Riccardo Gross, ingredienti di valore

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Il cibo è sapore, testure, freschezza, gradevolezza olfattiva e visiva. Queste caratteristiche migliorano ricorrendo ad ingredienti specialistici ed additivi alimentari. Senza non avremmo alimenti sicuri e l’attuale varietà di scelta

Maria Zemira Nociti

La visione spinge un imprenditore a prendere decisioni di qualità superiore, innovando, dando sempre il massimo, credendoci fino in fondo, concentrando le risorse verso uno scopo preciso. Quando un distributore di ingredienti alimentari specialistici guarda solo al budget, perde di vista il proprio principale obiettivo: “essere partner di fiducia dei clienti offrendo loro innovazione e performance”. Per crescere è essenziale mandare al cliente informazioni e non solo offerte, consigliare l’ingrediente migliore e più performante, non quello che si ha a disposizione o il più costoso. Ne abbiamo parlato con Riccardo Gross fondatore di Aethra, azienda lombarda che importa e commercializza ingredienti e additivi alimentari acquistati direttamente in Europa, America, Cina ed India.

Come è nata la sua passione per la chimica alimentare?

Nel 1953, mio padre aveva fondato Giulio Gross, azienda che importava e distribuiva additivi. Sceglieva i produttori, prevalentemente tedeschi, e li rappresentava in Italia. Fu tra le prime a credere nelle potenzialità dei polifosfati come fondenti per la preparazione dei formaggi fusi ed in seguito come additivi nell’industria delle carni lavorate. Sono stati la nuova frontiera della produzione industriale finché una forte campagna mediatica contraria li ha messi al bando. Oggi in Italia hanno un ruolo marginale. Negli anni ’70 e ’80 la Giulio Gross era una sorta di “one stop shop” per il settore carni, proponeva ingredienti, budelli artificiali, packaging e macchinari per la produzione ed il confezionamento.

Ha quindi avuto una formazione tecnica?

Economica, mi sono laureato nel 1978 in Economia aziendale all’Università Bocconi di Milano. Dopo una breve esperienza esterna, nel 1979 sono entrato in azienda affiancando mio padre e poi sostituendolo. Vent’anni più tardi davamo lavoro a quaranta dipendenti, rappresentavamo aziende italiane ed estere ed avevamo allargato i nostri servizi a diversi altri comparti merceologici. Dal ’93 avevamo instaurato rapporti con fornitori cinesi, dedicatisi a produzioni che le aziende chimiche occidentali stavano dismettendo. Pur non essendo un tecnologo alimentare ho un buon know how costruito affiancato tanti tecnologi miei collaboratori e lavorando con innumerevoli altri impegnati presso fornitori e clienti.

Come è proseguita la sua carriera?

Nel 2000, la Giulio Gross è stata acquisita dal gruppo Azelis, attivo oggi in 40 Paesi nel mondo. Sono diventato socio operativo, ho coperto il ruolo vicepresidente Italia e coordinatore internazionale per tutte le aziende food del gruppo. Nel 2005 ho lasciato gli incarichi ed ho fondato come socio di minoranza, la Campus di Parma, una start up produttrice di ingredienti funzionali ottenuti utilizzando nuove tecniche di estrazione di proteine animali e fibre vegetali. L’idea iniziale era semplice e geniale “un ingrediente svolge una funzione, 4 o 5 ingredienti sapientemente miscelati sono complementari e ne svolgono un’altra di maggior valore”. I prezzi degli ingredienti base sono noti e difficilmente contrattabili, una miscela espressamente formulata per risolvere il problema di un cliente dà marginalità a chi la crea ed all’utilizzatore.

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UNA NUOVA AVVENTURA

Oggi è titolare di Aethra…

Si. Campus è stata un’esperienza stimolante, il socio di maggioranza era un super tecnologo conosceva bene le materie prime, le loro funzioni e sapeva come miscelarle ottenendo prodotti davvero innovativi. Il problema è stato gestire il successo. Si discute tanto quando non se ne ha, ma si può discutere anche quando se ne ha molto in tempi rapidi. Nel 2009 ho lasciato e forte delle esperienze precedenti ho fondato Aethra.

