Food packaging: un approccio olistico

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Evitare gli sprechi
Healthy breakfastOggi l’attenzione dei media è incentrata sugli sprechi: cibo comprato e non consumato, imballaggi che poco dopo l’acquisto del prodotto diventano rifiuto… Come stanno davvero le cose? La distribuzione equa e sostenibile delle risorse alimentari preoccupa noi e dovrà occupare i nostri figli: questo sarebbe il vero progresso. Ogni anno nella UE si producono circa due miliardi di tonnellate di rifiuti; la sola discarica non è una soluzione sostenibile e le attuali tecniche di incenerimento non offrono ancora risultati soddisfacenti, a causa delle emissioni, dei residui altamente concentrati e spesso inquinanti. La via migliore è limitare la produzione di rifiuti e, laddove esistano soluzioni sostenibili, procedere al riciclo. In Italia, i rifiuti da imballaggio ammontano al 25% del peso dei rifiuti urbani e assimilati; 70 imballaggi su 100 entrano nella filiera alimentare. D’altro canto, il packaging ha un ruolo primario nell’attuale modello di consumo. Il primo requisito di un imballaggio per alimenti è la sicurezza igienica, subito seguita da considerazioni di carattere ambientale. La Direttiva n°94/62/CE fu la prima espressione di tale approccio, volto a ridurre l’impiego di materie prime nella produzione degli imballaggi, adottare processi e tecnologie non inquinanti, ridurre i rifiuti, informare correttamente filiera e consumatori.

A quali imballaggi si applica la Direttiva? A tutti gli imballaggi immessi sul mercato nella UE ed a tutti i rifiuti d’imballaggio. Gli imballaggi devono rispettare i “requisiti essenziali” previsti dalla Legge che richiama le norme tecniche pubblicate dal CEN e dalla Commissione Europea, ossia: limitare il peso e il volume dell’imballaggio al minimo necessario per garantire sicurezza, igiene e accettabilità per il consumatore; ridurre al minimo la presenza di sostanze pericolose; concepire imballaggi riutilizzabili o recuperabili per compostaggio, biodegradazione o recupero di energia. Questi requisiti essenziali sono cogenti e per gestirli le aziende dovrebbero dotarsi di un “dossier ambientale degli imballaggi” a dimostrazione del rispetto delle norme applicabili. I criteri informatori della normativa pongono inoltre l’accento sulla necessità di informare i consumatori sui sistemi di restituzione, raccolta e recupero disponibili, nonché sul significato dei relativi marchi apposti sugli imballaggi. C’è ancora molto da fare.

I materiali riciclati
A che punto siamo, con l’idoneità dei materiali riciclati usati a contatto con gli alimenti?  Ad un ottimo punto. E’ un tema molto articolato e, nel 2013, l’Istituto Italiano Imballaggio ha redatto le “Linee Guida per la valutazione dell’idoneità al contatto con alimenti del packaging realizzato con materiale proveniente da riciclo”. E’ uno strumento esauriente, in grado di supportare le attività degli operatori coinvolti in questa particolare filiera. Descrive il panorama normativo ed economico europeo, le logiche e le modalità di raccolta, i processi tecnologici, la valutazione dell’idoneità al contatto con gli alimenti. Diversamente da quanto si possa pensare, nella realizzazione del food packaging è possibile un ampio uso di materie prime riciclate, purché sia inderogabilmente tutelata la salute dei consumatori e siano rispettati i principi della legislazione ambientale.

