Cesare Portinari, non c’è spazio per l’improvvisazione…

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Cesare Portinari
Cesare Portinari

Ogni prodotto alimentare deve essere pensato per il consumatore e costruito con l’intera filiera. Solo così diventa parte della vita quotidiana delle persone. Non c’è spazio per l’estemporaneità e la banalizzazione del cibo o del food packaging.

Un’ottima preparazione tecnica, l’attitudine a generare e presidiare contatti, la capacità di costruire premesse e condizioni atte a chiudere positivamente un progetto sono le principali doti di un buyer che seleziona i fornitori ed acquista materie prime e packaging per l’industria alimentare.

Ne abbiamo parlato con il dottor Cesare Portinari, giovane laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari, che fin da bambino ha respirato l’aria dell’alta enogastronomia ed ora segue le proprie inclinazioni all’insegna dell’interdisciplinarietà del mondo agroalimentare.

Da dove scaturisce il suo interesse per il settore agroalimentare?

E’ una tradizione familiare. Sono nato e cresciuto in un contesto dove la ricerca delle migliori materie prime vegetali ed animali è la regola. Mio nonno aveva una macelleria – rosticceria, mio padre è un celebre chef. A 10 anni ho cominciato, per gioco, a cimentarmi ai fornelli di “La Peca”, il ristorante di famiglia.

Affiancando lo staff di cucina, ho imparato come ogni lavorazione e processo tecnologico influenzino le caratteristiche chimico-organolettiche delle specialità in preparazione e come, le diverse tipologie di cotture, ne modifichino gusto, appearance, sapore, odore e texture. Ho inoltre avuto la fortuna di coltivare ed allevare personalmente le materie prime che trasformavo. Un imprinting che mi ha inevitabilmente indirizzato verso questo settore, inducendomi ad approfondire ogni argomento che lo riguardasse.

Quale è stato il suo percorso formativo?

Terminata la scuola media, mi sono iscritto all’Istituto Tecnico Agrario Trentin di Lonigo e, dopo il diploma, ho scelto il corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari presso l’Università degli Studi di Padova. In pratica, sono partito dal primo anello della filiera produttiva (agricoltura e allevamento) e ho seguito l’intero percorso fino al consumatore. La possibilità di sperimentare, in una cucina professionale, le nozioni apprese sui banchi di scuola, mi ha permesso di affiancare ad ogni conoscenza teorica un’esperienza pratica.

Nelle sue due tesi di laurea si è occupato di packaging….

Il mondo del packaging mi ha “sedotto”. Mi affascina l’idea che polimeri di diversa natura e con diverse funzioni collaborino tra loro per rendere utilizzabile, a lungo termine, una matrice alimentare, altrimenti degradabile in breve tempo. Il packaging è ciò che rende possibile il mercato agro-alimentare. Per l’elaborato finale della Laurea triennale mi sono occupato d’imballaggi intelligenti, in particolare di TTI (indicatori tempo temperatura). Nella tesi per la Laurea magistrale ho trattato un tema di grande attualità: l’impiego di scarti dell’industria alimentare per migliorare le caratteristiche di matrici polimeriche utilizzate nel packaging.

E’ favorevole o contrario all’uso degli indicatori tempo-temperatura sulle singole confezioni?

I TTI monitorano la “storia termica” dei prodotti. Il loro viraggio segnala l’interruzione della catena del freddo ed un possibile problema di sicurezza per il prodotto. La cinetica della reazione chimica sottesa al viraggio è, o meglio dovrebbe essere, calibrata sullo sbalzo di temperatura subito dal prodotto e sulla velocità di decadimento di un parametro qualitativo, significativo per il prodotto stesso.

La data di scadenza ed il TMC valgono solo quando l’alimento è conservato in condizioni ottimali, un TTI fornisce invece un’informazione sulla reale situazione qualitativa del prodotto.

Perché le aziende sono restie ad utilizzarli?

Temono i costi aggiuntivi correlati all’indicatore stesso, alla gestione di una stazione di etichettatura in più sulla linea di confezionamento; hanno inoltre dubbi che il fornitore di questi dispositivi dovrebbe subito chiarire. Durante il trasporto la legge ammette fluttuazioni di temperatura fino a 3°C in più rispetto allo standard ed il TTI deve tenerne conto.

