Carni

Impiego di antimicrobici e antiossidanti naturali

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Sempre più spesso i consumatori ricercano alimenti clean label, la cui etichetta sia cioè semplice, facilmente comprensibile, costituita da ingredienti “genuini” e priva di additivi “di sintesi”. Molte aziende alimentari pertanto si pongono sempre più spesso l’obiettivo di soddisfare tale crescente esigenza, anche se spesso questa mal si concilia con altre esigenze altrettanto sentite dai consumatori quali lunga shelf life e caratteristiche organolettiche sempre impeccabili. Garantire, infatti, buona conservabilità agli alimenti, specialmente se deperibili come quelli a base di carne, risulta pressoché impossibile senza l’utilizzo di additivi quali conservanti, stabilizzanti, antiossidanti etc. Una buona strategia consiste nello sfruttare le proprietà conservanti, antimicrobiche e antiossidanti possedute da numerose sostanze naturali, la cui presenza in etichetta sarà quindi percepita positivamente dai consumatori. Si tratta spesso di sostanze che uniscono all’azione positiva sulla conservabilità del prodotto anche un profilo organolettico ben compatibile o addirittura migliorativo del prodotto stesso, come nel caso di spezie quali pepe o rosmarino, particolarmente idonee ad essere abbinate ai prodotti carnei. Tra l’altro spesso tali sostanze hanno il vantaggio di avere lo status di GRAS (Generally Recognized As Safe), per cui il loro utilizzo non deve sottostare a particolari limiti quantitativi. Tra le possibili sostanze naturali applicabili ai prodotti carnei vi sono:

–          Oli essenziali da piante aromatiche. Piante ricche di oli essenziali quali maggiorana e rosmarino sono state utilizzate su prodotti a base di carne (in quantità di 200 mg/kg), e hanno dimostrato proprietà non solo antimicrobiche e di miglioramento organolettico del prodotto, ma anche di stabilizzazione dei lipidi contenuti nella carne stessa (1). Tra l’altro il prodotto carneo testato era costituito da carne separata meccanicamente, particolarmente sensibile, proprio per la tecnologia produttiva con cui viene ottenuta, a una rapida degenerazione microbiologica ed organolettica. Tra le spezie più utilizzate per conservare e insaporire i salumi non va poi dimenticato il pepe (Piper nigrum). Due sostanze estratte dal pepe, la piperina e l’acido piperico, sono entrambe dotate di potere antimicrobico e antiossidante (2). Altri oli essenziali dotati di proprietà antimicrobiche e antiossidanti, già utilizzati con successo per prolungare la shelf life di prodotti carnei, sono quelli ottenuti da agrumi (in particolare limone), origano e timo (entrambi ricchi di carvacrolo, monoterpene fenolico con noto potere antiossidante), salvia, aglio, senape, basilico, menta, tè verde, e numerose altre “spezie”. In effetti l’utilizzo delle spezie per migliorare la conservabilità delle carni e dei salumi è noto e adottato da secoli, molto prima che si conoscessero i principi attivi responsabili di tali effetti positivi.

–          Concentrato di pomodoro. L’aggiunta di concentrato di pomodoro all’impasto di mortadella ne migliora stabilità (in particolare rallentando l’ossidazione lipidica) e durata della shelf life, grazie al potere antiossidante tipico del licopene, di cui il concentrato di pomodoro è ricco. Non sono inoltre stati riscontrati effetti negativi (con concentrazioni variabili dal 2 al 10%) sulle caratteristiche organolettiche del prodotto quali colore, odore, sapore, texture e gradimento da parte dei consumatori (3). Il concentrato di pomodoro, per colore, consistenza e sapore, è promettente anche per varie applicazioni ad altri salumi e prodotti a base di carne, soprattutto quelli che richiederebbero comunque l’aggiunta di un colorante rosso.

