Green economy e industria alimentare

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La green economy da più parti invocata per creare nuove opportunità di sviluppo può concretizzarsi solo a patto che ci sia, da parte di tutti, un cambio di mentalità, perché il suo successo deve necessariamente basarsi su un cambiamento culturale, prima ancora che tecnologico.

Pertanto, è necessario che cittadini (potremmo dire consumatori), imprese e istituzioni siano pronte anche ad abbandonare posizioni acquisite, orientandosi, sempre più, verso la cosiddetta economia circolare.

In questi tempi, nei quali la salvaguardia del pianeta è la priorità, o almeno sembra esserla, tra le cinque regole che possono determinare il successo della green economy è compreso anche il modo di fare la spesa del cibo che dovrà essere a “filiera corta” e orientata alla riduzione dello spreco.

I movimenti spontanei che stanno focalizzando l’attenzione dell’opinione pubblica di tutti i Paesi più industrializzati dimostrano che le nuove generazioni sono disponibili, e pronte, ad abbracciare senza troppo fatica tutto quello che, nel tanto e nel poco, può essere utile a salvaguardare il pianeta, compreso, quindi, anche un nuovo sistema alimentare.

Se si considera, inoltre, che diverse indagini sociologiche e demoscopiche dimostrano che non solo nei giovani cresce il timore per il disastro provocato dal cambiamento climatico in atto, viene spontaneo supporre che in un prossimo futuro saremo in molti a modificare la nostra alimentazione, che porterà alla rinuncia di qualche piatto preferito, alla riscoperta del cibo del territorio e, soprattutto, alla moderazione nell’acquisto. Sulla base di queste premesse e dai comportamenti che la domanda (dei consumatori) richiede, anche l’offerta (dei produttori) dovrà in qualche misura adeguarsi.

Partendo dal presupposto della moderazione, che potrebbe implicare inevitabilmente confezioni ponderalmente ridotte e, quindi, con maggior consumo di imballaggi, certo non sarà facile. E’ bene, però, ricordare che nelle maggiori difficoltà due aspetti fondamentali, che riguardano sviluppo e cultura, possono, e devono, venirci in aiuto.

Nel primo caso, la ricerca e lo sviluppo possono trovare al problema soluzioni ottimali sul piano tecnico-scientifico e sostenibile, mentre sul piano culturale è necessario comprendere che l’ambiente ha un costo che necessariamente graverà sulla collettività e non potrà essere una mera diatriba politica, nell’interesse di una o di un’altra parte.

Dante Marco De Faveri