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I materiali a contatto con gli alimenti sono sempre soggetti ad un procedimento di autorizzazione nella UE? No, nessun materiale in sé è soggetto a specifica autorizzazione UE; lo sono, in alcuni casi, le sostanze o i componenti degli imballaggi o degli oggetti finiti. Abbiamo leggi nazionali e comunitarie che dettano parametri di conformità compositiva. La normativa italiana definisce la conformità per la carta; le liste positive delle sostanze di partenza e additivi definite in ambito UE, stabiliscono i parametri di sicurezza chimica per le sostanze impiegate nella fabbricazione delle plastiche. Restano alcuni casi interessati da requisiti autorizzativi speciali, per esempio la produzione di materie plastiche provenienti da riciclo meccanico e destinate al contatto con gli alimenti, per le quali sono previste la preventiva valutazione di EFSA in merito al sistema di assicurazione della qualità del riciclo ed, a seguire, l’autorizzazione del Parlamento europeo per il sistema di riciclo.

Le macchine
E’ membro di una commissione dell’Istituto Italiano Imballaggio che tratta il tema delle parti di impianti e di macchine che entrano in contatto con gli alimenti; cosa aggiungerete alla cospicua letteratura nazionale ed internazionale esistente? La Commissione tecnica food contact si sta occupando di questo tema da alcuni mesi. Il lavoro è agli inizi e ha l’ambizione di produrre un documento di valore tecnico scientifico inedito. Siamo nella fase preparatoria e tutti i partecipanti sono soggetti al vincolo di riservatezza fino alla pubblicazione del lavoro; non posso quindi anticipare nulla. Ma in qualità di consulente di organizzazioni produttrici di macchine o parti di macchine per il settore alimentare, posso affermare che, anche se le aziende sono dotate di un’alta capacità tecnica e di rilevanti competenze ingegneristiche, è comunque opportuno focalizzare meglio gli specifici requisiti prescritti per le macchine impiegate nel settore alimentare, come genericamente definiti dall’allegato della Direttiva macchine.

Cos’è AIBO-FCE? L’Associazione Italiana dei business operator e food contact experts (AIBO-FCE) è una libera associazione, senza scopo di lucro, che promuove le competenze e la professionalità delle persone fisiche che svolgono, come lavoratori subordinati e/o lavoratori autonomi, la funzione di “operatore economico”, come definito dall’art. 2, comma 2, lettera d) del Regolamento 1935/2004/CE riguardante i materiali e gli oggetti destinati al contatto con gli alimenti. Tra i soci fondatori c’è l’Istituto Italiano Imballaggio. Per associarsi è d’obbligo aver maturato una competenza professionale specifica nel campo dei materiali a contatto con gli alimenti.  La conoscenza deve riguardare i profili tecnico scientifici, legislativi e normativi. E’ necessario dimostrare un’adeguata preparazione su tali argomenti, partecipare al corso organizzato dall’Associazione e superare il relativo esame scritto. AIBO-FCE gestisce un registro delle professionalità che accedono a tale elenco pubblico; la permanenza nel registro è subordinata al rispetto delle regole deontologiche statutarie ed all’ottenimento di crediti formativi annuali che attestano l’aggiornamento continuo previsto per la figura professionale.

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Come si pone AIBO-FCE rispetto ai professionisti iscritti agli Ordini riconosciuti dallo Stato italiano ed autorizzati a trattare gli stessi argomenti (chimici, tecnologi alimentari, ingegneri ecc.)? In materia di sicurezza alimentare è nota la necessità di lavorare in team. Un team che preveda la collaborazione di competenze diverse: la sicurezza alimentare è per sua natura sistemica e di prodotto, pertanto multidisciplinare. Specifiche professionalità con competenze tecnico – legislative sul tema materiali a contatto con gli alimenti sono imprescindibili. Personalmente sono dell’idea che AIBO-FCE debba organizzarsi, in futuro, per affrontare il percorso di riconoscimento di “Associazione delle professioni non organizzate in collegi od albi”, ai sensi della Legge n. 4 del 14 gennaio 2013.

Un sogno nel cassetto?  Dormo piuttosto bene e tendo a ricordare poco i sogni; i miei cassetti sono pieni di libri. Sto leggendo: “La realtà non è come ci appare” di Carlo Rovelli. Il libro che consiglierei a tutti è: “La vita davanti a sé” di Romain Gary.