E’ vero che alcuni dispositivi, applicati all’esterno della confezione, reagiscono alla variazione di temperatura ambiente trascurando i meno significativi cambiamenti avvenuti nel cuore del prodotto; ma è altrettanto vero che il viraggio dell’indicatore dipende dalla cinetica di reazione. Scegliendo una cinetica non classica, ad esempio con una lag phase, il TTI vira solo quando l’esposizione del prodotto al “caldo” è tale da comprometterne la qualità.

Per quanto riguarda invece l’argomento della tesi di laurea magistrale?

I problemi associati agli imballaggi destinati al contatto con gli alimenti ottenuti recuperando gli scarti dell’industria alimentare sono di diversa natura: riguardano performance, processabilità, costi, conformità alla normativa nazionale ed internazionale. La ricerca ha fatto grandi progressi ma le applicazioni sono ancora poche.

Il principale ostacolo sono i costi che ad oggi non bilanciano i vantaggi derivabili, per esempio, da una diversa gestione dei rifiuti industriali.

Come ha esordito nel mondo del lavoro?

A parte la prime incursioni in cucina da bambino, il lavoro è entrato, ufficiosamente, a far parte della mia routine quotidiana fin dai 16 anni. Da allora ho contribuito a tutti gli effetti all’attività di famiglia in termini di coltivazione – allevamento e di ristorazione. Una seconda vita che mi ha accompagnato lungo l’intero periodo degli studi.

Il ristorante della sua famiglia vanta due stelle Michelin ed è citato dalle più prestigiose guide enogastronomiche nazionali ed internazionali. Che valore aggiunto apporta un tecnologo alimentare in questo contesto?

L’alta cucina richiede competenze che vanno oltre il puro e semplice sesto senso. Una conoscenza approfondita della materia prima dal punto di vista chimico – fisico, delle possibili sollecitazioni e cambiamenti che può sopportare, garantisce l’ottenimento del massimo da quella matrice. Chiarisco meglio il mio pensiero con un esempio.

Ciascuno di noi è in grado di annotare su un foglio i propri pensieri, ma solo i grandi scrittori, che conoscono a fondo la tecnica letteraria, sanno come trasmetterli e farli rivivere al lettore. Allo stesso modo un cuoco, capace di manipolare il cibo a proprio piacimento al punto da stimolare emozioni attraverso la preparazione, l’accostamento dei sapori e la presentazione dei piatti, con l’aiuto della tecnologia alimentare diventa un grande chef.

Oggi lavora nell’industria, cosa porta con sé di questa pluriennale esperienza?

Il saper riconoscere le materie prime e gli alimenti di qualità. Talvolta nell’industria si parla di qualità da un punto di vista meramente tecnico, senza aver mai assaggiato un vero prodotto di qualità. L’aver assaggiato un’infinità d’ingredienti di prima scelta e di un certo valore organolettico, mi ha dotato di una buona sensibilità sensoriale, essenziale per discernere tra ingredienti idonei e ingredienti non idonei all’utilizzo in produzione e per classificarli secondo una scala di accettabilità.

Come è stato l’inserimento nell’ambiente lavorativo esterno alla famiglia?

Ho iniziato con uno stage in un’azienda lattiero casearia. Terminati gli esami ed intrapresa la stesura della tesi per la laurea magistrale, ritenendo accettabile (ovviamente non la riterrò mai completa) per il mondo del lavoro la mia conoscenza teorico-pratica del settore alimentare, ho accettato un lavoro stagionale come cantiniere presso una grande realtà vitivinicola.

Che mansioni aveva?

Ero in produzione e felice di essere a contatto con il prodotto. Lavorare su una linea di produzione sviluppa la sensibilità verso tematiche che la sola “vita d’ufficio” non può evidenziare. Gestivo i mosti d’uva, dall’inoculo al trasferimento in tank di stoccaggio per l’invecchiamento.

Il processo comprendeva la reidratazione del lievito, la gestione degli arricchimenti dei mosti, la movimentazione del fermentato tra le varie vasche di lavorazione e la chiarificazione dello stesso. Ho cercato di imparare il più possibile in termini di tecnologia, organizzazione, processi e rapporti. Volevo soprattutto rendermi conto delle differenze che intercorrono tra un’attività familiare ed un’azienda più complessa e strutturata.

Il ruolo del buyer

Oggi lavora nel settore pasta fresca e pasta fresca ripiena. Si occupa di selezione, controllo qualità, audit, acquisto e capitolati delle materie prime food e non-food. Come si sceglie un fornitore di materie prime?

