Oggi lo sviluppo di alimenti funzionali è una vera e propria sfida per l’industria alimentare: questi prodotti devono soddisfare l’aspettativa del consumatore che reclama con crescente interesse cibi contemporaneamente sani e appetibili. La diretta conseguenza è la necessità di una grande varietà di conoscenze, anche e soprattutto tecnologiche, per soddisfare le esigenze e le aspettative di questo settore. La pasta, piatto tradizionale per eccellenza della cucina italiana, è prodotta generalmente dalla farina di semola di grano duro, riconosciuta come l’ingrediente più idoneo per tale lavorazione. Questo alimento, oltre a essere economico, rappresenta un’importante fonte di carboidrati complessi ed è possibile realizzarlo attraverso alcuni passaggi fondamentali, che si possono riassumere nella fase di miscelazione della farina con acqua, a cui fa seguito l’estrusione e lo stampaggio dell’impasto, che, alla fine, viene sottoposto al trattamento di essiccamento. La pasta con ideali proprietà fisiche e sensoriali è caratterizzata da un impasto tenace ed elastico, da un’elevata resistenza alla trazione nella forma disidratata, da perdite minime durante la fase di cottura, e infine, da una minima viscosità e ragionevole consistenza al termine della preparazione. In ogni caso, è bene sottolineare che il mercato della pasta potrebbe avere nuovi input e aumentare la produzione, e di conseguenza le rendite, se venissero utilizzati ingredienti alternativi, o comunque meno conosciuti, insieme a tecnologie all’avanguardia. Tuttavia, l’aggiunta di materie prime differenti, nella preparazione dell’impasto, implica spesso cambiamenti a vari livelli nel processo produttivo. In particolare, è necessario che sia le formulazioni degli impasti, sia gli aspetti tecnologi del processo, vengano bilanciati e adattati correttamente. Questo per prevenire eventuali cambiamenti nelle proprietà reologiche e sensoriali della pasta, causati appunto dall’aggiunta di questi nuovi ingredienti.
Perché è importante che la pasta sia fortificata?
La pasta è caratterizzata dall’assenza di colesterolo, da un basso contenuto di sodio e di grassi e dalla ricchezza in carboidrati complessi; tuttavia, è povera in fibre e carente in alcuni amminoacidi essenziali, quali lisina e treonina. Per rafforzare e quindi migliorare la composizione nutrizionale, questo alimento può essere fortificato grazie a ingredienti non tradizionali. Il successo e la diffusione della pasta dipendono, infatti, anche dalla possibilità di aggiungere integratori come legumi, farina di semi di cotone, albumina d’uovo, proteine del siero del latte o di lievito, semi di colza, concentrati proteici di pesce e farina di foglie di amaranto disidratate. Questi ingredienti sono interessanti sia come fonti di fibre e proteine, per soddisfare la domanda di cibo sano e bilanciato da un punto di vista nutrizionale, sia per una vasta gamma di opportunità per l’industria alimentare, che potrebbe così migliorare la qualità della pasta in fase di cottura e le caratteristiche strutturali del prodotto finale. La qualità e le caratteristiche nella fase di cottura della pasta dipendono dalle proprietà dell’impasto e, in particolare, dal rapporto proteine-amido nel prodotto finale estruso: elementi quali la consistenza, le perdite in cottura e la viscosità della pasta, possono essere associati al contenuto proteico dell’impasto, alla forza del glutine, così come alla composizione dell’amido. Quest’ultimo, inoltre, subisce modifiche nella struttura, qualora si verifichino processi di gelatinizzazione e di retrogradazione, anche a causa dei trattamenti tecnologici. Di conseguenza, potrebbero insorgere alcuni problemi nella preparazione della pasta addizionata di materie prime non usuali: è necessaria, quindi, una scelta accurata degli ingredienti che, non solo non devono modificare le proprietà sensoriali e tecnologiche del prodotto, ma che devono anche essere adeguate ed equilibrate per apportare un miglioramento di queste ultime. Ad esempio, l’incorporazione di polisaccaridi non amilacei (NSP) nella miscela dell’impasto avrebbe un effetto sul legame nella matrice tra proteine e amido, rendendolo più resistente, portando a influenzare la qualità di cottura della pasta. In particolare, i NSP solubili sono stati utilizzati nell’industria alimentare come addensanti e stabilizzanti: molti di questi, come guar e xantano, sono in grado di creare soluzioni molto viscose e di formare un gel grazie a legami complessi con le componenti proteiche e con l’amido, modificando così la struttura dell’alimento. Mentre i NSP insolubili tendono a essere maggiormente usati come riempitivi: in generale, infatti, questi additivi non hanno la capacità di formare strutture simili a gel in associazione con altre componenti e possono, quindi, causare la perdita di stabilità nel