Effetto delle trasformazioni industriali sui composti antiossidanti dei derivati del pomodoro

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La maggior parte dei processi di trasformazione del pomodoro prevedono uno o più trattamenti termici, sia blandi, sia severi. In letteratura sono disponibili diversi studi sull’effetto di tali trattamenti sulle caratteristiche nutrizionali dei derivati del pomodoro. Tuttavia, la comprensione dei fenomeni che regolano i cambiamenti qualitativi di questi prodotti richiede un approfondimento specifico. In uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori internazionali (Capanoglu et al., 2010), vengono analizzati, in modo dettagliato, gli effetti dei principali processi di trasformazione (termici e non) sul contenuto in composti nutritivi, e in particolare in antiossidanti (licopene, vitamina C e polifenoli), del pomodoro. Gli autori evidenziano che un requisito fondamentale per preservare le caratteristiche qualitative del prodotto durante i trattamenti è costituito dalla qualità del frutto di partenza. Tuttavia, la trasformazione di quest’ultimo può provocare cambiamenti decisamente negativi, soprattutto nel caso in cui vengano utilizzate procedure non ottimizzate. L’esatta perdita di composti nutritivi, come gli antiossidanti, differisce fortemente in funzione del tipo di trattamento, delle condizioni operative impiegate e della varietà del frutto utilizzato. Tra i processi termici vengono presi in considerazione quelli di essiccamento, pastorizzazione, concentrazione ed altri ancora. Questi trattamenti hanno l’obiettivo di disattivare microrganismi/enzimi, diminuire il contenuto di umidità del prodotto o ammorbidire il tessuto del frutto (per separare le bucce). È stato, ad esempio, osservato che i trattamenti di bollitura possono causare significative perdite del contenuto di quercetina (nell’ordine del 35-78%) originariamente presente nel prodotto Effetto delle trasformazioni industriali sui composti antiossidanti dei derivati del pomodoro di partenza. Al contrario, il succo e la purea di pomodoro sono generalmente prodotti ricchi di flavonoidi. In questo caso, infatti, i processi di trasformazione aumentano il livello di quercetina (fino al 30%) a causa di fenomeni di idrolisi enzimatica (dei coniugati di quercetina) catalizzati durante i processi stessi. Lo studio evidenzia, infine, che per quanto riguarda gli effetti provocati dai trattamenti non termici (come il taglio, l’omogeneizzazione e la pelatura) le informazioni disponibili in letteratura sono ancora limitate. Concludendo, gli autori sostengono che siano necessari ulteriori sforzi scientifici per comprendere totalmente i meccanismi che regolano i cambiamenti biochimici che avvengono all’interno dei tessuti vegetali durante i diversi processi di trasformazione del pomodoro. Lo studio effettuato costituisce, comunque, un primo passo verso un’analisi dettagliata di tali cambiamenti.

Effetto dell’omogeneizzazione ad alta pressione
L’omogeneizzazione ad alta pressione (HPH) è un processo ampiamente utilizzato per la trasformazione del pomodoro in derivati come la salsa, il ketchup ed il succo. I benefici di tale processo consistono nell’aumentare la viscosità, ridurre la separazione delle fasi, migliorare la struttura ed uniformare il colore del prodotto. Anche se è facilmente ipotizzabile che i trattamenti HPH esercitino effetti significativi sulla microstruttura della polpa di pomodoro (e quindi sulla bioaccessibilità e sulla biodisponibilità del licopene) tali effetti sono stati investigati solamente in un numero limitato di lavori scientifici. Perciò, in uno studio recente, effettuato da ricercatori belgi (Colle et al., 2010), è stata valutata l’influenza di un trattamento HPH (valori di pressione compresi nell’intervallo 84-1327 bar), seguito o no da un processo termico (per 30 min a 90°C), su alcuni parametri qualitativi e nutrizionali della polpa di pomodoro. I risultati dimostrano che ad un aumento della pressione di omogeneizzazione corrisponde una maggiore rottura del tessuto cellulare del pomodoro, ma anche un rafforzamento della struttura delle fibre. È stato, inoltre, osservato che i trattamenti HPH più severi diminuiscono la bioaccessibilità (in vitro) del licopene. Gli autori attribuiscono quest’ultimo risultato allo sviluppo di una rete di fibre più forte che limita l’accesso agli enzimi digestivi. Infine, il trattamento termico testato non si è dimostrato in grado di migliorare la bioaccessibilità del licopene del prodotto. Concludendo, gli autori sostengono che ulteriori studi siano, comunque, necessari per confermare i risultati ottenuti anche in vivo.

Riferimenti bibliografici
E. Capanoglu et al., Critical Reviews in Food Science and Nutrition, 50, 2010, 919-930
I. Colle et al., Food Research International, 43, 2010, 2193-2200