I criteri dipendono dalla policy aziendale. Esistono ancora aziende che considerano solo il prezzo ma, fortunatamente, la maggior parte delle imprese punta alla qualità dell’acquisto. La scrematura iniziale dei fornitori comporta la valutazione del tipo di ingrediente offerto, seguita da un test sensoriale.

Si procede poi con i soli fornitori interessanti valutando, in ordine d’importanza: le caratteristiche igienico-strutturali del sito produttivo, la prontezza di risposta alle comunicazioni, il tempo di reazione ad una contestazione/segnalazione di non conformità, l’affidabilità nell’evasione dell’ordine, la proattività, la disponibilità nell’esaudire le richieste ed infine il prezzo.E’ fondamentale usare il buon senso. Si dà peso alla qualità del prodotto dove realmente questa fa la differenza; su ingredienti marginali e non caratterizzanti il prodotto finito, l’industria evita di ricercare caratteristiche qualitative che il consumatore non sarà in grado di recepire.

Come si sceglie un fornitore di packaging?

Si adotta il medesimo schema operativo, dando maggior peso alla qualità ed alle caratteristiche dei materiali utilizzati più che al prezzo. Un richiamo del prodotto dal mercato, a seguito per esempio di un ammuffimento, costa all’azienda molto più di qualche centesimo risparmiato nell’acquisto di un chilo di film plastico.

Come si scrive un buon capitolato?

Affinché il cliente o il fornitore non vedano il capitolato come un contratto castrante, entrambe devono collaborare alla stesura. Il capitolato sancisce regole, obblighi, doveri e limiti entro i quali fornitore e cliente possono operare.

Tutela il cliente che si aspetta un prodotto standardizzato e necessita di una copertura da eventuali non conformità; tutela il fornitore che, redigendo il capitolato con il cliente, potrà meglio adattarlo ad entrambe le realtà aziendali, facendo in modo che le clausole indicate siano di reale applicazione. Si crea così il presupposto per un rapporto di co-makership, di stretta e fattiva collaborazione tra le due aziende.

Quanto è tutelante il capitolato ai fini del buon andamento aziendale?

Più che tutelante lo definirei necessario. Stabilisce procedure e standard di prodotto, in grado d’assicurare una fornitura efficiente e costante: pilastro fondamentale per un prodotto finito di qualità ripetuta e stabile.

Quali tecniche di vendor rating consiglierebbe ad una media azienda alimentare?

Seguire gli indici fondamentali per la valutazione di un fornitore: conformità a capitolato e specifiche tecniche, flessibilità, tempestività di reazione in caso di non conformità o di modifiche richieste dal cliente, buona volontà e competenza tecnica del personale, sito produttivo e mezzi d’opera utilizzati, aspetti commerciali ed amministrativi, rispetto del lead time concordato, valutazione complessiva della qualità della prestazione e della proattività con la quale il fornitore si presenta.

Cosa non deve mancare in un buon audit?

Certamente il buon senso! Non bisogna essere rigidi e schematici al punto da segnalare una non conformità appena l’operato del fornitore si discosta dal tipico e sistemico approccio teorico. E’ importante valutare con ragionevole certezza il rischio collegato a tale non conformità e capire come l’operatore lo gestisce. E’ altrettanto fondamentale non avere pregiudizi.

Per non correre il rischio di classificare i fornitori prima ancora d’indossare cuffia, camice in TNT e calzari, l’audit deve essere il più possibile oggettivo, svincolato dall’influenza di eventi passati e concentrato sul presente! L’auditor deve avere una buona conoscenza teorico – pratica del comparto dove opera l’azienda auditata. Spesso si assiste ad audit impostati su preparazioni teoriche generiche applicabili a tutte le aziende alimentari, senza considerare che ogni settore ha le proprie peculiarità.

Quali sono gli elementi di valutazione di un’offerta?

Sono molti e tutti importanti: la pregressa collaborazione con il fornitore, il prezzo medio dell’ultimo semestre/anno, gli andamenti del mercato, la classificazione vendor rating del fornitore ed ultimo, ma non meno rilevante, l’azienda che abbiamo di fronte. Talvolta un aumento di prezzo garantisce al fornitore investimenti impossibili senza un minimo di margine in più ed all’acquirente assicura un fornitore capace di mantenere e migliorare nel tempo le proprie perfomance qualitative.