Costituisce violazione delle norme a tutela del consumatore e del “made in Italy” la poca visibilità, nell’etichetta, dell’indicazione del paese di produzione in presenza di evidenti riferimenti all’Italia

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La Sentenza. Il Supremo Collegio ha stabilito che il provvedimento assunto dal Tribunale di Genova deve ritenersi corretto perché “le indicazioni apposte sulla pasta” risultano “fallaci, tali da ingannare il consumatore sulla provenienza della merce stessa e da integrare l’ipotesi penalmente rilevante, in quanto mentre i caratteri relativi all’area geografica – Napoli Italia – e alla ditta produttrice “prodotta e confezionata for produced for pastificio L. Garofalo s.p.a. (OMISSIS)” erano bene evidenti sulla confezione, la dicitura “made in Turkey”, sulla base di un esame diretto ad opera degli stessi giudici, era confinata sotto la data di scadenza, poco leggibile e apposta con inchiostro diverso, facilmente rimuovibile. Tali indicazioni, quindi, sono state ritenute idonee ad ingenerare nel pubblico (e cioè nel consumatore medio dello specifico settore), la convinzione che la merce fosse di origine italiana o che, comunque, nel nostro Paese avesse subito almeno una lavorazione sostanziale, circostanza questa esclusa dallo stesso ricorrente che afferma che l’intero ciclo produttivo sarebbe avvenuto in Turchia.

Il Diritto. Con la Sentenza n. 25030 del 26.4.2017 la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del sequestro effettuato in data 14.10.2015 presso il Porto di Genova, avente ad oggetto circa un milione di chili di spaghetti prodotti in Turchia per un pastificio italiano, e convalidato dal Giudice per le indagini preliminari di Genova con ordinanza del 16.10.2015. Il GIP di Genova aveva ravvisato nella fattispecie il fumus dei reati di cui agli articoli 514 (“frodi contro le industrie nazionali”) e 517 (“vendita di prodotti industriali con segni mendaci”) del Codice Penale, nonché dell’art. 4 comma 49 della Legge 350/2003 (“Finanziaria 2004”), che punisce “l’importazione e l’esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza”, stabilendo inoltre che costituisce “falsa indicazione la stampigliatura “made in Italy” su prodotti e merci non originari dall’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l’uso di segni, figure, o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli”.

 

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