La conformità della macchina alla normativa CE non esclude la responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio patito dal lavoratore, se per come è stata progettata e costruita ha esposto al rischio infortunio l’operatore

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La sentenza La Suprema Corte ritiene che “la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l’evento dannoso sia provocato dall’inosservanza delle cautele antinfortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l’obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare nell’impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l’accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l’ordinaria diligenza”. Poiché nel caso di specie, prosegue il Supremo Collegio “la mancanza dell’elemento di protezione era particolarmente evidente” (si trattava di un impianto non munito della protezione prevista per evitare il pericolo che venissero afferrate e trascinate parti del corpo degli operatori, uno dei quali vi aveva infilato il braccio, riportando gravissimi danni) “e per molti versi, vistosa, tale, comunque, da non poter sfuggire, senza incorrere in grossolana negligenza”. Pertanto, il ricorso del datore di lavoro è stato respinto e la condanna penale confermata.

Il Diritto. Con la sentenza n. 40702 del 29.9.2016 la Corte di Cassazione ha confermato un principio ormai consolidato nel nostro ordinamento: il datore di lavoro è responsabile delle lesioni patite da un lavoratore se ha consentito l’utilizzo di una macchina che, pur conforme alla normativa CE, per come è stata progettata e assemblata lo abbia esposto al rischio che ha portato all’infortunio.