Il dottor Enrico Sarti, laureato in Scienze Zootecniche e Tecnologie delle Produzioni Animali presso l’Università di Parma, lavora in uno dei Ce.Di di Coop Alleanza 3.0. E’ un centro di smistamento che riceve, controlla e distribuisce ogni giorno i prodotti freschi posti in vendita nei negozi COOP.
Il dottor Sarti si occupa del controllo qualità dell’ortofrutta e dei prodotti ittici e, con pari passione, dedica il proprio tempo libero all’allevamento delle api e alla produzione del miele.
Che tipo di formazione ha avuto?
Mi sono diplomato all’Istituto tecnico agrario Antonio Zanelli di Reggio Emilia. Volendo proseguire gli studi, mi sono iscritto alla facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Parma. Ho frequentato per alcuni mesi, ma non era il mio percorso. Sono così passato al corso di Scienze Zootecniche e Tecnologie delle Produzioni Animali con specializzazione in Tecnologie, tipicità e sicurezza dei prodotti di origine animale.
Il corso mi ha preparato alla gestione e al controllo dei processi di trasformazione degli alimenti di origine animale. Gli sbocchi professionali erano tanti e tutti interessanti: attività di controllo qualità in azienda, vigilanza e verifica della sicurezza alimentare per enti pubblici o società di consulenza, collaborazione con Consorzi di tutela della tipicità e della qualità degli alimenti, il miglioramento quali – quantitativo delle produzioni. A diversi anni dalla laurea, posso dire di avere scelto bene.
Perché ha deciso di specializzarsi nel settore alimentare?
Mia nonna materna, alla quale sono sempre stato molto legato, apparteneva a una famiglia di mezzadri prima e allevatori di suini e viticoltori poi. Quando sono nato aveva già ceduto l’azienda perché mia madre e mia zia avevano deciso di lavorare in contesti diversi. Ciononostante la mia famiglia aveva continuato a vivere secondo le regole della cultura contadina e mi ha insegnato il valore alla biodiversità, fatto capire l’importanza di riuscire a produrre ciò di cui si ha bisogno per vivere e di farlo rispettando i ritmi della natura e le specificità dell’ambiente.
Tra i miei più cari ricordi di bambino c’è la vendemmia manuale in un piccolo appezzamento di uva ancellotta che la mia famiglia aveva tenuto per sé. Grazie a questo imprinting culturale molto forte allora e ancora molto diffuso in Emilia Romagna, regione dove sono nato, cresciuto e vivo tutt’ora, la scelta della scuola secondaria e in seguito dell’Università è stata un mezzo per comprendere più a fondo quanto mi circonda.
Ho a fortuna di abitare in un contesto dove è ancora possibile vivere in modo equilibrato, non privilegiando alcuni aspetti della vita a discapito di altri. All’università, complici gli insegnamenti e la passione trasmessami da uno dei miei docenti, ho imparato ad apprezzare il legame prezioso tra il cibo e il suo territorio di provenienza, nonché l’insieme di leggi, norme e regole implementate nel tempo per rendere ogni prodotto il più sicuro e appagante possibile.
Quali sono stati i suoi primi passi nel mondo del lavoro?
Ho colto tutte le occasioni che mi si sono di volta in volta presentate: imbianchino, vendemmiatore in diverse aziende viti-vinicole della mia zona, apicoltore per una azienda apistica professionale ed anche orchestrale in un’orchestra di liscio.
Come è proseguita la sua carriera?
Dopo la laurea mi è stato proposto uno stage di sei mesi come addetto al controllo qualità presso Centrale Adriatica, nel Ce.Di. di Reggio Emilia. Terminato lo stage, sono stato assunto dapprima per occuparmi della sola area ortofrutta e in seguito, dopo una formazione mirata, anche dell’area prodotti ittici.
LAVORARE IN UN Ce.Di
Come è strutturata l’azienda?
Centrale Adriatica, ora trasformatasi in Coop Alleanza 3.0, gestisce i numerosi magazzini che ricevono, stoccano e smistano i prodotti ai punti vendita del gruppo Coop Italia. Ogni magazzino è organizzato e strutturato in base alla categoria merceologica dei prodotti che deve trattare.
Ad esempio, il nostro magazzino di Parma si occupa solo di generi vari, mentre quello presso il quale lavoro gestisce ortofrutta, prodotti di IV gamma, freschissimi, prodotti ittici, latticini e salumi. La movimentazione delle merci è terzializzata. Gli operatori dell’impresa esterna scaricano, movimentano, smistano ed allestiscono gli ordini dei negozi in postazioni numerate. La merce è poi stabilizzata e presa in consegna dall’azienda che si occupa del trasporto ai punti vendita.
