Cogenerazione e trigenerazione

Come risparmiare energia nell’industria alimentare

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Non sempre è possibile raggiungere, con tale accoppiamento, le temperature necessarie per la cottura e per la refrigerazione, in tal caso è necessario comunque abbinare sistemi ausiliari che lo consentano, ma questi dovranno solo integrare la quota energetica mancante, consentendo quindi un risparmio. Il rendimento infatti aumenta in maniera esponenziale rispetto ai metodi tradizionali, con risparmi energetici anche del 60%. Non ci sono dubbi sui vantaggi, in termini di rendimento energetico, che cogenerazione e trigenerazione hanno rispetto alla produzione separata di energia elettrica e termica. Proprio perché questi vantaggi sono originati da una produzione combinata, è necessario che l’energia termica disponibile possa essere utilizzata nel ciclo produttivo dello stabilimento in cui essa si colloca. Ciò comporta la localizzazione degli impianti di cogenerazione in prossimità delle aree produttive, evitando così costi di trasporto dei carburanti, perdite e accise. Cogenerazione e trigenerazione diventano poi tecnologie ancora più economiche per l’azienda e ancora più virtuose dal punto di vista dell’impatto ambientale se utilizzano, anziché combustibili fossili, sostanze quali biogas o scarti vegetali, combustibili cioè ottenuti a partire da materiali di scarto. Non di rado questi materiali possono consistere proprio in byproducts dell’azienda alimentare stessa (per esempio bucce e altri scarti vegetali, siero di latte, scarti di lavorazione di carne e pesce, deiezioni animali, etc.), rendendo così l’azienda energeticamente autosufficiente. Un ulteriore notevole vantaggio è rappresentato dal fatto che si eviterebbero i costi di smaltimento spesso associati alla gestione degli scarti. La lista di scarti utilizzabili a scopo energetico è notevole e in continuo ampliamento, e comprende anche materiali particolari come i sottoprodotti della distillazione del whisky, da cui si ottiene biobutanolo per fermentazione batterica. Il biobutanolo ha una maggiore resa energetica rispetto al bioetanolo, e spesso può essere utilizzato su impianti costruiti per i combustibili fossili senza che siano necessarie profonde modifiche. Anche gli scarti dell’uva (vinacce, fecce e potature delle viti) derivanti dalla produzione del vino e della grappa si possono usare per produrre energia, e ci sono aziende che hanno investito in tal senso già dai lontani anni ’70: esistono impianti a biomasse in grado di generare sia energia termica che elettrica atte a soddisfare non solo il 100% delle necessità aziendali, ma è possibile in alcuni casi ottenere un surplus energetico atto addirittura a soddisfare le esigenze energetiche della popolazione circostante.

Bibliografia

A.M. Foster et al., 2011. Air cycle combined heating and cooling for the food industry. International journal of refrigeration, 34:1296-1304.

Sitografia

www.ibtgroup.it; www.celtic-renewablesempiocom; www.tullibardine.com; www.caviro.it; www.gruppohera.it; www.agroenergia.eu; www.enea.it

 

Rita Lorenzini