Diagnosi energetiche verso il monitoraggio

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Il settore industriale della produzione alimentare dovrà tenere conto della evoluzione delle . Criteri e modalità per il monitoraggio dei consumi

Le diagnosi energetiche che hanno impegnato i soggetti obbligati a provvederne alla redazione sul finire del 2015 debbono entrare nell’ottica dei prossimi adempimenti che, a norma di legge, si presenteranno alla scadenza dei quattro anni dall’evento di Diagnosi (DLg 4 luglio 2014 n.102). Gli operatori del comparto alimentare sono interessati, al pari e più di altri, alla evoluzione dei temi relativi al consumo razionale dell’energia.

Ma per capire appieno il significato di quanto sopra occorre ricordare le motivazioni della diagnosi energetica che, nelle intenzioni del legislatore, è stata pensata per essere utile sia all’Impresa che al Sistema energetico nazionale nel suo complesso. E’ utile all’Impresa perché una Diagnosi Energetica è sostanzialmente una procedura sistematica, finalizzata a ottenere un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di una attività o impianto industriale e ad individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi- benefici, nonché a riferire in merito ai risultati.

La Diagnosi è poi utile al Sistema-Paese perché crea dei riferimenti di settore da confrontare con realtà estere e comunque pensate per dare una misura dei possibili miglioramenti futuri. Vediamo in Figura 1 una interessante statistica in merito alle diagnosi energetiche. In Figura 2 è visibile la ripartizione per settore degli investimenti in efficienza energetica in Italia.

Dalla diagnosi al monitoraggio. Nel caso di imprese multi-sito sono stati introdotti i principi della clusterizzazione, ovvero la non necessità di estendere la diagnosi ad ogni insediamento industriale, per quanto piccolo o identico ad altri della medesima impresa, esso fosse. A tal fine già nella tornata di Diagnosi 2015 erano state introdotte le definizioni di Siti obbligatori, campionati ed esclusi. Chi ha affrontato la prima diagnosi si è subito dovuto confrontare con la cosiddetta “Struttura energetica aziendale”. Il definire una “struttura energetica aziendale” (“alberatura”), attraverso un percorso strutturato a più livelli, consente di avere un quadro completo ed esaustivo della realtà dell’impresa, che viene suddivisa in aree funzionali, per le quali si procede all’acquisizione dei dati energetici. Ma la differenza è qui: mentre per il ciclo di Diagnosi effettuate nel 2015 sono state ritenute valide stime, calcoli, misure indirette dei vettori energetici esaminati durante la Diagnosi, nel prossimo ciclo di diagnosi (obbligo del 5 dicembre 2019 per chi ha ottemperato quello nel dicembre 2015) sarà, invece, indispensabile misurare una gran parte dei vettori energetici oggetto di analisi. Infatti nei “chiarimenti in materia di Diagnosi Energetica nelle imprese” del novembre 2016, pubblicati dal Ministero dello Sviluppo Economico, e in particolare al punto 4.1 di quel documento si pone la domanda: “Quali sono i requisiti minimi che la diagnosi energetica deve rispettare ai fini dell’adempimento dell’obbligo?” e si afferma quanto segue: “In primis l’azienda viene suddivisa in aree funzionali. Si acquisiscono quindi i dati energetici dai contatori generali di stabilimento e, qualora non siano disponibili misure a mezzo di contatori dedicati, per la prima diagnosi, il calcolo dei dati energetici di ciascuna unità funzionale viene ricavato dai dati disponibili”. Nell’Allegato II dello stesso documento si prevede: “Una volta definito l’insieme delle aree funzionali e determinato il peso energetico di ognuna di esse a mezzo di valutazioni progettuali e strumentali, si dovrà definire l’implementazione del piano di monitoraggio permanente in modo sia da tener sotto controllo continuo i dati significativi del contesto aziendale, che per acquisire informazioni utili al processo gestionale e dare il giusto peso energetico allo specifico prodotto realizzato o al servizio erogato”. In sostanza, nelle diagnosi successive alla prima per le aree funzionali devono esserci contatori dedicati, ovvero non tanto un sistema di monitoraggio completo ad esse dedicato ma una “strategia di monitoraggio” che, attraverso un’opportuna copertura di sistemi di strumentazione, di controllo e di gestione, faccia in modo che i parametri energetici ad esse relativi possano avere un’affidabilità crescente con la progressiva importanza di detti sistemi. I criteri minimi che devono possedere gli audit “di qualità” sono quelli di essere basati su dati operativi relativi al consumo di energia che siano aggiornati, misurati e tracciabili e (per l’energia elettrica) sui profili di carico e di comprendere un esame dettagliato del profilo di consumo energetico di attività o impianti industriali, di edifici annessi ed ivi compreso i trasporti.