Quando interviene il controllo qualità?
Durante la sosta in banchina, tra il ricevimento merci e l’allestimento degli ordini. Effettuiamo il controllo documentale e qualitativo sul prodotto. Verifichiamo la rispondenza tra ordine e quanto ricevuto, verifichiamo i documenti di accompagnamento e l’etichetta.
Campioniamo il prodotto per un controllo visivo e tattile e per alcune referenze effettuiamo anche analisi di laboratorio. Il piano di campionamento e i parametri coinvolti variano a seconda delle referenze. In caso di non conformità la merce è bloccata in attesa degli approfondimenti del caso, a seguito dei quali il prodotto potrebbe essere reimmesso nel circuito commerciale o reso al fornitore.
Che tipo di formazione è necessaria per dedicarsi al controllo qualità dei prodotti ortofrutticoli?
Una formazione tecnica di natura agrario/zootecnico è un ottimo punto di partenza ma non è sufficiente. Sono indispensabili alcune doti personali, come curiosità, spirito critico e capacità d’osservazione. Non basta guardare, è importante saper mettere a fuoco ciò che è significativo e rilevante ai fini della qualità del prodotto.
I PARAMETRI
Quali sono i principali parametri da considerare?
Il requisiti base sono declinati nel Regolamento n°543 /2011/UE che disciplina il settore dei prodotti ortofrutticoli freschi o trasformati. L’ultima versione consolidata risale al 15 novembre 2021.
Nel nostro Ce.Di. le caratteristiche minime per l’accettazione della consegna sono: integrità del prodotto, assenza di alterazioni evidenti, verifica dell’assenza di spaccature nella buccia, valutazione della consistenza della polpa, grado di maturazione corrispondente con quanto concordato con il fornitore, rispetto di classificazione, calibro, presentazione (omogeneità e condizioni degli imballaggi), presenza e correttezza delle indicazioni riportate in etichetta (identificazione di fornitore ed azienda che ha spedito il carico, natura, origine).
Altri parametri sono riportati sulle specifiche tecniche redatte da Coop Italia e che i singoli fornitori ricevono all’atto della sottoscrizione del contratto di fornitura.
Che piano di campionamento è preferibile adottare?
Il piano di campionamento, recentemente aggiornato, è impostato in base al tipo di referenza ed alla stagione. I prodotti in transito in magazzino sono categorizzati secondo una scala di rischio che tiene conto delle peculiarità di ogni tipologia. Anche la fase di raccolta, specie per quanto riguarda le colture a pieno campo, può influenzare la qualità della merce consegnata. Lo stesso prodotto può essere significativamente diverso se raccolto ad inizio o a fine campagna, se è una varietà precoce o tardiva ed ovviamente in funzione dell’andamento climatico in quel periodo.
Che analisi di laboratorio si svolgono su questi prodotti?
Variano in funzione delle referenze. Per esempio durante la bella stagione controlliamo soprattutto le pesche nettarine, le pesche comuni, le albicocche, i meloni e le angurie. Nel periodo autunno – inverno i controlli di laboratorio riguardano soprattutto uva e agrumi. Le analisi più frequenti per i frutti sono durezza della polpa e grado Brix, e nel caso degli agrumi si valutano anche la percentuale di succo e il grado di acidità.
Ci sono controlli rafforzati su prodotti di provenienza extra UE?
Si dà comunque priorità alle categorie di prodotti che si alterano più facilmente. Le fragole e i frutti di bosco sono tra i prodotti più delicati. Il rischio di ammaloramento aumenta anche in funzione della durata e delle difficoltà del viaggio. Controlliamo con pari impegno tutti i prodotti importati, siano essi UE o extra UE.
Il numero delle non conformità è elevato?
Ci sono referenze più problematiche di altre ma, in linea di massima, ogni referenza ha una gamma di non conformità che tendono a ripetersi. Questo ci facilita il compito; ci permette di avere un’idea delle anomalie che potremmo riscontrare non trascurando ovviamente le eventuali altre, quali ad esempio la dipendenza dalla situazione meteo. Se infatti la stagione durante la quale maturano le clementine è stata particolarmente asciutta, i frutti potrebbero contenere meno succo di quanto previsto dalle specifiche tecniche concordate. Se la stagione è stata troppo piovosa e con forti precipitazioni durante il periodo della raccolta, potremmo trovarci di fronte ad una maggiore incidenza di marciumi.
UN HOBBY ORIGINALE
Come hobbista si occupa di apicoltura. Può parlarci di questa sua passione.
Nasce dalla mia altrettanto radicata passione per tè e camomilla caldi che fin dall’infanzia dolcificavo con miele comprato da un apicoltore della zona, che puntualmente visitavamo. Indimenticabili i profumi del suo laboratorio di smielatura e la visione del miele di acacia che dal maturatore sgorgava nel vaso col tappo dorato e gli esagoni.
