Industria del riso: differenti tecniche di macinazione

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La macinazione umida è il metodo più utilizzato per preparare la farina di riso e prevede cinque consecutive operazioni: macerazione, addizione di acqua in eccesso, filtrazione, essiccamento e setacciatura. Tuttavia, gli elevati costi previsti da tale metodo favoriscono lo sviluppo di alternative più economiche. Pertanto, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori tailandesi (Ngamnikom & Songsermpong, 2011), vengono confrontate le performance della macinazione in condizioni surgelate e della macinazione a secco con quella tradizionale umida. In particolare, nel primo caso viene effettuata una preliminare macerazione del prodotto in azoto liquido (per circa 1 minuto, con un rapporto riso:azoto pari a 2:5 p/v), seguita dalla macinazione con tre differenti macchine: mulino a martelli, mulino a rulli o mulino a pioli. Tali macchine sono state utilizzate anche nel caso della macinazione a secco, senza, però, trattare il riso con l’azoto liquido. Il processo umido prevede, invece, una prima fase di macerazione di 4 h in acqua, seguita da una prima macinazione utilizzando un collisore, da una centrifugazione per rimuovere l’acqua in eccesso, da una fase di essiccazione, da una seconda macinazione in un mulino a martelli e da una vagliatura finale. I risultati dimostrano che il processo tradizionale fornisce un prodotto caratterizzato da dimensioni medie delle particelle e da una percentuale di amido danneggiato significativamente inferiori rispetto alle altre due metodologie di macinazione. Tuttavia, nel caso del processo in condizioni surgelate è possibile ridurre entrambi i parametri utilizzando il mulino a martelli. Inoltre, indipendentemente dalla macchina impiegata, quest’ultimo metodo fornisce rese superiori rispetto a quelle osservate nel caso del processo a secco. Infine, gli autori evidenziano che la macinazione convenzionale richiede consumi energetici significativamente più elevati (13,868 kJ/kg) rispetto a quelli dei due metodi alternativi (compresi nell’intervallo 420-801 kJ/kg). A parità di sistema di macinazione impiegato, questi ultimi sono, invece, caratterizzati da consumi energetici del tutto simili.

Riferimenti bibliografici

P. Ngamnikom & S. Songsermpong, Journal of Food Engineering, 104, 2011, 632-638