Come verranno utilizzati i risultati. L’Ente di controllo delle Diagnosi (ENEA) persegue lo scopo di ottenere risultati confrontabili all’interno dei vari settori produttivi, che permettano analisi e valutazioni affidabili. L’Ente stesso suggerisce, un percorso che traduce nella operatività quelli che sono, comunque, i criteri generali definiti nell’Allegato II decreto 102 e nelle norme UNI 16247 1-4. La definizione del grado di copertura, ad esempio, dei parametri che contribuiscono alla definizione degli indici di prestazione energetica (quanta energia per unità di prodotto) in uno stabilimento produttivo è una delle necessarie premesse alla loro affidabilità. Per questo motivo l’Ente di controllo vuole indicare un grado di copertura, mediante misure, al fine di ottenere risultati derivanti dalle diagnosi che aumentino l’attendibilità degli indici, quelli attualmente in valutazione ed eventualmente di individuarne altri, non definibili con sufficiente approssimazione. Un ulteriore elemento qualificante è la definizione di una reportistica condivisa utile ad una migliore comprensione delle prestazioni energetiche del sistema produttivo nazionale. Tale è il lavoro che ENEA sta attualmente svolgendo con le associazioni di settore del mondo produttivo.

I siti da considerare. Consideriamo ora la individuazione dei siti da monitorare. E’ il caso tipico delle aziende in cui molteplici siti industriali afferiscono ad una medesima ragione sociale, talvolta estesa a un numero cospicuo di siti di “interesse energetico”. I siti per i quali si applicano le indicazioni qui di seguito riportate sono talvolta una parte di quelli appartenenti a quelli obbligati alla realizzazione di una diagnosi energetica ai sensi del D.Lg. 102/2014. I criteri di individuazione sono i seguenti:
a) per le imprese mono sito: le imprese che nell’anno di riferimento abbiano avuto un consumo superiore alle 100 TEP.
b) per le imprese multi-sito: tutti i siti classificati come industriali che abbiano avuto un consumo nell’anno di riferimento maggiore di 10.000 TEP. Nel caso di siti “industriali” con consumi uguali o inferiori a 10.000 TEP si applica la “clusterizzazione”, ovvero l’indicazione della percentuale dei siti su cui adottare il piano di misurazioni e/o monitoraggio.
Dunque il campione prescelto sarà costituito da una percentuale decrescente di ciascun gruppo, per fascia di consumo, a partire dal 25% per la fascia di consumi più alta fino ad arrivare all’1% per la fascia più bassa (Figura 3).
Definito, per ogni scaglione, il numero di siti soggetti ad obbligo di misura, è facoltà dell’impresa decidere su quale sito (per singola fascia) adottare il sistema di monitoraggio. Nel caso in cui siano presenti degli impianti di autoproduzione, ai fini del calcolo del consumo totale di sito, si deve fare riferimento ai consumi totali di energia primaria “equivalenti”. Occorre notare comunque che la clusterizzazione descritta è una proposta assolutamente non vincolante. Si lascia pertanto al redattore della diagnosi la possibilità di proporre una qualsiasi altra metodologia per la scelta e l’individuazione dei siti da sottoporre a monitoraggio, purché rappresentativa della realtà produttiva dell’azienda in esame; è comunque consigliabile inserire all’interno di ogni diagnosi energetica una sezione definita esplicitamente “piano di monitoraggio” o “piano di misurazioni”, dove riportare le scelte fatte in merito, con giustificazione secondo valutazioni costi/benefici.