Per avere la mia prima arnia ho dovuto aspettare la maggiore età, quando un altro apicoltore abitante nel mio paese accettò di introdurmi nel meraviglioso mondo delle api. Oggi gestisco cinque postazioni apistiche ed un numero variabile di arnie, da 50 a 70 famiglie, a seconda dell’annata e delle perdite che si possono verificare nel corso delle stagioni. Non pratico nomadismo, raccolgo quanto le mie api producono nelle postazioni stanziali, ossia: mieli di millefiori, tiglio e, in alcune annate, tarassaco ed erba medica.
Quanto è importante l’apicoltura nel contesto agricolo generale?
E’ ormai palese l’importanza che il compartimento apistico ha per il territorio, anche se alcuni fenomeni antropogenici come le riduzioni delle superfici bottinabili e l’uso poco oculato dei pesticidi, specie in monocoltura, ne limitano la portata. Il vero valore aggiunto di questa attività, al di là del pur importante reddito a vantaggio di tante professionisti, è nell’ essere una sorta di finestra sullo stato di salute del territorio che ospita gli alveari.
Le diverse annate caratterizzate da pesanti riduzioni della produzione di miele, non hanno fatto altro che mettere in maggior rilievo l’importanza del ruolo delle api quale indicatrici dei cambiamenti climatici.
E’ vero che le api hanno una straordinaria capacità di adattamento ai diversi climi?
Le api e gli altri impollinatori, nel corso dell’evoluzione, si sono adattati al clima della zona dove si sono insediati. Per esempio oggi, in Europa, abbiamo diverse sottospecie di Apis mellifera, adattate ai diversi climi che caratterizzano il nostro continente. Sono adattamenti avvenuti in un lunghissimo arco di tempo.
Oggi, l’intera catena alimentare degli impollinatori è stata messa in difficoltà, non so prevedere quanti e quali di questi insetti riusciranno ad adattarsi a cambiamenti ambientali molto più rapidi e frequenti rispetto al passato. Mi auguro, ovviamente la maggior parte di loro, grazie anche all’aiuto di noi apicoltori, che facciamo di tutto per preservarli.
Quali sono i criteri per scegliere la miglior collocazione delle arnie?
E’ importate posizionarle in una zona che abbia un buon potenziale nettarifero e che sia quindi in grado di sostenere l’apiario. Deve essere accessibile ad un mezzo motorizzato, per rendere agevoli le operazioni di carico e scarico, ma il più lontano possibile da altre postazioni apistiche e/o da campi che siano periodicamente irrorati con pesticidi.
La collocazione delle arnie deve rispettare le normative in tema di distanza da strade o luoghi di pubblico transito. Tali norme variano di regione in regione. Da ultimo, l’orientamento degli apiari verso sud e la scelta di un terreno in cui non si hanno ristagni idrici, ma che comunque presenti delle fonti idriche accessibili e il posizionamento in zone adombrate da piante a foglia caduca facilitano la termo-regolazione estiva e il riscaldamento solare durante l’inverno.
Quali prodotti ottiene dai suoi apiari? Come tutela la qualità dei suoi prodotti?
Produco miele, cera e una piccola quantità di propoli che può tornarmi utile per alcune operazioni di campo. Per ottenere un buon prodotto cerco di mantenere elevati standard di pulizia, in tutte le fasi di produzione. Sanifico costantemente il materiale tecnico con cui il miele e le api vengono a contatto.
Cerco di dare alloggio alle mie api in arnie le più sane possibile, sostituendo di anno in anno i favi più vecchi e impregnati di residui, ed utilizzando per le sostituzioni solo la cera dei miei apiari, prodotta in fase di smielatura. Dopo la raccolta la affido ad un professionista della zona per la trasformazione in fogli cerei.
Durante le visite cerco di utilizzare il meno possibile l’affumicatore per evitare inquinamenti. Da ultimo, ma non meno importante, controllo l’umidità in fase di pre-smielatura e deumidifico il prodotto se necessario L’insieme di queste accortezze facilita l’ottenimento di un prodotto stabile e qualitativamente migliore.
Progetti per il futuro?
Vorrei crescere professionalmente e ricoprire ruoli con maggiori responsabilità nel settore agroalimentare. Mi aggiorno costantemente sui cambiamenti e le innovazioni a cui il comparto è ineluttabilmente soggetto. Mi propongo inoltre di continuare ad approfondire la conoscenza del mondo delle api e delle tecniche di conduzione degli alveari. Ad ogni fioritura, c’è sempre qualche cosa di nuovo da imparare.