Expo 2015, il cluster del cacao

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In previsione di Expo Milano 2015 i vari Paesi partecipanti non saranno raggruppati in padiglioni collettivi secondo criteri geografici, ma attraverso identità tematiche e filiere alimentari (cluster). In questo modo il tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita verrà trattato rendendo concreto lo spirito di condivisione, dialogo e interazione. Ecco il primo cluster dedicato al cacao.

Tutti i cluster saranno caratterizzati da aree comuni, che svilupperanno la filiera alimentare attraverso elementi funzionali. In essi ogni Paese avrà uno spazio espositivo individuale in cui interpretare il Tema dell’esposizione universale. Qui di seguito verranno presi in considerazione i contenuti che caratterizzeranno il cluster del cacao esteso su un’area di 3546 m2 che, fisicamente, trae ispirazione dai luoghi in cui il cacao è coltivato: le piantagioni delle aree tropicali e subtropicali. Il concept e il layout del cluster, curati dagli architetti Fabrizio Leoni, Mauricio Cardenas e Cesare Ventura, creeranno l’atmosfera densa e accogliente di una foresta dove la luce penetra dalle chiome degli alberi e si diffonde tra i padiglioni. Dei contenuti è responsabile l’Università Cattolica del Sacro Cuore con un gruppo di lavoro, articolato e completo, guidato e gestito dal professor Pier Sandro Cocconcelli e dalla dottoressa Claudia Schirru. I docenti del gruppo di lavoro: Emanuele Pagano, Raffaella Battaglia, Adriano Marocco, Fabio Antoldi, Milena Lambri, Dante Marco De Faveri, Alvaro Mordente, Fausto Colombo e Silvano Rubino, approfondendo le varie declinazioni del cacao, ne hanno descritto gli aspetti storico-economici, agronomici e produttivi, nutrizionali e sociali che caratterizzano il prodotto dalla sua nascita sino ai giorni nostri. Nel seguito si riporta la sintesi di ogni percorso di declinazione del cacao da cui sarà tratto ciò che il visitatore potrà percepire.

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Cacao e cioccolata: una breve storia, anche economica
Le origini dell’utilizzo umano più arcaico del cacao sono testimoniate da un’immagine riportata in Perù su un vaso di 2.500 anni fa decorato con elementi a forma di bacche. Prodotto e consumato nell’America Centrale, popolata da Olmechi, Maya (1000 a.C.-900 d.C.), Toltechi (900-1.100 d.C.) e Aztechi (o Mexicas, 1300 circa-1521 d.C.), esso ricorre in forma di spumeggianti bevande sul vasellame maya e azteco alla base del trono dei re. Il cacao era il dono usuale per cementare alleanze tra leader politici o ricompensare élites. I preziosi semi, tostati, macinati, mescolati ad acqua e aromatizzati con spezie, chili e altro, si trasformavano in una bevanda amara e piccante, rinfrescante, energetica, stimolante, detta prima cacahualt, probabilmente in onore del dio piumato tolteco-azteco Quetzalcòatl, e poi xocolatl che significa “acqua amara”. A ragione, il naturalista svedese Linneo nel 1734 avrebbe denominato la pianta Theobroma “cibo degli dei”. L’Annual Report 2010-2011 di ICCO indica che la produzione di cacao ha raggiunto nel 2011 la cifra record di 4,3 milioni di tonnellate, a fronte di una domanda mondiale, anch’essa record, di 3,9 milioni di tonnellate. L’Africa si conferma essere la principale regione produttrice, con una percentuale pari quasi al 75% della produzione mondiale. Stabile è l’America Latina, con circa il 13%, mentre in calo sono i paesi dell’Asia e dell’Oceania, che insieme arrivano al 12%. Secondo la World Cocoa Foundation, dalla coltivazione del cacao a livello mondiale dipende la vita di circa 50 milioni di individui, nel Nord, ma soprattutto nel Sud del globo. Più in particolare, nella sola Europa – secondo i dati forniti da Eurostat – nel 2009 il settore del cacao, del cioccolato e dei prodotti dolci confezionati impiegava circa 190mila persone in 5.500 imprese, con un fatturato di 42,3 miliardi di Euro e un valore aggiunto di più di 10,9 miliardi di Euro; negli Usa, invece, gli addetti del settore della produzione del cioccolato e dei dolci nel 2010 erano pari a circa 69mila. Tuttavia, i numeri sono ben più impressionanti se si osservano i paesi d’origine con Costa d’Avorio e Ghana che da soli producono più del 60% mondiale della materia prima. L’estrema debolezza contrattuale degli agricoltori dei paesi d’origine fa sì che il valore aggiunto nella filiera cacao-cioccolato si concentri, soprattutto, nelle mani degli attori che intervengono a valle della produzione della fava. La quota del prezzo finale del prodotto che va nelle mani degli agricoltori è oggi del 6% circa, fortemente inferiore al 16% di trent’anni fa. Questa situazione ha reso sempre più sentito il fatto di garantire di più i coltivatori, attraverso politiche di “Fair trade” nel settore. Il consumo di cacao nel mondo è stato costantemente in crescita negli ultimi anni. I principali paesi consumatori sono Usa (763,5 migliaia di ton), Germania (323), Regno Unito (229), Francia (228), Russia (200), Brasile (178), Giappone (155) e Spagna (105). Più del 90% del consumo di cacao è in forma di cioccolato standard, mentre solo il 10% del mercato è attento a un prodotto di qualità, che cura l’eccellenza della materia prima fin dalla coltivazione della pianta: è il segmento premium nel quale più facilmente entrano in gioco anche temi di sostenibilità sociale e ambientale.