Radiazioni ionizzanti, quale futuro nel trattamento degli alimenti?

4186

Parere dell’Efsa

Gli esperti scientifici dell’EFSA hanno fornito un aggiornamento di un precedente parere scientifico sulla sicurezza dell’irradiazione degli alimenti. Gli esperti EFSA concludono che per i consumatori non vi sono rischi microbiologici collegati all’utilizzo di alimenti irradiati.

La pratica dell’irradiazione, benché efficace, deve considerarsi soltanto uno dei numerosi processi che possono ridurre la presenza di patogeni negli alimenti. Secondo loro l’irradiazione deve far parte di un programma integrato di gestione della sicurezza alimentare volto a proteggere i consumatori, che comprende buone prassi agricole, produttive e igieniche. Gli esperti affermano che la maggior parte delle sostanze che si formano negli alimenti a seguito di irradiazione si formano anche durante altri tipi di trattamento degli alimenti, con livelli confrontabili a quelli che si originano, ad esempio, con il trattamento termico dei cibi [3].

Gammarad Italia Spa

E’ l’unica realtà italiana autorizzata al trattamento degli alimenti con radiazioni ionizzanti. La tecnologia impiegata è quella dei raggi gamma emessi dal decadimento del nucleo radioattivo dell’isotopo 60 del Cobalto (60Co). L’azienda è specializzata nel trattamento di prodotti medicali, diagnostici, sanitari, farmaceutici e packaging farmaceutico, cosmetico, alimentare, mentre da circa sei anni non utilizza questa tecnologia per il trattamento dei prodotti alimentari a causa di mancanza di richiesta da parte del mercato.

Conclusioni

Nel nostro paese questa tecnologia stenta ad affermarsi nel trattamento degli alimenti. Permane, da parte dei consumatori, una diffidenza di fondo dovuta a dubbi, anche se infondati, sulla sicurezza e derivante anche dal possibile uso non corretto delle radiazioni per mascherare e risanare bassi standard igienici e microbiologici degli alimenti.

Il dubbio principale potrebbe essere: può il trattamento rendere l’alimento radioattivo? Alla luce degli studi fino ad oggi effettuati questo non è possibile. E’ necessario distinguere il concetto di alimento irradiato da alimento radioattivo. Nel primo caso l’alimento non viene mai in contatto con la fonte radioattiva ed alle massime dosi possibili di trattamento risulta avere una radioattività acquisita di molto inferiore a quella naturalmente presente in ogni corpo.

Nel secondo caso invece l’alimento è accidentalmente entrato in contatto con particelle di sostanza radioattiva che continua quindi ad emanare radiazioni per il suo normale decadimento.[5][6] Viceversa le radiazioni trovano conveniente applicazione nel settore sanitario, farmaceutico e cosmetico ed alimentare nei paesi in via di sviluppo soprattutto nella lotta ai parassiti delle granaglie (cereali e legumi) riducendo così l’impiego dei pesticidi e per ritardare la maturazione e senescenza dei frutti [4].

Alfredo Gris

Bibliografia

[1] Istituto Superiore di Sanità. Il trattamento degli alimenti con radiazioni ionizzanti. A cura di Concetta Boniglia, Sandro Onori e Orazio Sapora

2004, 112 p. Rapporti ISTISAN 04/21 www.iss.it/publ/rapp/cont.php?id=29&lang=1&tipo=5&anno=2004

[2] Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sugli alimenti e i loro ingredienti trattati con radiazioni ionizzanti per l’anno 2010. http://ec.europa.eu/food/food/biosafety/irradiation/docs/annual_report_2010_it.pdf

[3] Efsa, Scientific Opinion on the Chemical Safety of Irradiation of Food 2011. http://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/doc/2103.pdf

[4] Patrizia Cappelli e Vanna Vannucchi, Chimica degli alimenti seconda edizione, Ed. Zanichelli, 2000

[5] CGFI – International Consultative Group on Food Irradiation – Facts about food irradiation – 1999;

[6] Irradiated foods, global developments & irradiation as a quarantine treatment – Dr. Carl Blackburn – 2011