Misurare secondo livelli. L’obiettivo è quello di rendere affidabili, passando dalla stima alla misura, gli indicatori di prestazione generale dell’impianto per processo produttivo, servizi ausiliari e servizi generali, in modo da poter individuare benchmark affidabili per il settore industriale e terziario. Oltre ai dati di consumo dei singoli vettori dovranno essere quindi forniti anche dati “affidabili” sulla produzione nel periodo di riferimento. Con riferimento allo schema energetico aziendale (Figura 4), per ciascun vettore energetico (Vj) presente in sito (energia elettrica, gas naturale, gasolio, ecc.) occorrerà fornire dati misurati relativamente al “Livello C”. Occorrerà quindi misurare, per tutti i vettori energetici, i consumi di processo, dei servizi ausiliari e dei servizi generali secondo determinate percentuali definite successivamente. Qualora non fossero disponibili, o tecnicamente non realizzabili, le misure relative al livello C, si potrà procedere con un approccio del tipo “bottom-up” e quindi ricavare le misure del livello C come somma delle misure del livello D. Vengono esclusi i vettori energetici il cui consumo totale incide per meno del 10% sul totale del consumo dei sito. Si ricorda comunque che la somma dei vettori energetici eventualmente esclusi ai sensi del presente articolo, non deve in ogni caso eccedere il 10% del consumo totale di sito. In caso di impianti di autoproduzione presenti in sito, la quota parte auto-consumata del vettore energetico in output all’impianto va a sommarsi all’eventuale quota acquistata del medesimo vettore energetico. In altre parole, per ogni vettore energetico, si deve valutare il fabbisogno totale presso il sito.

Il livello di copertura. Tema assai dibattuto a causa del forte impatto sui costi del monitoraggio è quello dei livelli di copertura del medesimo. Per i siti industriali con consumo totale superiore a 10.000 TEP/anno i livelli richiesti (raccomandati) dall’Ente di Controllo sono i seguenti:
• 85% di copertura dei dati misurati, per ogni vettore energetico, rispetto al consumo totale dello stesso vettore energetico nell’anno di riferimento (come rilevato al contatore fiscale – Livello A) per l’area (livello C) “attività principali”;
• 50% di copertura dei dati misurati, per ogni vettore energetico, rispetto al consumo totale dello stesso vettore energetico nell’anno di riferimento (come rilevato al contatore fiscale – Livello A) per l’area (livello C) “servizi ausiliari”;
• 20% di copertura dei dati misurati, per ogni vettore energetico, rispetto al consumo totale dello stesso vettore energetico nell’anno di riferimento (come rilevato al contatore fiscale – Livello A) per l’area (livello C) “servizi generali”.
Invece per i siti industriali con consumo totale inferiore a 10.000 TEP/anno il livello di copertura decresce linearmente al decrescere dei consumi, secondo la sintesi riportata in Figura 5.

Conclusioni. Pur necessitando di una trattazione più accurata, impossibile in questa sede, è evidente come il passaggio alla misurazione per l’affinamento delle Diagnosi Energetiche sia tutt’altro che banale. La metodologia vista sopra deve essere applicata, con il rispetto delle relative percentuali, ai siti obbligati alla scadenza 2015, in occasione della presentazione della Diagnosi Energetica successiva alla prima. La sfida, che le imprese industriali in campo alimentare obbligate sono chiamate ad affrontare, è legata al fatto che misurare l’efficienza energetica è un’operazione molto più complessa della misura dell’energia prodotta (ad esempio da cogenerazione, da fonti rinnovabili, ecc.), poiché richiede non solo la misura di uno o più parametri, ma anche il confronto con la situazione precedente all’intervento di efficienza, considerando le variazioni nel contempo intervenute. In definitiva si può dire che la complessità di misurare l’efficienza energetica è una delle barriere all’efficienza energetica stessa.