India, mercato ancora tutto da sfruttare

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Opportunità per le imprese italiane
Le importazioni indiane di tecnologie agroalimentari nel periodo 2010-13 sono cresciute in modo sostenuto e costante. In particolare sono cresciute le esportazioni dall’Italia con percentuali maggiori rispetto alla media del mercato. Importanti le crescite che riguardano le macchine per la trasformazione del latte (207,6%), di frutta e verdura (18,6%) e per la lavorazione delle carni (12,2%) (fonte: dossier “Il mercato indiano delle tecnologie agroalimentari”). Le opportunità per le imprese italiane di tecnologie per l’alimentare sono molte: non solo tecnologie di trasformazione e conservazione dei prodotti alimentari, packaging e catena del freddo, ma anche infrastrutture logistiche, biotecnologie e laboratori per il controllo qualità. Il settore delle macchine per l’industria agroalimentare si aggirava nel 2010 sui 200 miliardi di dollari e si stima che tale cifra possa arrivare al 310 miliardi nel 2015. L’industria della trasformazione alimentare sta registrando una crescita annua intorno al 15% e che si stima dovrebbe arrivare al 25% entro il 2015.

Investire in India
Sono diverse le aziende italiane di tecnologie alimentari che hanno investito nel mercato indiano. Le strategie di ingresso adottate variano in base alla struttura dell’azienda italiana che investe in India e alle categorie di prodotto, ma, secondo il dossier “Il mercato indiano delle tecnologie agroalimentari”, possono essere sintetizzate in due principali categorie. La prima riguarda la costituzione di un ufficio tecnico e di marketing, che si occupa di sviluppare il mercato indiano per l’export di macchinari dall’Italia, in alcuni casi assemblati direttamente in India. Questa sembra essere la modalità preferita dalle aziende che producono macchinari ad alto valore aggiunto, quali quelli destinati al packaging e alla trasformazione alimentare. La seconda, preferita dalle aziende attive nel settore automotive e componentistica, prevede la costituzione di un’unità produttiva di macchinari e componentistica. Per investire si costituiscono sussidiarie controllate al 100% dall’azienda italiana, si fanno joint-venture (generalmente di maggioranza) con aziende indiane, in cui l’investitore italiano mette a disposizione tecnologia e know-how mentre la compagine indiana, oltre alle infrastrutture (siti produttivi e magazzini), rende disponibile la rete commerciale e di vendita. Sono numerosi i casi di aziende italiane che iniziano collaborando con agenti indiani per poi, con l’evolversi del mercato, costituire una struttura più complessa. Le aree geografiche in cui è maggiore la concentrazione di aziende straniere sono quelle a più alta vocazione manifatturiera (Pune nello Stato del Maharashtra, Delhi nel Nord del Paese, Bangalore nello Stato del Karnataka) o in quegli Stati indiani che hanno una vocazione specifica in determinati settori, come per esempio il Gujarat nella trasformazione dei prodotti lattiero-caseari.