–          Batteri lattici, acido lattico e batteriocine. I batteri lattici hanno dimostrato effetto antagonista verso vari batteri patogeni. In un recente studio, alcuni ceppi di batteri lattici sono stati inoculati in salsicce contemporaneamente a Listeria monocitogenes, causandone una significativa riduzione logaritmica rispetto al controllo (salsicce con Listeria ma senza batteri lattici) dopo 8 settimane di conservazione refrigerata. Un effetto inibitorio molto buono è stato ottenuto anche aggiungendo all’impasto delle salsicce un estratto di colture di batteri lattici privo di cellule ma ricco in lattato e diacetato. È anche possibile il contemporaneo utilizzo di acido lattico e colture di batteri lattici, poiché queste ultime non sono ovviamente inibite da tale sostanza e dal basso pH da essa generato (4). Oltre all’acido lattico, alcuni ceppi di batteri lattici sono in grado di produrre batteriocine, sostanze di natura proteica dotate di vero e proprio potere antibimicrobico, che possono avere interessanti applicazioni come conservanti alimentari (5). La nisina è forse la sostanza più nota tra le batteriocine, già da tempo approvata per numerose applicazioni in ambito alimentare.

Una ulteriore opzione è rappresentata dalla possibilità di incorporare le sostanze naturali antimicrobiche e antiossidanti non nell’alimento come tale, bensì nel suo imballaggio. In tal modo l’impatto sensoriale sul prodotto alimentare sarebbe mitigato, senza che venga troppo diminuito il potere conservativo della sostanza. Gli imballaggi possono rilasciare sostanze verso l’alimento in vari modi: queste possono essere presenti all’interno di specifici congegni emettitori, oppure essere inglobate direttamente nel film plastico di cui è costituito l’imballo e da cui vengono rilasciate in maniera più o meno controllata. Questi imballi particolari fanno parte del mondo del packaging attivo, cioè un imballaggio in grado di modificare favorevolmente le caratteristiche e la conservabilità dell’alimento in esso contenuto, per es. estendendone la shelf life tramite rilascio o viceversa assorbimento di sostanze, con il risultato di ostacolare la proliferazione microbica. Le “interazioni” del packaging attivo con l’alimento devono però essere tali da non mascherare intenzionalmente un eventuale deperimento del prodotto. Gli imballaggi attivi sono regolati a livello europeo, assieme a quelli intelligenti, non solo dal Regolamento “quadro” sulla sicurezza del packaging alimentare (n. 1935/2004) e dal Regolamento n. 10/2011 dedicato ai materiali plastici, ma anche in modo specifico dal Regolamento 450/2009. Sebbene il packaging attivo sia ancora poco diffuso sul mercato (in particolare nel nostro Paese), a causa dei suo costo elevato e della generale diffidenza non solo dei consumatori ma anche delle aziende alimentari, la ricerca è viva e in continua evoluzione. Le applicazioni che lo utilizzano per rilasciare verso l’alimento sostanze naturali dotate di effetto conservante e stabilizzante sono attualmente quelle che stanno riscuotendo maggiore successo.

Bibliografia

1) Mohamed H.M.H., Mansour H.A., 2012. Incorporating essential oils of marjoram and rosemary in the formulation of beef patties manufactured with mechanically deboned poultry meat to improve the lipid stability and sensory attributes. LWT – Food Science and Technology, 45(1):79-87

2) Zarai Z. et al., 2013. Antioxidant and antimicrobial activities of various solvent extracts, piperine and piperic acid from Piper nigrum. LWT – Food Science and Technology, 50(2):634-641

3) Doménech-Asensi G. et al., 2013. Effect of the addition of tomato paste on the nutritional and sensory properties of mortadella. Meat Science, 93(2):213-219

4) Koo O.K. et al., 2012. Antimicrobial activity of lactic acid bacteria against Listeria monocytogenes on frankfurters formulated with and without lactate/diacetate. Meat Science, 92(4):533-537.

5) Zacharof M.P. and Lovitt R.W., 2012. Bacteriocins Produced by Lactic Acid Bacteria – a Review. APCBEE Procedia, 2:50-56