Industria alimentare, guardare oltre la crisi

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I dati 2013 confermano un calo dei consumi (-4%) e della produzione su base annua (-1%). Solo l’export registra buone performance (+7%). Dalle aziende un monito: basta tasse eccessive e attacchi ingiustificati che minano l’immagine del settore, la redditività e la competitività sui mercati globali.

La situazione attuale non è delle migliori. Secondo quanto è emerso durante la Conferenza stampa di Federalimentare dello scorso 5 febbraio, in occasione della presentazione del bilancio 2013 dell’industria alimentare italiana, quello passato è stato un anno a due velocità per l’industria alimentare italiana, che fattura 132 miliardi, di cui oltre 26 miliardi di export, e conta 385 mila occupati e quasi 6.900 aziende sopra i 9 addetti. Produzione, fatturato e consumi dei primi nove mesi dello scorso anno sono stati i peggiori dal 2007. Ma i valori migliori dell’ultimo trimestre, le buone performance dell’export e la tenuta dal punto di vista occupazionale, fanno ben sperare per il 2014.

I dati economici
L’analisi di Federalimentare ha preso in considerazione diverse voci, tra cui i consumi alimentari, la produzione e l’export. E’ risultato che secondo le elaborazioni del Centro Studi Federalimentare e i dati Ismea-GFK Eurisko di gennaio-novembre, il calo 2013 delle vendite alimentari è stato del 4% in termini di fatturato a valori costanti e del 2,1% in quantità. Dall’inizio della crisi, il calo dei consumi interni è stato del 13%. I discount sono stati l’unico segmento GDO in espansione negli ultimi anni. Per Federalimentare, “si tratta di un segnale preoccupante, per un settore tradizionalmente anticiclico che ha fondato la sua reputazione proprio sui prodotti ad alto valore aggiunto”. Cala anche la produzione dell’1%, segnando una perdita complessiva del 3,6% rispetto al 2007, ultimo anno pre-crisi. Un segnale positivo si è intravisto da settembre in poi. Fino ad allora, infatti, il calo era più marcato (-2%). Segno positivo per l’export, che ha messo a segno un +7% per un valore di circa 26,4 miliardi di euro. A far registrare i dati più interessanti sono il Nord Africa, con Algeria (+83%), Tunisia (+60%) e Libia (+42%) e i Paesi arabi, con Emirati Arabi Uniti (+26%) e Arabia Saudita (+18%). Bene anche la Turchia (+26%), mentre rallenta il Giappone che si mantiene stazionario e la Cina che scende a +11% (era +18,3% nel 2012 e +26,2% nel 2011). Nell’Europa dell’Est, è la Russia il mercato più importante (+18%), anche se tassi di crescita superiori si registrano in Ungheria (+26%) e Lituania (+40%). Aumenti più modesti, fra il +3% e il +6%, per i tre grandi mercati UE, Germania, Francia e Regno Unito, mentre gli USA hanno segnato una crescita di poco superiore al +6%.