Aromi alimentari, recenti sviluppi normativi

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Gli aromi occupano spesso l’ultima posizione nell’elenco degli ingredienti, ma a dispetto di questo posizione svolgono un ruolo importantissimo: per rendersene conto basta guardare le etichette dei prodotti esposti sugli scaffali di un qualsiasi supermercato e notare come quasi tutti contengano aromi tranne alimenti quali ortofrutticoli freschi, olio, latte, uova, pasta secca, miele e pochi altri. In particolare gli alimenti confezionati dotati di shelf life prolungata necessitano di aromi affinché il loro profilo sensoriale sia soddisfacente e inalterato nel tempo: anche un prodotto preparato con i migliori ingredienti non sarà in grado di superare la “prova del tempo” e mantenersi gradevole per molti, senza aromi aggiunti. La questione è tecnica perché il processo industriale e la prolungata shelf life comportano l’inevitabile perdita delle note aromatiche, perdita contrastata con l’aggiunta di aromi in grado di restituire al prodotto il flavour originale, o quello che il consumatore si aspetta come tale. Non è esagerato dire che il successo di prodotti molto noti sul mercato è dovuto non solo alle giuste operazioni di marketing ma anche al loro profilo aromatico particolarmente azzeccato. Il profilo aromatico di un certo alimento è spesso dato da miscele di decine di molecole (per esempio l’odore della fragola è composto da oltre 200 molecole, 600 sono quelle caratterizzanti i cioccolato e oltre 900 quelle dell’aroma complesso del caffè tostato), che chimicamente sono classificate come terpeni, alcoli, aldeidi, chetoni, etc. Si tratta in genere molecole piuttosto piccole e dotate di elevata volatilità, caratteristica indispensabile per raggiungere il naso e avere quindi un aroma marcato. L’industria aromatiera individua queste molecole, le ricostruisce in laboratorio le mette a disposizione delle aziende alimentari. Per ottenere una nota aromatica buona e persistente simile a quella naturale occorrono miscele aromatiche complesse, e i costi ovviamente lievitano, soprattutto in caso di aromi naturali; va però detto che è sufficiente aggiungere gli aromi in quantità molto piccole al prodotto poiché il naso ha spiccata sensibilità verso tali molecole. La formulazione degli aromi è un’arte, per esempio non è sufficiente parlare banalmente di “aroma fragola” ma è possibile distinguere tra note aromatiche di fragola matura, fragolina di bosco, etc. Le complicazioni poi aumentano perché le molecole da aggiungere ad un certo alimento devono adattarsi alla perfezione ad esso, e quindi essere liposolubili se l’alimento è ricco di grassi o viceversa perfettamente solubili nel caso di aromi per bevande, o ancora molecole resistenti alle alte temperature senza che la loro nota aromatica ne venga distorta nel caso di aromi per prodotti da forno o comunque prodotti che subiscono trattamenti termici durante la loro produzione industriale. Per quanto riguarda gli aspetti normativi, a differenza degli altri additivi alimentari, che sono regolamentati in modo molto specifico e accompagnati dai cosiddetti “E-numbers” al fine di garantirne una codificazione univoca, nel caso degli aromi la situazione è sempre stata più nebulosa. In parte ciò è dovuto alla necessità di riservatezza industriale che caratterizza gli aromi, che spesso sono la chiave del successo commerciale di un certo prodotto.

