Radiazioni ionizzanti, quale futuro nel trattamento degli alimenti?

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Sono definite ionizzanti quelle radiazioni, elettromagnetiche e corpuscolate, che possiedono energia sufficiente per ionizzare, in modo diretto o indiretto, gli atomi del materiale irradiato che incontrano, impartendo agli elettroni energia cinetica sufficiente a farli allontanare, con formazione di ioni e radicali liberi.

Sulla materia vivente hanno effetto in tre fasi, chimica, fisica e biologica. Le radiazioni ionizzanti possono essere utilizzate, in base ai livelli di dosaggio (da 5 a 100 kGy),per sanificare o sterilizzare prodotti medicali e diagnostici, materiale sanitario, prodotti farmaceutici, packaging cosmetico, farmaceutico e alimentare, altri prodotti (per esempio stuzzicadenti, talco etc.) ma anche nel campo della chimica dell’irraggiamento per il processo di scurimento degli articoli in vetro (principalmente flaconi per profumeria e cosmetici) e la retico lazione di materie plastiche (cross-linking). I primi tentativi di applicare le radiazioni alla conservazione degli alimenti si possono far risalire alla fine del XIX secolo con Pacinotti e Porcelli. Bisogna giungere al 1957 in Germania per avere un’utilizzazione commerciale dell’irraggiamento [4].

Normativa per i prodotti alimentari

Il trattamento degli alimenti e dei loro ingredienti con radiazioni ionizzanti è regolamentato dalle direttive 1999/2/CE e 1999/3/CE relative al riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, entrate in vigore il 20 settembre 2000. A partire dal 20 marzo 2001, tutti gli alimenti irradiati e i loro ingredienti immessi sul mercato europeo devono quindi ottemperare alle disposizioni delle suddette direttive.

Più precisamente la direttiva quadro 1999/2/CE copre gli aspetti generali e tecnici dell’attuazione del processo, mentre la direttiva di applicazione 1999/3/CE stabilisce un elenco comunitario di alimenti e loro ingredienti che possono essere trattati con radiazioni ionizzanti. L’emanazione di direttive comunitarie nasce dall’esigenza di armonizzare le differenze tra le legislazioni nazionali e quindi tra le relative condizioni di impiego dell’irraggiamento, che potrebbero condizionare la libera circolazione dei prodotti alimentari nonché, dall’esigenza di tutelare i consumatori per i quali l’irradiazione costituisce un motivo di preoccupazione e un tema di pubblica discussione.

In questa ottica la direttiva quadro stabilisce il campo di applicazione dell’irraggiamento, le finalità e le condizioni del trattamento, ivi comprese le sorgenti di radiazioni che possono essere utilizzate, le dosi che possono essere applicate e i requisiti igienici dei prodotti alimentari da sottoporre al trattamento stesso. Per quanto riguarda le condizioni per l’autorizzazione al trattamento, la direttiva comunitaria prevede che il trattamento possa essere ammesso solo se:

– esiste una giustificata e ragionevole necessità tecnologica;

– costituisce un beneficio per il consumatore;

– non presenta rischi per la salute;

– non viene utilizzato per sostituire misure igieniche e sanitarie o buone prassi di fabbricazione cioè solo se gli alimenti sono sani e in buone

condizioni al momento dell’applicazione del trattamento stesso. Per quanto riguarda le condizioni del trattamento la normativa vigente

stabilisce che esso sia effettuato soltanto mediante i seguenti tipi di radiazioni ionizzanti:

– raggi gamma emessi da radionuclidi 60Co o 137Cs;

– raggi X emessi da sorgenti artificiali attivate ad un livello energetico nominale pari o inferiore a 5 MeV;

– elettroni emessi da sorgenti artificiali attivate ad un livello energetico nominale pari o inferiore a 10 MeV.