Biscotti e impasti morbidi

Lievitanti, tutti i segreti degli agenti chimici

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Gli agenti di diluizione

Insieme alla carrier ed all’agente di rilascio della CO2, nei prodotti pronti all’uso che si trovano in commercio vengono utilizzati componenti di separazione per prevenire la prematura produzione di CO2. Questi possono essere amidi, farine, calcio carbonato o qualsiasi miscela di prodotti inerti che possano svolgere questa funzione. Perché si utilizzano questi prodotti:

1. per prevenire la generazione premature di CO2 ;

2. per aumentare la shelf life della polvere lievitante;

3. per standardizzare il prodotto.

E’ chiaro che l’elemento più critico di questi agenti è l’umidità. E’ opportuno quindi che l’umidità non sia superiore al 7% e che la qualità degli imballi usati per confezionare il prodotto finito non consenta l’assorbimento di umidità dall’esterno. Nei lieviti utilizzati negli impasti di torte pronti all’uso che in questi ultimi anni hanno avuto larga diffusione presso i consumatori, vengono utilizzate polveri lievitanti dove i componenti sono stati pretrattati con un processo di rivestimento con grassi. Si ricorre a questo tipo di trattamento dato che l’impasto  ha un contenuto in acqua che si aggira intorno al 30 che causerebbe la perdita di sviluppo del prodotto nonostante la temperatura di conservazione si aggira intorno ai 4°C.

Le nuove normative riguardo al SAPP

La versatilità del SAPP come acido è legata all’ampio range di prodotti con ROR crescenti da 10 fino a 40. I SAPP con range da 10 a 20 vengono denominati “slow acting” SAPP. I prodotti con ROR basso vengono ottenuti con l’aggiunta di ioni metallici ed in particolare ioni di alluminio. La preoccupazione crescente che questi ioni possano avere effetti negativi sulla salute dei consumatori dal punto di vista della sicurezza alimentare, hanno portato a limitare l’uso dell’alluminio in questi prodotti. Nel 2006 il tutto era iniziato con la WHO e la JECFA che hanno ridotto il valore di assunzione settimanale, denominata Provisional Tolerable Weekly Intake (PTWI) dell’alluminio da 7 mg/kg a 1 mg/kg. Il nuovo regolamento EU 231/2012, pubblicato a marzo di quest’anno, ha rivisto in questo senso la purezza dei fosfati considerando il contenuto in alluminio e di altri contaminanti. I nuovi criteri di purezza prevedono per il SAPP (E450i) i nuovi limiti:

  • alluminio: max. 200 ppm;
  • arsenico: ridotto da 3 ppm a 1 ppm;
  • piombo: ridotto da 4 ppm a 1 ppm.

La sfida già raccolta dai colossi di questo settore ha portato allo sviluppo di nuovi SAPP con nuovi standard che riproducono comunque le prestazioni in termini di ROR e di valori di neutralizzazione, a beneficio dei consumatori che vedranno ridurre l’assunzione di contaminanti e per l’industri alimentare che sembra non dovrà subire costi aggiuntivi per riformulare le ricette.

Sfide per il futuro

Così come per il petrolio anche per il fosforo minerale si prevede un declino. La produzione mondiale è concentrata in 5 paesi che coprono il 90% del fabbisogno mondiale.

Figura 2: Curva di Hubbert della produzione del fosforo (fonte: Cordell, Drangert and White, 2009) 

Così come per il petrolio e per le fonti non rinnovabili le rocce fosfatiche seguiranno un andamento a parabola, come descritto dalla curva di Hubbert in figura 2. Mentre per sostituire il petrolio si stanno già adottando soluzioni alternative, per il fosforo la cosa è più complicata in quanto non esistono alternative in natura ne si può sintetizzare questo elemento in laboratorio. La sfida per il futuro è lanciata. Fu per primo Franklin D. Roosevelt che, nel 1938, avvertì il Congresso di questo rischio. Questa carenza, ha detto Roosevelt, potrebbe diminuire la quantità e la qualità delle coltivazioni, “mettendo a rischio la salute fisica e la sicurezza economica degli americani”. Da quanto emerge dai dati, oggi la situazione non è migliorata, anzi.

Bibliografia