Produzione dolciaria, la perfetta gestione degli zuccheri

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“Caramellizzazione” e “Reazione di Maillard” sono due fenomeni che si sviluppano per effetto termico e hanno una particolare importanza nel mondo delle produzioni dolciarie. Comprenderne la differenza è un fattore chiave.

Tino Carrega

È capitato a volte di incontrare studenti o operatori del settore dolciario che non hanno ben chiara la differenza tra la “caramellizzazione degli zuccheri” e la “reazione di Maillard”, probabilmente perché entrambi i fenomeni producono effetti analoghi e si sviluppano per effetto termico.

La caramellizzazione è una reazione di degradazione termica ed ossidativa, non enzimatica, che coinvolge gli zuccheri riduttori e porta alla formazione sia di sostanze volatili, le quali conferiscono un tipico sapore, sia di altri composti che invece determinano l’imbrunimento della massa zuccherina. Gli zuccheri coinvolti in questa reazione sono sia aldosi che chetosi. Durante il processo l’acqua, per effetto del calore, si trasforma in vapore e viene rimossa.

Si sviluppano poi reazioni chimiche in serie che causano l’isomerizzazione e poi la polimerizzazione degli zuccheri. Alcune di queste reazioni non sono tuttora ben note o hanno uno svolgimento talmente veloce e instabile da non poter essere individuate e definite con precisione. La temperatura che regola il processo è generalmente elevata e dipende dal tipo di zucchero.

Tabella che sintetizza le temperature indicative in relazione allo zucchero trattato

Tipo di zucchero Temperatura °C
Fruttosio 110
Galattosio 160
Glucosio 160
Maltosio 180
Saccarosio 160

È chiaro, che pure il sistema di cottura riveste notevole importanza in questo processo: un conto sarà operare a “cielo aperto” e un altro lavorare “sottovuoto”. Come sappiamo, molti alimenti contengono più zuccheri e quindi la temperatura di caramellizzazione può variare. Per fare un esempio, il miele, che contiene in gran parte fruttosio e in parte minore glucosio, avrà una temperatura di caramellizzazione tendente verso il primo, ma sensibilmente più alta.

Queste differenze si possono utilizzare nelle produzioni dolciarie. Sempre per continuare con gli esempi, il torrone “classico” che contiene il miele, durante la sua lavorazione, otterremo il principio di caramellizzazione a temperature relativamente basse (90-100°C) che porteranno – unitamente al tempo e all’inglobazione dell’aria – alla formazione della meringa, senza imbrunimento della massa.

Durante la caramellizzazione, il tipico aroma che si sviluppa è dovuto alla degradazione (frammentazione) degli zuccheri che, sempre per effetto del riscaldamento, produce sostanza volatili a basso peso molecolare, mentre le reazioni di polimerizzazione, portano alla formazione di composti ad alto peso molecolare che causano l’imbrunimento della massa cotta. Possiamo individuare nei seguenti composti chimici i responsabili delle frazioni volatili caratterizzanti del sapore: il Diacetil-2,3-Butendione, prodotto nella prima fase, avente una nota di burro vaccino; gli Esteri ed i Lattoni (entrambi con nota rhum); i Furani (nota nocciola) e il Maltolo (nota tostata).

Se prendiamo in considerazione il saccarosio, trattandosi dello zucchero più utilizzato, possiamo riassumere le diverse tipologie di reazione che avvengono – più o meno in successione – durante il processo di caramellizzazione: inversione del saccarosio in glucosio e fruttosio, ossidazione, condensazione, formazione di legami intramolecolari, isomerizzazione di aldosi e chetosi, disidratazione, frammentazioni, formazione di polimeri insaturi. In quest’ultima fase, si formano principalmente:

  • Caramellana (C12H18O9), che deriva dalla disidratazione del Saccarosio. Si tratta di una sostanza solida molto igroscopica, avente sapore amaro e colore marrone; è solubile in acqua e ha una temperatura di fusione compresa tra i 136 e i 144°C.
  • Caramellene (C36H50O25), deriva dalla polimerizzazione e di tre molecole di saccarosio, ha un intenso colore marrone e non è igroscopico. Fonde a temperature di 153-154°C.
  • Caramellino (C125H188O80), derivante da successive polimerizzazioni che si ottengono continuando la cottura (in pratica procedendo con il riscaldamento si produce unicamente caramellino). Si può presentare in tre forme differenti: una solubile in acqua fredda, una solubile in acqua bollente e una insolubile.

Zuccheri riducenti e gruppi amminici

La reazione di Maillard avviene coinvolgendo zuccheri riducenti e gruppi amminici (in pratica le proteine) determinando un imbrunimento chimico (non enzimatico) e si attiva a temperature medio alte. Questa reazione prevede tre “macro” fasi:

Fase 1. Gli zuccheri reagiscono con le proteine, si libera una molecola d’acqua e si forma una sola molecola, secondo la relazione indicativa: Glucosio+Proteina=Glucosammina. Questo nuovo composto, non essendo più riconosciuto dal nostro organismo come una proteina, non può essere digerito e quindi, come conseguenza pratica, abbiamo una riduzione del valore nutrizionale dell’alimento. La glucosammina (detta anche base di Schiff) può cambiare struttura e assumere tre diverse forme molecolari (Composti di Amadori).

Fase 2. Con l’aumento della temperatura, la Glucosammina in tutte le sue forme, si ossida ulteriormente e può subire, in base alla proteina dalla quale deriva, le seguenti trasformazioni:

  1. Diventare un composto volatile generando così “l’effetto profumo”.
  2. Legarsi ad altri aminoacidi e formare molecole più complesse con caratteristiche note aromatiche (precursori di aroma).
  3. Diventare un Furfurale o Idrossimetilfurfurale in conseguenza alla caramellizzazione degli zuccheri dovuta al raggiungimento di temperature elevate (precursori di aroma ed effetto colore).

Fase 3. Tutte le molecole ottenute nella fase due si uniscono e polimerizzano, dando origine alle Melanoidine che fissano e caratterizzano il colore ambrato. La reazione di Maillard ha un meccanismo certamente più complesso della caramellizzazione che dipende soprattutto dalle caratteristiche del prodotto e i principali fattori che la influenzano sono: i tipi di zuccheri e aminoacidi presenti nell’alimento, il Ph dell’alimento (più è basico e maggiore sarà la velocità di reazione), la quantità di “acqua libera” presente nell’alimento e il tempo di trattamento e la temperatura alle quali è sottoposto l’alimento.

Gli effetti più evidenti della reazione di Maillard possono facilmente individuarsi nella colorazione della crosta durante la cottura del pane, oltre alla fragranza che si sviluppa durante tale processo, oppure gli sviluppi aromatici e cromatici del cacao durante alcune fasi della sua lavorazione: nella fermentazione, nella tostatura e nel concaggio del cioccolato. In base a quanto scritto in precedenza, è intuibile come questa reazione si possa veicolare in qualche maniera agendo sul Ph, sulla temperatura e sui tempi di processo, oltre che con pretrattamenti, come per esempio, una leggera essicazione preventiva per ridurre il contenuto di acqua libera.

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