prodotto finale. Tra queste materie prime non tradizionali, i legumi rappresentano un’interessante fonte di proteine, fibre, vitamine e minerali, tuttavia, un elevato livello di sostituzione (35% p/p) può diminuire la qualità della pasta. Per esempio, fortificando fino al 10% con farina di lupino o farina di ceci la pasta risulta generalmente ben accetta, ma, ad un livello di sostituzione maggiore, si presentano variazioni negative sulla qualità in cottura, come perdite superiori e maggiore collosità, unite alla scarsa accettabilità delle caratteristiche sensoriali. È dimostrato, inoltre, che l’aggiunta nella pasta di fibre insolubili di pisello, pari al 7,5%, aumenta la suscettibilità dell’amido agli enzimi digestivi, a causa della rottura della rete proteica che ne ingloba i granuli. Da notare che, la pasta con alto contenuto di proteine, in particolare di lisina, può essere ottenuta aggiungendo fino al 35% di farina di soia, senza effetti negativi sul gusto e sulla consistenza; ciò potrebbe portare a una maggiore accettabilità dei prodotti alimentari a base di soia. Parametri accettabili per quanto riguarda la qualità in cottura, sono stati ottenuti in campioni contenenti farina non convenzionale di amaranto, grano saraceno e lupino fino al 30%. Tuttavia, l’aggiunta di farina di grano saraceno superiore al 30%, per produrre pasta essiccata, è responsabile dell’alta fragilità prima della cottura, di rilevanti perdite nell’acqua e di una struttura piuttosto debole dopo la cottura. Pertanto, la sostituzione della semola di grano duro con livelli significativi di farine di leguminose, richiede un adattamento preliminare su scala pilota del processo di produzione della pasta. Infatti, un livello d’idratazione inferiore e una maggiore velocità di miscelazione sono necessari per limitare l’agglomerazione delle particelle durante l’accorpamento degli ingredienti, facilitando così la successiva estrusione della pasta. Inoltre, la fortificazione con queste farine ha un notevole impatto sulla qualità della pasta durante la cottura: l’introduzione di proteine senza glutine, e di fibre ne influenza, infatti, la struttura e di conseguenza le caratteristiche sensoriali e le proprietà strutturali. Precisamente, l’introduzione della farina di legumi abbassa il tenore in glutine e indebolisce, di conseguenza, la rete proteica. Un modo per ridurre gli effetti negativi della sostituzione della farina di grano duro è quello di aggiungere un idrocolloide come emulsionante, ad esempio carragenina e gomma di guar, che interagiscono con l’amido e le diverse proteine migliorando la viscosità dell’impasto e la consistenza del prodotto finito. Come già detto, la gomma di guar è spesso aggiunta agli alimenti come addensante, agente legante o stabilizzante, poiché si disperde facilmente in acqua e forma soluzioni viscose. Anche i galattomannani possono influenzare la microstruttura degli alimenti rivestendo con uno strato mucillaginoso i granuli di amido, riducendo in tal modo il grado di degradazione degli alimenti. Infine le molecole di carbossimetilcellulosa, utilizzate solitamente come sali di sodio, presentano elevata solubilità in acqua fredda e risultano ottimi regolatori per il controllo della viscosità, senza comportare gelificazione negli alimenti.
Conclusioni
Non vi è dubbio che lo sviluppo degli alimenti funzionali abbia un grande interesse da parte dei consumatori, delle industrie, dei governi e delle università: gli esperti dichiarano quotidianamente che l’unica speranza per il futuro delle imprese risiede nella capacità di una continua innovazione. In tale contesto, lo sviluppo di nuovi prodotti funzionali risulta essere una vera e propria sfida, in quanto questi alimenti devono soddisfare l’aspettativa del consumatore che reclama con crescente interesse cibi buoni e sani. La diretta conseguenza è che sono necessarie una grande varietà di conoscenze, anche e soprattutto tecnologiche, per soddisfare le esigenze e le aspettative di questo settore. Il primo gruppo è costituito da tecnologie tradizionalmente utilizzate nel processo di produzione, per esempio nella formulazione e nella miscelazione degli ingredienti; il secondo è costituito da quelle che tentano di modificare la struttura per prevenire il deterioramento dei composti fisiologicamente attivi. Infine, il terzo gruppo è costituito dalle tecnologie recenti, finalizzate a progettare e realizzare alimenti ad alto valore aggiunto, magari in funzione di un certo target di consumatori. Comunque, il successo commerciale è funzione di molteplici parametri, quali il gusto, l’aspetto, il prezzo e le informazioni nutrizionali richieste dai consumatori. In sintesi, l’industria alimentare deve tenere in considerazione molte variabili, a volte anche incompatibili tra loro, per sviluppare o riprogettare un prodotto funzionale.