Le nanotecnologie applicate ai polimeri significano progettare, fabbricare, lavorare e applicare materiali polimerici contenenti nanoparticelle, cioè particelle che hanno una o più dimensioni dell’ordine di 100 nanometri o meno, dove 1 nanometro è pari a 1 miliardesimo di metro. Questi materiali polimerici innovativi contenenti nanoparticelle possono essere usati per il confezionamento degli alimenti e in questo campo sono in grado di migliorare le prestazioni dei polimeri tradizionali. Nonostante la grande quantità di ricerche già fatte sia in campo industriale che accademico, le nanotecnologie applicate ai polimeri per il packaging alimentare sono ancora in una fase di sviluppo. Un recente lavoro (C. Silvestre et al., 2011) fornisce una panoramica delle innovazioni più recenti nel campo dei polimeri per imballaggio alimentare contenenti nanoparticelle. Diversi polimeri e diverse tipologie di nanoparticelle possono essere usati in quest’ambito. I polimeri più utilizzati sono la poliammide, il nylon, le poliolefine, il polistirene, il copolimero etilene – vinilacetato, le resine epossidiche poliuretaniche, le poliimmidi e il polietilene tereftalato. Per la scelta delle nano particelle ci sono diverse possibilità; generalmente utilizzata l’argilla di dimensioni nanometriche, detta anche “nanoargilla”, e in particolare viene usata la montmorillonite, un’argilla a strati che chimicamente è un silicato idrato di allumina. La montmorillonite è interessante perché è relativamente a buon mercato, essendo derivata da ceneri vulcaniche e da rocce e quindi un materiale naturale ampiamente disponibile. Questi vantaggi superano anche il fatto che la preparazione dei polimeri con montmorillonite nanometrica non è semplice, perché non è facile disperdere omogeneamente la montmorillonite (che è idrofilica) nei polimeri (che sono idrofobici). Comunque ci sono diversi metodi che consentono di ottenere un materiale omogeneo, come ad esempio la modifica superficiale dell’argilla o del polimero, eventualmente anche con l’aggiunta di agenti compatibilizzanti; per esempio, si è ottenuta montmorillonite modificata sostituendo i cationi inorganici in essa presenti con ioni ammonio. Una volta che è ben dispersa nella matrice, la montmorillonite limita la permeazione dei gas all’interno del polimero e in particolare molti studi hanno riportato l’efficacia nel ridurre la permeabilità di diversi polimeri all’ossigeno e al vapore acqueo. Questo trova applicazione in una vasta gamma di imballaggi alimentari che vanno dagli imballaggi di salumi, formaggi, dolciumi, cereali, alimenti pronti da cuocere, ai materiali prodotti col processo di “extrusion-coating” per la conservazione di succhi di frutta e di prodotti lattiero-caseari ed infine ai materiali prodotti col processo di co-estrusione a formare bottiglie per la birra e per le bevande gassate. Per molte applicazioni commerciali si sostiene che le particelle di nanoargilla possono ridurre la permeabilità dei polimeri di ben il 75%. Addirittura per il polietilene tereftalato in opportune condizioni è stata ottenuta una velocità di trasmissione dell’ossigeno al di sotto del limite di rilevabilità della strumentazione commerciale, < 0.005 cc /(m2 giorno atm), che è il valore di permeabilità più basso in assoluto riportato finora per un composito formato da polimero e da argilla nanometrica. Le teorie più accreditate per spiegare le migliori proprietà barriera dei polimeri contenenti nanoparticelle di argilla prevedono che all’interno del materiale si crei un’alternanza di strati polimerici e di lamelle di argilla esfoliate altamente orientate. Questo fa sì che il gas penetrante sia costretto a seguire un percorso tortuso e lungo attorno agli aggregati di argilla per diffondere attraverso il materiale. Secondo queste teorie, l’aumento della lunghezza del percorso sarebbe una funzione di diversi parametri, tra cui la percentuale in volume delle nanoparticelle nel polimero.