Materiali e oggetti a contatto con gli alimenti e macchine per il packaging: come devono essere, per soddisfare i requisiti dell’industria food&beverage? Risponde Stefano Lugli, responsabile ufficio tecnico Ucima (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il confezionamento e l’imballaggio).
Gli alimenti costituiscono non solo la base del sostentamento, ma sono un elemento essenziale della salute e del benessere umano. Quindi è naturale che le autorità nazionali e internazionali abbiano dedicato molti sforzi per disciplinarne il processo, la distribuzione e il controllo lungo tutta la filiera produttiva. I materiali e gli oggetti a contatto con gli alimenti, anche accidentale, erano contemplati in ambito UE dalla Direttiva Macchine già nella versione originaria (89/392/CEE – Allegato 1, paragrafo 2.1). Ma oggi si è fatto molto anche in ambito confezionamento e packaging, settori ampiamente coinvolti e molto importanti per Ucima, che rappresenta oltre 600 aziende operanti nel settore. L’impatto sull’intera filiera produttiva, la complessità della legislazione e la mole di documentazione da raccogliere e conservare a supporto della dichiarazione di conformità alimentare, impongono ancora molto lavoro. A ciò si aggiunge la diversità fra la legislazione europea e quella nordamericana, per cui una macchina conforme alle norme europee non è di per sé conforme alle norme statunitensi e viceversa. E’ necessario quindi tradurre le norme di legge in norme tecniche e procedure aziendali, per rendere più semplice e comprensibile il segmento delle macchine per il confezionamento degli alimenti. Proprio per supportare le aziende del settore in questo percorso, da tempo Ucima organizza momenti formativi, e sta partecipando alla redazione di una pubblicazione in materia coordinata dall’Istituto Italiano dell’Imballaggio.
Qual è il quadro legislativo europeo, in merito a materiali e macchine per confezionamento?
In ambito comunitario i materiali e gli oggetti a contatto con gli alimenti (Moca) sono disciplinati dal regolamento 1935/04/CE, recante i principi generali a cui devono attenersi le parti coinvolte. L’obiettivo del regolamento, e dell’intera disciplina sottesa, è garantire la sicurezza di materiali e oggetti a contatto con gli alimenti in modo tale che non trasferiscano agli alimenti componenti in quantità tale da:
– costituire un pericolo per la salute umana;
– modificare la composizione dei prodotti;
– deteriorare le caratteristiche organolettiche.
La disciplina europea regolamenta i materiali in modo indistinto, senza tenere conto delle caratteristiche del contatto. Non esiste quindi distinzione normativa fra materiale di confezionamento, a contatto con gli alimenti per lunghi periodi, e materiali delle macchine di confezionamento, che restano a contatto per tempi sensibilmente inferiori, talvolta solo per una frazione di secondo. La legislazione europea in materia di Moca contempla norme su elastomeri e gomme, materie plastiche, ceramiche, materiali attivi e intelligenti. Altri materiali essenziali per la costruzione di macchine alimentari (metalli e leghe metalliche, siliconi, rivestimenti) sono ancora privi di regolamentazione europea, quindi gli Stati membri possono mantenere o adottare disposizioni nazionali. In Italia l’assenza di disposizioni europee su taluni materiali è colmata da decreti ministeriali: DM 21 marzo 1973 e successivi aggiornamenti per acciai inox, DM 76 del 18 aprile 2007 per leghe d’alluminio.
Che cosa fare, per i materiali non espressamente citati nei decreti?
L’argomento è più complesso, per i materiali e i rivestimenti (coating) non presenti nelle liste positive dei decreti ministeriali citati. Il loro impiego è subordinato all’esecuzione di verifiche di idoneità al contatto, per stabilire il rispetto dei limiti massimi di migrazione globale e di migrazione specifica. La determinazione della migrazione globale e specifica avviene secondo procedure standardizzate, utilizzando solventi che simulano le diverse caratteristiche degli alimenti (figura). Per i test di migrazione delle materie plastiche, invece, si può fare riferimento alla serie di norme UNI EN 1186. Mentre per i test di migrazione degli acciai il riferimento è il DM 140 del 11 novembre 2013.
Come bisogna organizzare la filiera produttiva, soprattutto in tema di tracciabilità?
L’articolo 17 del Regolamento 1935/2004/CE prescrive che le parti a contatto con alimenti siano tracciabili, per facilitarne il controllo, l’eventuale ritiro dei prodotti difettosi, le informazioni ai consumatori e l’attribuzione della responsabilità. La tracciabilità dei componenti consiste nella capacità di ricostruire la storia di una parte o del lotto di appartenenza attraverso una serie di documenti associati in fase di produzione, tra cui analisi chimica della colata per metalli e leghe metalliche, lotto di produzione per materiali commerciali, accompagnati dalla dichiarazione di conformità alimentare. Una particolare attenzione è necessaria in caso di più fornitori abituali della stessa parte. Perché in caso di contestazioni, l’impossibilità di individuare il fornitore di una determinata parte costringe al ritiro indiscriminato di tutte le parti vendute, con evidenti danni economici e di immagine. E se un costruttore si affida a subfornitori per la tracciabilità totale o parziale, è necessario qualificare e tenere sotto controllo tali subfornitori.