Nuova tecnologia per la pelatura dei pomodori e determinazione di bisfenolo A in conserve in scatola

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Pelatura dei pomodori mediante una tecnologia a riscaldamento a radiazioni infrarosse.
La pelatura viene ampiamente utilizzata nell’industria delle conserve per preparare pomodori in scatola di qualità. I processi convenzionali applicano soluzioni alcaline bollenti o vapore, implicando elevati consumi energetici e di acqua. Inoltre, il trattamento con soluzioni alcaline utilizza idrossido di sodio o idrossido di potassio producendo notevoli quantitativi di reflui contenenti elevati livelli di salinità e di solidi organici. In uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori internazionali (Li et al., 2014), viene valutato l’utilizzo di una nuova tecnologia basata sul riscaldamento a radiazioni infrarosse (IR) come processo di pelatura a secco per pomodori in scatola. In particolare, per la sperimentazione sono stati impiegati campioni appartenenti a due differenti cultivar: AB2 e Campbell CXD 179. Gli autori evidenziano che la tecnologia IR richiede un tempo di processo variabile nell’intervallo compreso tra 30 e 75 sec e presenta perdite di materiale inferiori (8.3-13.2% contro 12.9-15.8%), spessori della buccia rimossa inferiori (0.39-0.91 mm contro 0.38-1.06 mm) ed una struttura del prodotto sbucciato più tenace (10.30-19.72 N contro 9.42-13.73 N) rispetto al processo convenzionale. Inoltre, è stato osservato che dopo 60 sec di trattamento IR l’energia richiesta per rimuovere le bucce, rispetto al frutto fresco, diminuisce del 40-56%, a seconda della cultivar del prodotto. Gli autori evidenziano che la tecnologia IR provoca lo scioglimento della membrana cuticolare, il collasso di diversi strati cellulari ed una severa degradazione della struttura delle pareti cellulari: tutto ciò provoca la separazione della buccia del prodotto. Tuttavia, per rimuovere tale buccia minimizzando la perdita di qualità del pomodoro è necessario aumentare la velocità di riscaldamento IR, riducendo il tempo di trattamento. D’altra parte, un’eccessiva riduzione di quest’ultimo parametro provoca un riscaldamento della superficie del prodotto non uniforme e, di conseguenza, fenomeni di sovra- o sotto-riscalamento. Concludendo, gli autori sostengono che la tecnologia IR è altamente promettente come metodo di pelatura alternativo ai metodi classici e che le informazioni riportate nello studio sono fondamentali per la progettazione di sistemi in grado di rimuovere la buccia in modo efficiente, senza alterare la qualità del prodotto.

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Migrazione di bisfenolo A in pomodori in scatola: effetto delle condizioni di stoccaggio.
I confezionamenti costituiti da scatole metalliche contengono sottili film di rivestimento interno per evitare fenomeni di corrosione elettrochimica e di contaminazione del prodotto con ioni metallici. Tali rivestimenti sono rappresentati da organosol o da resine epossidiche, di cui il bisfenolo A (BPA) costituisce un componente chiave. In letteratura sono disponibili alcuni lavori che dimostrano la possibilità che il BPA possa migrare dal sistema di confezionamento al prodotto confezionato. Tuttavia, l’attenzione verso questo fenomeno è ancora minima e la conoscenza dell’effetto delle condizioni di stoccaggio dei prodotti sulla migrazione del BPA è decisamente limitata. Di conseguenza, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori italiani (Errico et al., 2014), sono stati raccolti dati relativi a tale migrazione nel caso di diversi derivati del pomodoro (pelati, ciliegini e concentrato) appartenenti a sei differenti marche commerciali. In particolare, durante la sperimentazione è stato sviluppato un metodo per la determinazione del BPA basato sull’utilizzo dell’estrazione in fase solida, seguita dalla cromatografia liquida (accoppiata ad un rilevatore UV-visibile e ad uno spettrofotometro a fluorescenza). Gli autori evidenziano che il limite di quantificazione (LOQ) di questa procedura è pari a 0.03 micrometri, ossia a 0.26 microgrammi BPA/kg di pomodoro. I campioni sono stati conservati a tre diverse temperature (25, 37 e 45°C) in condizioni di confezionamento integro o danneggiato meccanicamente. I risultati confermano che il BPA è in grado di migrare dal confezionamento al prodotto e dimostrano che tale migrazione è favorita nel caso di cattive condizioni di conservazione (in termini di temperatura e di danni meccanici durante il trasporto). Tuttavia, i valori riscontrati durante la sperimentazione sono decisamente inferiori a quelli riportati nei regolamenti europei (600 microgrammi/kg), anche dopo riscaldamento e danneggiamento meccanico del prodotto inscatolato.

Riferimenti bibliografici
X. Li et al., Innovative Food Science and Emerging Technologies, 21, 2014, 123-130
S. Errico et al., Food Chemistry, 160, 2014, 157-164