Garantire la fragranza

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Il settore dei semilavorati per dolci offre una grandissima varietà di prodotti diversi per ingredienti, ricette, tecnologie di produzione. Produrre il più semplice dei biscotti o dei pan di spagna richiede impegno, attenzione ed esperienza, soprattutto quando dovranno essere rilavorati su linee automatiche ad altissima velocità.

Roberto Milani

Il primo compito di un direttore di stabilimento è raggiungere gli obiettivi numerici rispettando le specifiche tecnico – qualitative del prodotto. La visione del dott. Roberto Milani, tecnologo alimentare bergamasco, coautore di alcuni dei prodotti dolciari più amati d’Italia, è molto più ampia. Per il dott. Milani dirigere uno stabilimento significa migliorare di continuo i processi, non schivare mai il problema o lasciare che un suo collaboratore lo affronti da solo, senza un consiglio o una guida. Un vero direttore di stabilimento non sta chiuso in ufficio, partecipa attivamente alla quotidianità delle linee, aiuta a crescere il personale insegnandogli a risolvere i problemi ed a migliorare organizzazione ed impianti per aumentare la produttività, salvaguardando sempre la sicurezza e la qualità del lavoro.

UN PERCORSO MIRATO

Perché ha scelto la laurea in Scienze delle Preparazioni Alimentari?
Frequentavo l’istituto tecnico per periti chimici, l’ insegnante di Chimica Analitica era un grande appassionato di bromatologia e se gli argomenti trattati lo consentivano, effettuavamo le esercitazioni analizzando un alimento. In seguito, il professore organizzò un corso per Periti chimici alimentaristi, mi offrì di diventare suo assistente di laboratorio e mi spinse ad iscrivermi a Scienze delle Preparazioni Alimentari presso l’ Università di Milano. Mi convinse prospettandomi le grandi opportunità di lavoro in un settore dove, all’epoca, molte posizioni tecniche erano coperte da coloro che definiva “stregoni”, ossia tecnici cresciuti con l’esperienza ma privi di basi teoriche. Seguii il suo consiglio e mi mantenni agli studi grazie al “lavoretto” di assistente di laboratorio.

Quali sono stati i suoi primi passi nel mondo del lavoro?
Conseguita la laurea, mi proposi a tantissime aziende alimentari. Abitavo nei pressi di Bergamo e la Italcanditi di Pedrengo, incuriosita dalla laurea specifica ma ancora poco nota, mi contattò. Produceva semilavorati per l’industria dolciaria (frutta e scorze candite, confetture e marrons glacès), era in forte espansione e mi assunse. Ero il primo “dottore” ingaggiato dall’azienda, si rivolgevano a me per tutto: produzione, qualità, sviluppo di prodotti, logistica ed altro ancora. Ero alle prime armi ma con il tempo, l’impegno e la stima della proprietà, imparai a destreggiarmi.

Com’è proseguita la sua carriera?
Cinque anni dopo, Sidalm, società nata dalla fusione di Motta ed Alemagna, decise di creare la posizione di tecnologo di stabilimento, un’interfaccia tra ogni unità produttiva ed i servizi R&D ed Assicurazione Qualità centrali. Entrai nell’organico dell’ ex Motta di Viale Corsica a Milano. Imparai tantissimo, l’azienda era molto ben strutturata e vi lavoravano dei veri esperti. Mi occupavo di panettoni, colombe, merendine (i mitici Buondì e Girella) e cioccolatini.

Sidalm è passata di mano più volte…
Si, quando divenne Alivar fui trasferito allo stabilimento di Cornaredo (ex Alemagna), che fu poi acquistato da una finanziaria di Pisa, svincolato dal gruppo SME e rinominato Nuova Forneria. Qualche tempo dopo la società acquisì la I.D.I. Spa di Vaprio d’Agogna (NO). Assunsi la responsabilità dello stabilimento novarese che produceva prodotti da ricorrenza; tornai poi a Cornaredo come Direttore dell’unità produttiva, con il mandato di seguire diversi importanti progetti di ristrutturazione, modernizzazione delle tecnologie e delle automazioni dei fondo linea. Lo stabilimento si era nel frattempo specializzato in merendine. Nel 2002 l’azienda entrò nel gruppo Bistefani, nel 2006 la produzione fu accentrata a Casale Monferrato. Fu un periodo faticoso, per la distanza da casa e per il dover formare le nuove maestranze assunte in sostituzione degli addetti milanesi che non avevano accettato il trasferimento. Ritengo tuttora questo episodio una grossa perdita di esperienza, recuperata solo con molti mesi di affiancamento e addestramento.