L’Opunzia è la sorellastra più sfortunata del noto fico d’India. In Italia, il pregiudizio ha sempre portato a ritenere l’Opunzia una pianta ornamentale dai frutti non commestibili, se non tossica a causa del gusto leggermente acidulo della polpa. Ma è proprio l’acidità del frutto a garantire piacevoli sentori di ribes rosso, uva, amarena e profumo di rosa che ne fanno una materia prima incredibilmente interessante da lavorare. Il processo di estrazione della polpa è lungo e complicato: i piccoli frutti vengono privati delle glochidi urticanti a mano. Poi, inviati in un’azienda di trasformazione artigianale, i frutti despinati sono tagliati a metà (con la buccia) e svuotati manualmente (per eliminarne i semi, che a differenza del più noto fico d’India non sono commestibili) fino a ricavare pezzi interi di frutto e polpa spremuta a freddo, dal color porpora brillante, che può essere utilizzata per realizzare conserve dolci oppure la mostarda.