Processi alimentari, quando il miglioramento è continuo

3929

barbara sesennaLa qualità di un prodotto non potrà mai essere superiore a quella del processo che lo genera. In questa frase è racchiuso il credo professionale di Barbara Sesenna, già responsabile dell’assicurazione qualità di un’importante azienda conserviera italiana, ora consulente nel settore agro agroalimentare.

La libera professione è una scelta personale che impegna il tecnologo alimentare anche come imprenditore e che presuppone, oltre al forte impegno lavorativo, organizzazione, programmazione, strategie di marketing, capacità di autogestirsi. E’ un’attività sempre più richiesta perché risponde alle plurime esigenze delle aziende alimentari interessate a produrre bene ed in sicurezza. Ne abbiamo parlato con Barbara Sesenna, già responsabile dell’assicurazione qualità di Mutti Spa ed oggi libera professionista, consulente in aziende agroalimentari, lead auditor esterno presso DNV-GL Business Assurance Italia, docente presso NSF Italy- Check fruit e responsabile della nuova sede di ALMATER – Parma.

Perché ha scelto il corso di laurea in Scienze e tecnologie alimentari?
Avevo uno spiccato interesse per le materie scientifiche e per le tecnologie di produzione degli alimenti. Ritenevo inoltre che vivendo a Parma, capitale della food valley, questo percorso di studi avrebbe incrementato le mie possibilità di impiego.

L’esperienza Erasmus

Ha svolto le ricerche per la tesi di laurea presso il Department of Agrotechnology and Food Science, Wageningen University, Olanda, nell’ambito del progetto Erasmus. Quale era l’argomento?
Effetto della concentrazione salina sullo sviluppo di Staphylococcus aureus in un formaggio di soia fermentato (sufu).

Quanto incide un Erasmus sulla formazione di un laureando?
E’ fondamentale. Vivere e lavorare all’estero significa accostarsi a punti di vista e valori diversi dai propri. Mi sono confrontata con un’altra cultura, ho migliorato l’inglese, si sono immersa nella vita quotidiana e lavorativa olandese. Il lungo periodo trascorso lontano da casa mi ha fatto crescere, comprendere meglio me stessa e le mie potenzialità; mi ha aiutato ad aprire la mente, ad allargare gli orizzonti personali, culturali e sociali.

Quali sono state le principali differenze rispetto ad una ricerca similare svolta in Italia?
Ho avuto la fortuna di lavorare in un Istituto di ricerca tecnologicamente avanzato, dotato di risorse pressoché illimitate, dove anche lo studente laureando era a tutti gli effetti membro del gruppo di lavoro. E’ stata una vera prima esperienza lavorativa caratterizzata da ritmi ed obiettivi precisi. Mi è stato affidato il progetto, inizialmente discusso con il mio relatore, ma tutto il resto l’ho realizzato da sola, usufruendo al meglio delle strutture e delle risorse del Dipartimento. Ogni due settimane presentavo al relatore un rapporto sui risultati ed insieme stabilivamo i passi successivi. L’intero team del Dipartimento si riuniva una volta al mese, ognuno informava gli altri sullo stato di avanzamento del proprio progetto e sui risultati ottenuti. Era un incontro importantissimo che permetteva di avere dai ricercatori più esperti consigli e suggerimenti su come continuare. Ho imparato un metodo di lavoro e mi sono sentita davvero parte del team.

Quanto ha influito questa esperienza sui suoi successivi sbocchi professionali?
Moltissimo. Mi sono laureata nel 2003 ed all’epoca l’Erasmus era tenuto in grande considerazione dalle agenzie di selezione del personale e dalle aziende. Ha reso il mio curriculum più interessante; è stato ritenuto indice di capacità di affrontare sfide nuove, mettersi in gioco, essere adattabili e flessibili. Grande rilevanza ha avuto anche la buona conoscenza dell’inglese. Studiare all’estero apre le porte ad un percorso lavorativo di taglio internazionale.

shutterstock_84104143Ready to eat

Come si è sviluppata la sua carriera?
Il mio primo incarico è stato a Dublino, presso il controllo qualità della Freshways Ltd, azienda del gruppo Kerry Foods, con interessi nel settore ready to eat (tramezzini, insalate, piatti pronti). In seguito ho assunto il ruolo di assistente assicurazione qualità presso Giesse Fres.co Group S.p.A. (oggi Piatti Freschi Italia S.p.A) di Traversetolo – Parma. Oltre ai tramezzini, l’azienda produce piatti pronti pastorizzati conservati a temperatura controllata ed in atmosfera protettiva.