Proprietà aromatizzanti

Fino a pochi mesi fa la normativa di riferimento a livello europeo era rappresentata principalmente dal Regolamento Europeo 1334/2008 su “aromi e ingredienti alimentari dotati di proprietà aromatizzanti”. In ottobre 2012 (con applicabilità da aprile 2013) è entrato in vigore il nuovissimo Regolamento Europeo 872/2012, che in particolare introduce una nuova lista positiva di aromi: tutte le sostanze al di fuori di tale lista non potranno essere usate. Contemporaneamente è stato emanato anche il Regolamento Europeo 873/2012, che contiene una serie di misure transitorie. La lista positiva contiene oltre 2500 sostanze autorizzate, di cui 400 restano per il momento sul mercato in attesa di conclusiva valutazione tossicologica da parte dell’EFSA (European Food Safety Authority). La presenza di tale lista rappresenta un importante passo in avanti per quanto riguarda la sicurezza degli aromi, poiché si tratta di sostanze che hanno subito un approfondito esame per quanto riguarda la loro sicurezza. Va però precisato che per il consumatore non vi sarà un immediato riscontro per l’introduzione della nuova normativa, né un’aumentata trasparenza in etichetta: la dicitura rimarrà comunque molto generica: “aromi” nel caso di sostanze di sintesi quindi gli aromi artificiali e quelli natural-identici, oppure “aromi naturali” nel caso di sostanze estratte da fonti naturali. Sono infatti molto pochi i produttori che decidono volontariamente di indicare il tipo di aromi utilizzati, e in genere ciò viene fatto solo quando tale informazione aumenta il pregio del prodotto (per esempio “con aroma di vaniglia naturale”). La presunta totale innocuità degli aromi naturali, se non altro rispetto a quelli artificiali, va però ridimensionata per vari motivi: innanzitutto vi sono numerose sostanze del tutto naturali usate a scopo aromatizzante che sono dotate di una certa tossicità: basti citare la caffeina del caffè, la cumarina della cannella, il metileugonolo del basilico, il mentofurano della menta, la miristicina e l’apiolo del prezzemolo, gli idrocarburi policiclici aromatici che si sviluppano durante la combustione naturale del legno usato per l’affumicatura, l’acido cianidrico delle mandorle amare e l’estragolo dei semi di finocchio (le tisane al finocchio tra l’altro sono utilizzate abbondantemente proprio da donne in gravidanza e bambini piccoli, nonostante il rischio di cancerogenicità per il quale non vi è la dovuta informazione). Inoltre spesso, per estrarre gli aromi naturali dai tessuti vegetali o animali in cui sono contenuti, vengono utilizzati solventi e additivi le cui tracce possono rimanere nell’estratto: per questo motivo vari aromi natural-identici presentano un profilo sia di sicurezza che di stabilità e standardizzazione dei lotti (caratteristiche molto importanti per l’industria alimentare utilizzatrice) migliori rispetto agli aromi naturali ottenuti per estrazione. Nonostante il nuovo Regolamento rappresenti un notevole passo in avanti per quanto riguarda la sicurezza degli aromi, alcuni ricercatori avanzano perplessità sui metodi di valutazione adottati dall’EFSA nello stilare la lista positiva: per esempio solo pochissime sostanze (meno di 10) sono state escluse a causa della loro comprovata tossicità, inoltre per stimare l’assunzione media di aromi da parte dei consumatori ci si è basati sui volumi di produzione dichiarati dalle industrie alimentari. Questa stima è considerata grossolana e soprattutto non abbastanza tutelante nei confronti delle categorie a rischio quali in particolare i bambini: gli alimenti industriali a loro rivolti contengono molto spesso aromi, e non si parla soltanto di caramelle e merendine. Infatti anche gli alimenti dedicati in modo specifico a bambini e lattanti contengono aromi, compresi i latti formulati e i biscotti prima infanzia (che è praticamente impossibile reperire sul mercato privi di aromi), per non parlare di omogeneizzati e pappe pronte. Ciò comporta un’assunzione elevata di tali sostanze. i bambini infatti, poiché sono in fase di crescita, ingeriscono una maggior quantità di cibo e bevande in proporzione al loro peso corporeo, spesso all’interno di regimi monotoni che li portano a mangiare frequentemente le stesse cose: per questo raggiungono più facilmente degli adulti le dosi che creano un rischio per la salute. A ciò va aggiunta la loro vulnerabilità intrinseca dovuta al fatto che i loro organi non sono ancora del tutto maturi.