particolari proprietà possedute dalla materia quando le sue dimensioni scendono nell’ordine dei nanometri (da 1 a 100) in almeno una dimensione spaziale. Molti materiali, infatti, a tali dimensioni cambiano proprietà (per esempio solubilità) e comportamento, divenendo in generale più “efficaci” a parità di peso grazie all’enorme area superficiale tipica delle nanoparticelle.

Lo stesso nanomateriale può poi avere diverse proprietà chimico-fisiche a seconda della nanoforma (sfere, nanofogli, nanotubuli, nanofibre, etc.) di cui è composto. Lo sviluppo di tali tecnologie ha ricevuto notevole impulso negli ultimi decenni, nei campi più svariati: ingegneristico, biomedicale, cosmetico, dei materiali da imballaggio, etc.

La quantità annuale di nanomateriali sul mercato a livello globale è stimata attorno agli 11 milioni di tonnellate, con un valore di mercato attorno ai 20 bilioni di €, secondo il Commission Staff Working Paper on Nanomaterial Types and Uses europeo. Interessanti sono le potenziali applicazioni anche nel campo agricolo e alimentare.

Per quanto riguarda quest’ultimo, vi sono numerose applicazioni per il food packaging (si veda “Imballi alimentari: il futuro è nelle nanotecnologie?” Macchine Alimentari novembre 2012) e alcune idee molto promettenti anche per il food, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo di additivi alimentari in forma nano. Segue una lista di alcune delle possibili applicazioni:

–       additivi alimentari più efficaci: conservanti e stabilizzanti in forma nano sono distribuiti più capillarmente all’interno della matrice alimentare, esercitando il loro effetto in maniera più efficace. Questo permette di utilizzare quantità minori di sostanze, con minor rischio per le aziende alimentari di superare i limiti di legge e maggiore salubrità per i consumatori.

Per migliorare l’incorporabilità a matrici alimentari con le quali sarebbero scarsamente miscibili, è possibile formulare gli additivi sotto forma di micelle con diametro di circa 30 nm. Alcuni di questi sistemi possono anche essere ingegnerizzati al fine di dare un lento rilascio delle sostanze attive (per esempio conservanti), contribuendo così a prolungare la shelf life del prodotto.

–       Nuove textures e alimenti light: utilizzando additivi in forma nano, in particolare stabilizzanti ed emulsionanti, è possibile strutturare gli alimenti in maniera migliore o comunque diversa. Per esempio è possibile ottenere maionesi light nanostrutturate, oppure creme e gelati a basso contenuto di grassi, che mantengono la stessa cremosità dei loro analoghi più calorici.

Utilizzando invece additivi come il biossido di silicio nano, è possibile ottenere salse più fluide (per esempio ketchup) e quindi più facili da versare e distribuire. Per quanto riguarda le nanoemulsioni, la dispersione finissima delle goccioline dei vari componenti rende tali sistemi più stabili di quelli tradizionali, e a volte dotati di caratteristiche aggiuntive per esempio trasparenza. Per quanto riguarda invece le sospensioni, se gli ingredienti solidi sono aggiunti in forma nano la loro dispersione sarà finissima e senza grumi.

–       Colori più intensi e più facilmente miscibili e stabilizzabili: il loro utilizzo in forma nano permette di ottenere migliori proprietà coloranti a parità di quantità, e di distribuire e stabilizzare più facilmente il colore anche in matrici difficili (per esempio bevande oppure matrici alimentari per cui la molecola colorante ha scarsa affinità chimica). Tra i coloranti attualmente disponibili in forma nano spiccano quelli inorganici tra cui il biossido di titanio (colore bianco, utilizzabile per esempio per dare maggiore candore alla crosta di formaggi quali il Brie) e gli ossidi di ferro (vari colori disponibili).

–       Maggiore biodisponibilità di nutrienti e nutraceutici: vitamine, sali minerali, antiossidanti e altre sostanze benefiche aggiunge agli alimenti in forma nano sono assimilati più facilmente dall’organismo. La miscibilità alle matrici alimentari può essere migliorata veicolandoli all’interno di nano micelle, nano chiocciole o nanotubuli, la cui parte esterna può essere costituita per esempio da fosfolipidi o da proteine del latte idrolizzate. Inoltre in questo modo i nutrienti facilmente degradabili (per esempio antiossidanti, acidi grassi polinsaturi) saranno protetti durante i processi produttivi.

–       Mascheramento di sapori sgradevoli: la fortificazione con sostanze benefiche il cui sapore non si sposa bene con l’alimento può essere aggirata con la nano-incapsulazione: in questo modo è possibile aggiungere pressoché qualsiasi sostanza a qualsiasi matrice, per esempio olio di pesce ricco di omega-3 ai prodotti da forno, senza che si avvertano sapori anomali o sgradevoli.

–       Riduzione del quantitativo di sale: usando cloruro di sodio i cui cristalli sono di dimensioni piccolissime, la sensazione gustativa, a parità di quantità di sale, sarà molto più intensa.

–       Alimenti interattivi: vi sono anche sviluppi estremamente sofisticati ed avveniristici delle nanotecnologie alimentari, tra cui la creazione di alimenti o bevande addizionati di nanocapsule, privi inizialmente di particolari odori, sapori e colori. Trattati al microonde per diversi periodi di tempo o a diverse frequenze si attivano in modo selettivo solo una parte di nanocapsule, mentre le altre rimangono latenti. In questo modo vengono rilasciati solo alcune caratteristiche organolettiche, oppure quantità mirate di nutraceutici, permettendo al consumatore di ottenere un alimento “su misura”.

L’impiego di nanoparticelle negli alimenti suscita però non poche controversie sia nei consumatori che nei ricercatori, poiché il comportamento di queste sostanze all’interno dell’organismo umano, e di conseguenza il loro profilo di sicurezza, non sono ancora totalmente conosciuti. A causa delle ridotte dimensioni, le nanoparticelle sono infatti in grado di superare facilmente le barriere epiteliali di cute, apparato respiratorio, sistema nervoso e apparato gastrointestinale, distribuendosi facilmente e rapidamente in tutto l’organismo.

Il loro comportamento e il loro effetto potrebbero essere diversi, e potenzialmente più tossici, rispetto alla stessa sostanza se assunta in dimensioni “convenzionali”. Vari enti di ricerca in tutto il mondo sono al lavoro per sviscerare tali problematiche, compreso l’Istituto Superiore di Sanità italiano, coinvolto assieme ad altri Paesi nell’iniziativa europea Nanogenotox (www.nanogenotox.eu), che ha come obiettivo lo studio della tossicocinetica, biodistribuzione e genotossicità di alcuni nanomateriali.

È però ancora difficile stabilire metodi di analisi affidabili e applicabili a tutti i materiali: spesso è necessario procedere con una valutazione “caso per caso”. Le tecniche analitiche per la determinazione della presenza di nanoparticelle (che si avvalgono molto spesso della microscopia elettronica) sono infatti ancora complesse e non standardizzate, e nel caso di matrici composite come quelle alimentari la determinazione risulta ancora più difficoltosa. Attualmente non vi è ancora l’obbligo di riportare in etichetta la presenza di ingredienti o additivi in forma nano, almeno per quanto riguarda gli alimenti, mentre per i cosmetici (Reg. EC 1223/2009) tale obbligo vi sarà a partire dal 2013.

Bibliografia

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