Nome insolito per un’azienda …

Amo i nomi greci. Aethra è il nome di due figure mitologiche: la madre di Teseo, leggendario re di Atene, e la moglie di Falanto, ecista spartano al quale il mito attribuisce la fondazione di Taranto.

E’ stato facile avere successo?

Più di quanto pensassi. Mi ero accorto che la concentrazione dei distributori di “prodotti chimici”, che alla fine degli anni ’90 sembrava ineluttabile, non aveva messo radici. Non sempre i clienti italiani erano soddisfatti del servizio erogato dai grandi gruppi. La loro rigidità era un problema per le piccole aziende con difficoltà a programmare. Anche i produttori esteri di ingredienti non erano particolarmente entusiasti, ritenevano che una parte delle potenzialità della loro offerta rimanesse inespressa. La grande struttura penalizzava la capacità progettuale, i manager guardavano soprattutto ai numeri e trattavano settori molto diversi come se fossero un tutt’uno. Ad Aethra ho dato subito un obiettivo chiaro” essere partner dei clienti offrendo loro innovazione e performance”. Per raggiungerlo ho scelto collaboratori esperti, ma ancora sufficientemente giovani per avere e trasmettere tanto entusiasmo. Oggi siamo in dieci, cresciamo progressivamente, fatturiamo oltre sette milioni di euro. Diversi produttori esteri si sono affidati a noi perché credono in un distributore piccolo che conosce e segue bene i loro prodotti. Non siamo in rotta di collisione con i grandi gruppi, diamo la priorità ad interessanti prodotti di nicchia.

L’OFFERTA DEGLI ADDITIVI ALIMENTARI

Come è organizzata l’offerta di ingredienti ed additivi alimentari?

E’ divisa in commodity e speciality. Le caratteristiche delle prime sono stabilite per legge, sono prodotti standard, si vendono su specifica tecnica e si scelgono in base al prezzo. Il mercato è dominato da grandi gruppi, con considerevoli capacità logistiche e pertanto in grado di movimentare migliaia di tonnellate di prodotto. Aethra è focalizzata sulle specialities, per quanto chimicamente simili ciascuna è diversa. Mi riferisco per esempio al dolcificante particolare, al colorante inusuale che rendono esclusivi i prodotti dei nostri clienti. E’ importante sottolineare che vendiamo ingredienti suggerendo nel contempo applicazioni e trasmettendo know how.

Cosa intende per know how?

I grandi produttori di ingredienti sono espertissimi nella tecnologia correlata alla propria produzione, ma conoscono poco le applicazioni. O meglio, tendono a cercare di risolvere qualunque problema applicativo con il proprio ingrediente. Il distributore sa che non è così. La riduzione di calorie, il conferimento di una texture non derivano mai da un unico ingrediente, sono il risultato di una combinazione ben bilanciata. Abbiamo quindi affinato la capacità di sviluppare applicativi specifici per i prodotti italiani.

Il non avere in Italia una produzione ingredientistica forte è riconducibile all’idea di tradizione e naturalità del cibo da noi più radicata che altrove?

Il concetto di alimenti con pochi ingredienti e pochi additivi è relativamente recente. Negli anni ’70 si voleva dare a tutti la possibilità di accedere, al prezzo giusto, ad alimenti conservabili che non andassero a male nel giro di pochi giorni. Dopo la seconda guerra mondiale, per lo smembramento dei maggiori colossi industriali tedeschi per volontà degli Alleati, in Germania sono nate diverse aziende con una forte conoscenza di base ed applicativa nel settore alimentare, lo stesso è accaduto in Francia, Benelux e parzialmente in Spagna. L’industria chimica italiana si è invece dedicata più ai settori petrolchimico e farmaceutico, e pochissimo alla produzione di additivi anche se nel nostro Paese ci sono più di 15 mila aziende alimentari. La maggioranza di queste ultime è poco strutturata, non ha una ricerca e sviluppo interna e per innovare si affida a consulenti e fornitori. I distributori di additivi ed ingredienti hanno spiegato loro come utilizzare determinati conservanti, coloranti, ingredienti funzionali, ovviamente per vendere i propri prodotti ma, di fatto, fornendo servizio, idee e soluzioni.

