Analisi della presenza nel miele di antibiotici non utilizzati in apicoltura

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In Europa per la maggior parte degli antimicrobici non risultano definiti i limiti massimi di residui nel miele. I controlli ufficiali in Italia sono orientati verso la ricerca di cloramfenicolo, metaboliti dei nitrofurani, nitroimidazoli, tetracicline, sulfamidici, amminoglicosidi e macrolidi, con la finalità di svelarne l’utilizzo illecito in apicoltura.

In questo contesto, scopo di uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori italiani [Bonerba et al., 2019], è stato quello di ricercare diverse classi di antibiotici nel miele di nido prelevato, nel 2018, da 25 arnie poste in diverse zone geografiche della Provincia di Bari, al fine di comprendere se il fenomeno noto come inquinamento antibiotico ambientale possa avere ripercussioni dirette su questa filiera.

Nei campioni, è stata, quindi, valutata la presenza dei seguenti composti: ceftiofur, chinoloni, streptomicina, tilosina, tiamfenicolo, tetracicline, spiramicina/josamicina, apramicina, bacitracina, neomicina/paromomicina, tobramicina, tilosina B/tilmicosina, spectinomicina, amikacina/kanamicina, lincosamidi, eritromicina, streptomicina/diidrostreptomicina e virginiamicina. I risultati evidenziano tracce di molecole appartenenti a classi di antibiotici che non vengono impiegate in apicoltura (anche per l’elevato costo e le difficili modalità di somministrazione).

In particolare, ceftiofur, chinoloni, tobramicina, apramicina e streptomicina presentano le concentrazioni più elevate (>10 ppb). Considerando le attività zootecniche che insistono negli stessi territori in cui sono posizionate le arnie, gli autori sostengono che le api siano accidentalmente venute in contatto con queste molecole riportandone negli alveari, e di conseguenza nel miele, quantitativi rilevabili.

Riferimenti bibliografici, Bonerba et al., Italian Journal of Food Safety, 8, 2019, 20.