In tema di rifiuti è inammissibile ogni valutazione soggettiva della natura dei materiali da classificare o meno quali rifiuti, poiché è rifiuto ciò che è qualificabile come tale sulla scorta di dati obiettivi

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Il Diritto. Con la Sentenza n.48316 del 16.11.2016 la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un soggetto che aveva realizzato una discarica di rifiuti speciali al fine di trarre illecito profitto dalla loro commercializzazione.

La Sentenza. La Suprema Corte ha riconosciuto come i giudici del merito avessero correttamente indicato gli elementi fattuali sulla base dei quali è stata ritenuta “la natura di rifiuto dei materiali presenti sull’area, richiamando la documentazione fotografica ed il verbale di sequestro e dando atto della circostanza che detti materiali erano di diversa specie e natura  (si indica, infatti, la presenza di terra e pietre provenienti da scavi e demolizioni, RAEE, rottami ferrosi e legnosi, giornali, veicoli fuori uso non bonificati, parti di veicoli fuori uso, copertoni, stracci e alimenti) e potevano classificarsi quali rifiuti speciali”. Sostiene poi la Corte che, sulla base della definizione di rifiuto di cui all’art.183, comma 1, lettera a) del Decreto Legislativo 152/2006 (“qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disti o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”) deve “ritenersi inaccettabile ogni valutazione soggettiva della natura dei materiali da classificare o meno quali rifiuti, poiché è rifiuto non ciò che non è più di nessuna utilità per il detentore in base ad una sua personale scelta ma, piuttosto, ciò che è qualificabile come tale sulla scorta di dati obiettivi che definiscano la condotta del detentore o un obbligo al quale lo stesso è comunque tenuto, quello, appunto, di disfarsi del suddetto materiale”. Nel caso di specie è risultato evidente che “la eterogeneità dei materiali e le condizioni in cui venivano detenuti evidenziano la loro natura di rifiuto nonché la circostanza che l’originario detentore se ne era disfatto e, dunque, non rileva che detti materiali fossero, almeno in parte, suscettibili di riutilizzazione economica, poiché tale evenienza non esclude comunque la loro natura di rifiuto”.