Gli integratori sono davvero utili?

Sono interessanti, in un momento storico nel quale si parla molto di nutrizione bilanciata, capace di ottimizzare le funzioni fisiologiche e promuovere la salute minimizzando i rischi di patologie degenerative. Gli integratori sono un mezzo per coprire facilmente i fabbisogni nutrizionali. Chi ha una dieta varia e bilanciata forse non ne avrebbe bisogno, negli altri casi possono aiutare.

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INGREDIENTI SPECIALI

Parliamo di fibre….

Venticinque anni fa le potenzialità delle fibre erano poco note ed ancor meno sfruttate. Oggi le fibre sono ovunque, si vantano i loro benefici nutrizionali, ma hanno soprattutto un ruolo tecnologico: trattengono l’acqua, fino ad un rapporto di uno a dieci, i grassi in un rapporto di uno a quattro e migliorano la viscosità del prodotto. Essendo ingredienti di origine naturale non sono percepite come additivi con conseguente notevole vantaggio nella dichiarazione degli ingredienti in un’etichetta che oggi si vuole sempre più “snella”. Nel settore carni processate, l’aggiunta di fibre migliora la resa del prodotto a seguito della cottura, la texture e la succulenza. Non bisogna poi dimenticare che riduce i costi di formulazione.

Quali altri ingredienti sono in crescita?

I peptidi di collagene per i settori cosmeceutico o meglio “beauty from within”. Diversi studi hanno dimostrato che il collagene idrolizzato attraversa la barriera intestinale e può accumularsi nella pelle fino a 96 ore dopo. I claim utilizzati per pubblicizzare questi prodotti sono supportati da studi clinici ed ammessi da EFSA. Le intolleranze sono un’altra area interessante. I “senza …” o a “ridotto contenuto di …” inizialmente venduti solo in farmacia oggi sono anche nei supermercati. La sfida è ottenere prodotti gustosi, con caratteristiche che non siano molto diverse da quelle dei corrispondenti prodotti standard. Spesso oltre a proporre alle aziende soluzioni che le aiutano a differenziarsi nel comparto dell’alimentazione sana, suggeriamo loro i claim da utilizzare in funzione delle diverse strategie commerciali.

Proteine da insetti, OGM …. Come cambierà il nostro modo di mangiare?

Le potenzialità nutrizionali delle proteine da insetti sono più che acclarate, anche se in Italia le barriere psicologiche alla loro accettazione saranno altissime. Quanto agli OGM, l’averli rifiutati per ragioni ideologiche senza approfondire le evidenze scientifiche è stato un errore gravissimo, avrebbero probabilmente contribuito ad abbassare la fame nel mondo aiutando Paesi con forme di agricoltura meno avanzate. L’averli scartati si deve molto alla complessità della materia ed ancor più al fatto che siano distribuiti da una ristretta cerchia di multinazionali che hanno brevettato semi resistenti a malattie o all’ attacco di insetti. L’opinione pubblica avrebbe avuto un atteggiamento diverso se gli OGM fossero stati brevettati da piccoli laboratori di ricerca?

In materia di additivi alimentari il consumatore italiano è sempre stato altrettanto sospettoso…

Su questi temi, il consumatore è poco e male informato, ne conseguono prese di posizione irrazionali dettate da ideologie e preconcetti infondati. C’è un difetto di comunicazione, il settore alimentare fa notizia solo quando c’è una frode e si può gridare allo scandalo. Non si ha l’onesta intellettuale di evidenziare che la tecnologia ha migliorato e prolungato la sicurezza degli alimenti evitando danni a migliaia di persone. Siamo davvero certi che il salame del contadino sia migliore e più sicuro di quello industriale? Ritengo sia giunto il momento di sfatare una volta per tutte questo mito, anche a costo di sembrare antipatico e controcorrente. Non voglio demonizzare nessuno ma per ottenere dei cibi buoni e sicuri è indispensabile conoscere bene le materie prime, la tecnologia alimentare e rispettare le leggi. In passato, alcuni hanno forse esagerato con gli additivi ma certamente la chimica alimentare ha reso gli alimenti più sicuri ed accessibili a tutti.