La messa in vendita di prodotti scaduti di validità, integra il delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine solo se sia concretamente dimostrato che la merce abbia perso le sue qualità specifiche, non essendo in tal senso sufficiente il superamento della data di scadenza

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La Sentenza. Nel caso di specie, due persone avevano acquistato due pacchetti di patatine la cui data di validità era scaduta, e che, a detta loro, avevano perduto le loro “qualità specifiche” (ovvero freschezza e fragranza). Poiché nel corso del procedimento tale perdita di qualità specifica non era stata dimostrata, la Corte di Cassazione ha respinto la domanda dei consumatori, richiamando i numerosi precedenti in tal senso, tra i quali la Sentenza n.28 del 25.10.2000 delle Sezioni Unite della stessa Suprema Corte. Nella stessa pronuncia si evidenzia, altresì, come la maggiore o minore durata della detenzione, e la maggiore o minore imminenza della vendita, sono irrilevanti ai fini della configurazione dello stesso reato, che risulta oggettivamente integrato dalla relazione di fatto tra esercente e sostanza non genuina e soggettivamente completato dall’intenzione di esitarla come genuina.

Il Diritto. Con la Sentenza n. 38841 del 20.9.2016, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha confermato un principio ormai consolidato nel nostro ordinamento, in forza del quale “la messa in vendita di prodotti scaduti di validità, integra il delitto di cui all’art. 516 cod. pen. (vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine) solo qualora sia concretamente dimostrato che la singola merce abbia perso le sue qualità specifiche, atteso che il superamento della data di scadenza dei prodotti alimentari non comporta necessariamente la perdita di genuinità degli stessi”.