Ci sono differenze tra l’approccio al controllo qualità di un’azienda italiana e quello di una azienda irlandese?
Freshways Ltd era parte di una grande multinazionale ed in linea con i dettami della casa madre, aveva un sistema di gestione della qualità molto ben strutturato e standardizzato. Il sistema di gestione Giesse Fres.co Group S.p.A. era più snello, ma altrettanto efficace. I controlli erano analoghi ed in entrambe i casi particolarmente accurati, data anche la natura microbiologicamente delicata dei prodotti trattati.

Qual è il profilo di rischio microbiologico per i tramezzini?
È legato soprattutto alla presenza di alcuni patogeni, fra questi la Listeria, da tenere costantemente sotto controllo con rigorose procedure di sanificazione e protocolli di igiene. Questo microrganismo è stato a lungo ascritto alla famiglia delle Corynebacteriaceae, ma ora è inserito nel Gruppo 19 (bacilli Gram +, regolari, asporigeni). Dei sei ceppi finora individuati, solo L. monocytogenes e L. ivanovii sono patogene per gli animali e per l’uomo. La più virulenta e frequentemente isolata da casi di malattia nell’uomo è la prima. Vive nel terreno e nei vegetali anche quelli utilizzati nell’industria alimentare tanto che la listeriosi è considerata ormai, più che una zoonosi, una malattia trasmissibile con gli alimenti. E’ rara, ma è spesso grave, con alti tassi di ricovero ospedaliero e mortalità. Il trattamento termico oltre i 65°C la uccide ma, poiché tollera il sale e le basse temperature (tra +2°C e 4°C), la pulizia dei frigoriferi e la corretta manipolazione degli alimenti sono fondamentali per limitarne la crescita.

Quale è il canale di distribuzione più problematico per i tramezzini?
Vending machine e distributori automatici. Sono modalità di vendita in costante ascesa ma problematiche a causa della “distribuzione frazionata” che potrebbe inficiare il mantenimento della catena del freddo.

Qual è invece il profilo del rischio microbiologico per i piatti pronti?
Anche in questo caso il rischio microbiologico è importante e riguarda i principali patogeni: Listeria, Salmonella, Staphylococcus aureus. Sono tenuti sotto controllo attraverso l’igiene del processo e degli operatori e con tecniche di conservazione controllata: l’atmosfera modificata e la catena del freddo.

Fotolia_12377029_MConserve di pomodoro

Ha avuto una pluriennale esperienza come responsabile dell’assicurazione qualità di Mutti. Polpa di pomodoro, passate, concentrati, specialità, sughi pronti, ketchup, che differenze ci sono tra questi prodotti?
Sono ascrivibili a due grandi macrofamiglie: prodotti “tradizionali” a base di solo pomodoro o pomodoro e sale, utilizzati da chi preferisce cucinare le proprie ricette e prodotti “pronti all’uso” di grande interesse per i consumatori con poco tempo da dedicare alla cucina.
L’intera offerta Mutti è caratterizzata dall’elevata attenzione alla qualità della materia prima, solo di origine italiana e da una tecnologia di produzione avanzata e originale.

Quali sono i principali controlli su questi prodotti? Ci sono nuove tecniche analitiche per valutarli?
Si controllano pH, consistenza, peso sgocciolato, stabilità microbiologica ed altrettanto fondamentale è l’analisi organolettica. Le tecniche analitiche più utilizzate sono quelle previste dalla normativa, ma ci sono ampi spazi per lo sviluppo di tecniche più rapide soprattutto per l’analisi della materia prima.

Come sono migliorati nel tempo gli standard qualitativi e la sicurezza di questi prodotti?
I prodotti a base pomodoro, naturalmente acidi e trattati termicamente, hanno un profilo di rischio microbiologico inferiore a quello dei piatti pronti. Quanto ai fitofarmaci, utilizzati durante la coltivazione del pomodoro, sono stati fatti importanti passi avanti grazie all’applicazione di disciplinari di produzione integrata sempre più restrittivi. Tali pratiche tutelano l’ambiente e portano ad una materia prima più salutare.

Aumentano in Italia le superfici a pomodoro da industria, ma negli ultimi anni le rese sono state particolarmente basse e nel mercato nazionale la domanda langue. Come si può rilanciare un settore dove perfino la logica del prezzo non ha quasi più effetto?
Le aziende stanno puntando sulla qualità e sull’innovazione di prodotto e di packaging. E’ necessario trovare un modo efficace per comunicare questa qualità per evitare che la crisi economica induca i consumatori a concentrarsi solo sul prezzo. La battuta di cassa è importante e gli sconti sono un ottimo mezzo per indurre l’acquirente alla prova, purché sia chiaro che si sta vendendo a prezzo scontato un prodotto il cui valore è decisamente superiore. Anche in un periodo di crisi è indispensabile mangiare in piena sicurezza, la qualità del cibo non deve mai essere persa di vista.

