Industria del caffè: valorizzazione dei sottoprodotti ed utilizzo di tecnologie a raggi X

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L’industria del caffè produce grandi quantitativi di sottoprodotti (costituiti principalmente da gusci, bucce e polpa) ricchi di carboidrati, proteine, pectine e composti bioattivi come i polifenoli. In uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori indiani (Murthy & Madhava Naidu, 2012), vengono riassunte le principali strategie proposte per la valorizzazione di tali sottoprodotti, evidenziando gli aspetti sia economici, sia ambientali. Nel lavoro vengono, dapprima, descritti i principali metodi di lavorazione del caffè, ossia il metodo umido ed il metodo secco. Tali metodi producono diversi tipi di sottoprodotti che possono essere utilizzati per differenti scopi. Secondo gli autori, ad oggi, le applicazioni che coinvolgono questi residui sono ancora limitate al campo dei fertilizzanti o dell’alimentazione animale. Tuttavia, tali applicazioni sono in grado di sfruttare solamente una parte degli enormi quantitativi disponibili di questi sottoprodotti ed i metodi utilizzati non sono particolarmente efficienti. Studi recenti propongono il loro utilizzo come substrato in diversi bioprocessi o nel settore del cosiddetto vermicompost. In alcuni casi, è stato dimostrato che, dopo opportuni trattamenti di detossificazione, la polpa e i gusci possono essere utilizzati per ottenere prodotti ad alto valore aggiunto come enzimi, acidi organici, aromi ed altro ancora. Inoltre, dal momento che sono particolarmente ricchi di zuccheri fermentabili, questi sottoprodotti possono essere impiegati come substrato per la coltivazione di lieviti. Tra le applicazioni più interessanti, gli autori evidenziano, infine, l’utilizzo della polpa per la produzione dell’enzima pectinasi (i costi delle tipologie attualmente disponibili sul mercato sono piuttosto elevati) attraverso processi SSF (simultanea saccarificazione e fermentazione). Concludendo, gli autori sostengono che in molti casi le tecnologie sono ancora testate su scala di laboratorio e, di conseguenza, ulteriori studi sono necessari per dimostrarne la fattibilità tecnico-economica su scala pilota.

Riferimenti bibliografici

P.S. Murthy & M. Madhava Naidu, Resources, Conservation and Recycling, 66, 2012, 45-58