In gergo si chiama “pastazzo d’arance” e rappresenta il 40% degli agrumi raccolti in Sicilia destinato allo smaltimento. Ma se fino ad oggi scorza, polpa e semi di frutti imperfetti sono stati convertiti in biomasse per le energie rinnovabili, adesso avanzi e sottoprodotti dellʼindustria agrumicola si trasformano in materiale tessile. Orange fiber è l’idea di Adriana Santanocito, esperta in nuovi materiali e tecnologie per la moda, ed Enrica Arena, laureata in Cooperazione internazionale le quali hanno realizzato un tessuto innovativo e sostenibile, simile all’acetato di cellulosa, con effetti benefici sulla pelle: grazie all’utilizzo delle nanotecnologie sono state inserite nelle fibre delle microcapsule con oli essenziali di agrumi e vitamina C a lento rilascio. Un filato cosmetico ed “intelligente”, dunque, categoria che si prevede rappresenterà entro il 2030 l’80% del mercato totale del tessile. Le due giovanissime catanesi sono coinquiline universitarie a Milano ed hanno sviluppato il progetto del tessuto d’arancia in collaborazione con il Politecnico lombardo (dipartimento di Chimica dei materiali), presso il quale hanno anche depositato il brevetto. Insignite del premio Gaetano Marzotto, la scorsa primavera le due startupper sono sbarcate a Wall Street con i loro ecoabiti vitaminci. In poco tempo il sogno di Adriana ed Enrica è diventato una realtà industriale: in Sicilia infatti, si raccoglie e si trasformano gli scarti di agrumi, in Spagna si esegue la filatura, in Lombardia, a Como, presso l’azienda Taborelli, viene realizzato il tessuto, filato con la seta. In attesa di Expo 2015 e di un brand della moda che darà il via alla produzione, le imprenditrici già esplorano nuovi processi biochimici per l’estrazione di cellulosa dagli scarti di uva e mele del Trentino, dove hanno già una base operativa.