KS2755La libera professione

Oggi è una libera professionista e responsabile della sede di Parma di Almater, cosa l’ha indotta a passare dal lavoro dipendente al voler lavorare da sola?
Dopo aver maturato diversi anni di esperienza in azienda ho ritenuto utile un cambio radicale. Ho intrapreso questa strada pensando ad una maggiore realizzazione personale e professionale. Ho avuto poi l’occasione di conoscere Erika Daniel, socia fondatrice di Almater ad un corso di formazione per la qualifica di auditor IFS e siamo entrate subito in sintonia. Le ho parlato del mio progetto di intraprendere la libera professione, abbiamo deciso di lavorare insieme, aprire una nuova sede Parma… e quindi ho fatto il grande passo.

Di cosa si occupa Almater?
È una società di consulenza a tutto tondo per l’industria alimentare. Nonostante il settore sia tra i più regolamentati, la legislazione in materia è in costante evoluzione e le nuove disposizioni influiscono su processi e costi di produzione. Le grandi realtà industriali hanno le risorse per affrontare tali situazioni, mentre le piccole e medie aziende hanno bisogno di “facilitatori” che le aiutino ad applicare correttamente le norme e ad ottimizzare i processi produttivi e distributivi. Almater risponde ai bisogni di ogni tipo d’azienda, con un’assistenza completa, personalizzata, svolta presso gli stabilimenti a stretto contatto con il cliente e la sua attività. Non mancano ovviamente le occasioni di collaborazione con grandi aziende, multinazionali, laboratori d’analisi ed enti di certificazione.

Cosa le chiedono le aziende?
Negli ultimi mesi soprattutto revisione dell’etichettatura. Con l’entrata in vigore del Regolamento 1169/2011/UE sono aumentate le verifiche della conformità delle etichette. Ci sono poi l’assistenza nell’implementazione di sistemi di gestione della qualità e revisione dei manuali di autocontrollo igienico soprattutto in funzione dell’ottenimento delle certificazioni BRC, IFS, ISO 22000.

Consulenza, certificazioni e crisi, abbinamenti possibili?
Il momento non è facile ma, nonostante le molte difficoltà, il settore alimentare riesce ancora a fronteggiare la crisi e le certificazioni di qualità sono fondamentali per potersi rivolgere nella grande distribuzione internazionale; sono quindi particolarmente importanti per le aziende che investono sull’internazionalizzazione e sull’export.

Perché le aziende si certificano?
Per esigenze interne, esterne o per un mix di queste ragioni. Per quanto attiene alle motivazioni interne, nel lungo periodo, un buon Sistema Qualità può portare a ridurre i costi grazie al miglioramento continuo dei processi e dei prodotti. L’ottimizzazione dell’organizzazione e la definizione di processi standardizzati, controllati e documentati non possono che migliorare i risultati dell’azienda e sono un forte elemento di competitività in un mercato non più disponibile ad accettare improvvisazione e disorganizzazione. Vale il principio di base che la qualità di un prodotto non potrà mai essere superiore a quella del processo che lo genera. Rispetto alle motivazioni esterne, le aziende intraprendono la certificazione spinte dalle richieste più o meno vincolanti da parte dei committenti. Da tempo, i grandi gruppi industriali e la grande distribuzione impongono ai propri fornitori l’adozione di un sistema qualità per avere maggiori garanzie sui risultati della fornitura ed una semplificazione dei controlli. Anche il settore pubblico, con i requisiti dei bandi di gara, spinge in tale direzione.

Hamburger and sandwich in box

Il futuro

Il settore alimentare ha bisogno di migliorare? Se si, su quali basi ed in cosa?
La qualità del Made in Italy è riconosciuta in tutto il mondo, ma non basta più. Ci sono ampi margini di miglioramento in termini d’innovazione. Le aziende dovrebbero tornare ad investire in ricerca e sviluppo per rimanere competitive in un mercato globalizzato come quello odierno. E’ inoltre importante che realizzino sinergie e si organizzino in strutture atte a proteggere in modo efficace i marchi italiani e la qualità dei nostri prodotti.

I suoi obiettivi per quest’anno?
Con Almater organizzerò diversi momenti formativi, convegni e corsi specialistici. Abbiamo avuto tante richieste in tal senso e vogliamo rispondere concretamente e con professionalità. Puntiamo anche ad allargare il parco clienti e ad incrementare le collaborazioni con l’estero per ampliare le nostra offerta a tutto vantaggio delle aziende.

Un sogno nel cassetto?
Sono soddisfatta del lavoro fatto in questi anni, al momento direi che c’è molta carne al fuoco e voglio concentrare le energie sullo sviluppo del progetto Almater nella nuova sede di Parma.